StorieDiCalcio. Auguri Mendieta, re di bidoni al tempo delle vacche grasse del football

mendieta-lazioHo visto cose che voi laziali non potete neanche immaginare. La rivista Panenka pubblica, oggi, un filmato d’epoca in cui si vede un biondino arpionare un cross, fare una veronica alla difesa avversaria, penetrare in area e battere a rete. Poi ho letto la didascalia: facciamo gli auguri a Gaizka Mendieta che compie 43 anni. Ho creduto alla provocazione situazionista. Invece parlavano proprio di lui, Mendieta il re dei bidoni all’era delle vacche grasse del calcio italiano.

Mendieta è nome che si lega alla Lazio di Sergio Cragnotti. Quando Pavel Nedved lascia Formello e vola a Torino, occorre trovare un sostituto che sia alla sua altezza. Non è facile. Dalla Spagna arriva la suggestione: perché non portare a Roma il perno del Valencia dei miracoli di Hector Cuper? Lo cerca mezz’Europa, nell’estate del 2001. Lo vogliono tutti, pure Inter e Milan. La Juve no, già è a posto. L’ex patron della Cirio sbanca la correnza: ecco ottantanove miliardi di lire alla società, otto all’anno a lui. Incredibile.

La stagione 2001-02 è cruciale per il calcio italiano. In Italia giocano Crespo, Shevchenko, Vieri, Trezeguet ma il capocannoniere sarà il Bisonte Hubner, a quota 24 con il Piacenza. Sarà un’annata carica di presagi. L’ultima, forse, delle allegre spese. La prima a inaugurare una triste serie di fallimenti a catena, si apre la crisi ufficiale del calcio e il modello del presidente mecenate sprofonderà da lì a poco. L’annata sgangherata della Fiorentina che finisce prima in B, nonostante un giovane Adriano, e poi in C2 per bancarotta. I segni sono per chi sa leggerli ed evidentemente, allora, nessuno riuscì a cogliere quanto sarebbe accaduto.

Non è un bel campionato nemmeno per lui, per Mendieta. Nella macchina perfetta di Cuper, Mendieta sapeva perfettamente cosa e quando farlo. Il gol al Barcellona sperso nei meandri di youtube, quando scarica nel sette una botta di prima col collo destro, servito direttamente da calcio d’angolo è la dimostrazione plastica della forza degli automatismi e di quella squadra. Il Valencia era imbattibile perché il collettivo riusciva a sublimare le caratteristiche dei singoli. Nascondendone persino i difetti.

Ma a Formello non trova nulla di tutto ciò che ha lasciato in Spagna. Nel caos dell’ultimo Cragnotti, alla Lazio, Gaizka non riesce a trovare equilibrio. Deve mostrare di essere un grandissimo e cicca clamorosamente l’occasione della vita. Spaesato, fuori dal gioco. Fuori ruolo, sempre. Sopravvalutato, probabilmente. Fatale che finisca in panchina. Dove assisterà (tra le altre cose) alla clamorosa disfatta (1-5) nel derby contro la Roma dello scatenatissimo Vincenzo Montella, quattro gol e dichiarazione d’amore in diretta di Carlo Zampa.

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Gioca venti partite e le finisce, di solito, prima del novantesimo. Zoff prima e Zaccheroni poi non riescono a scollarlo dalla panchina. A fine campionato se ne va a Barcellona, in prestito. Poi vola a Middlesborough dove trova una più consona dimensione e si fermerà a fine carriera.

Oggi fa il dj, come l’ex portiere russo Ruslan Nigmatullin, che quello stesso anno tra rulli di tamburi e squilli di trombe firmava per l’Hellas Verona. Senza lasciare (apprezzabili) tracce.

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