StorieDiCalcio. Auguri, Divin Codino. Dieci gol per i cinquant’anni di Roberto Baggio

Roberto-Baggio-wallpaper-19-2000x1566Il più grande, forse l’ultimo numero dieci puro del calcio italiano. Il mito che, come per i grandissimi, s’è amplificato nell’assenza. Fuori dagli squadroni, fuori dal circo mediatico. Roberto Baggio compie oggi cinquant’anni. E per fargli gli auguri abbiamo scelto cinque magie che hanno scolpito, per sempre, la leggenda calcistica del Divin Codino.

 

 

La storia è fatta di corsi, ricorsi, andate e ritorno. A sedici anni Roberto Baggio esordisce in serie C con la maglia del glorioso Vicenza. È il 1982 e i biancorossi affrontano il  Brescia. L’arbitro fischia un calcio di rigore. Baggio “senza pensare a nessuno”, prende il pallone e va a battere. Basso e angolato, alla sinistra del portiere, spiazzato. È gol. Inizia così la sua carriera. (lo trovate nel video a 2.20).

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La Fiorentina se ne innamora. A Firenze arriva acciaccato. Lui morde il freno, brucia le tappe. Ma ha qualche ricaduta fisica. Troppi infortuni. In riva all’Arno iniziano i mugugni. Bello sì, ma fragile. Poi, per fortuna succede che Baggio ritrova la forma fisica. Sono anni d’amore. Non c’è altro termine per descriverlo. Un amore grande come gol al Napoli di Maradona. Roberto Baggio, adesso, non si può discutere più.

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Italia ’90 non è stato solo un mondiale. E’ stata una speranza e l’inno di una nazione (finalmente) spensierata che non ambiva ad altro che a farsi largo nel mondo. La Nazionale di Vicini è poesia. C’è Schillaci, ci sono i ragazzini terribili che hanno voglia di conquistare il titolo in casa. E poi c’è Baggio che contro la Cecoslovacchia s’inventa una rete così.

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Era arrivata la Juve. Erano passate le polemiche, passerà anche l’annus horribilis del calcio champagne (sfiatato) con Gigi Maifredi. Sono gli anni della dominazione milanista. Ma a Torino nessuno ha intenzione di abdicare senza combattere. E se in Italia ci sono gli Invincibili, è in Europa che la Juve si scatena. Ma il Milan dovrà comunque inchinarsi alla sua classe.

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Se tutti ricordano sempre il rigore sbagliato, noi preferiamo ricordare come Baggio – a Usa ’94 – abbia tolto all’Italia la delusione cocentissima di venir eliminata dalla Nigeria. Al 43esimo del secondo tempo, con un uomo in meno (Zola), Roby si inventa un colpo di carambola che strazia l’Africa e fa svanire lo spettro di una nuova Corea. Poi all’undicesimo del secondo tempo supplementare segna, di rigore, e si passa.

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Cambia il calcio, cambiano gli allenatori. La fantasia non deve stare più al potere, meglio se imbrigliata al servizio del collettivo. Con Sacchi – in America – qualche avvisaglia l’aveva già avuta. Passa dalla Juve al Milan e poi all’Inter. Qualche maligno lo dà per finito, gli cuce addosso i panni della gloria decadente. Quando sceglie (nel ’97) di trasferirsi al Bologna per combattersi una convocazione in Nazionale verso Francia ’98 sembra dare ragione ai suoi detrattori. Non sanno che sarà una stagione fenomenale e che i rossoblù faranno davvero paura alle sette sorelle. Cesare Maldini, ct azzurro, non può non portarselo.

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In Francia ci va ed è staffetta con un altro campionissimo, Alex Del Piero. Contro i padroni di casa rimarrà alla storia il non-gol che avrebbe consentito agli azzurri di vincerli, perché no, quei maledetti mondiali del ’98. Baggio imbrocca un passaggio in area di Albertini, si gira e per un soffio non beffa Barthez. Inganna tutti, pure Nesta. Fu l’ingiustizia della geometria.

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Dopo i mondiali, un calciatore così non lo vuole nessuno. Lo lasciano ad allenarsi da solo, a Caldogno. Circondato da preparatori atletici e uno stuolo di amici. Ci vuole coraggio e incoscienza per chiamarlo ora. Ci prova Carletto Mazzone che lo convince a salvare il Brescia. Sarà l’inizio del mito completo di Roberto Baggio. E’ lui che fa girare la squadra, non ci sono alibi. La sua parabola bresciana è tutta nel gol alla Juve, nel 2001. Il passaggio è di un ragazzino che giocava trequartista ma, per rispetto, scenderà davanti alla difesa diventando il più grande in quel ruolo, Andrea Pirlo.

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I numeri contano, altroché. Baggio non è solo poesia ma è una macchina da rete. Coglie il 200esimo gol in serie A contro il Parma, nel marzo del 2004. E lo fa proprio da “nove e mezzo”, come lo aveva bollato Platini. Si beve due difensori e infila un rasoterra potente angolatissimo alle spalle del portiere. Chapeau.

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Baggio si ritira. E gioca, ora, solo per divertimento. In un’amichevole infila a Toldo un gol bailado e impreziosito dall’assist firmato da Diego Armando Maradona. Gli dei del calcio, dopo il tramonto, brillano ancora.

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Wim Kieft

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