Il caso. Se Saviano è sempre più l’icona del mondo moderno (progressista)

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Mala tempora currunt. Sed peiora parantur…

L’ultima rumorosa ed acclamata uscita virtuale di Roberto Saviano sui sindaci africani come futuri messia politici di un Mezzogiorno in fiamme (da cui lui, esule e vittima, si è dato alla fuga riparandosi in un attico newyorkese) è la ciliegina sulla torta delle post-verità, l’ultima trovata del sistema per arginare la controinformazione e i sempre più numerosi e inaspettati colpi all’establishment.

Devoto servitore del sistema sin dalla prima ora (o forse no, visto che pare che il giornalista campano sia cresciuto con le letture di Julius Evola, Ernst Jünger ed Ezra Pound, “un uomo Law & Order” Buttafuoco dixit), Saviano è arrivato a fondersi – e a nutrirsi – con il mondo moderno, di cui è icona assoluta. Idolo antidemocratico di masse che ha dimostrato di disprezzare, insultandole dopo le scelte Brexit e Trump, gli stessi ‘cataclismi’ per cui si è inscenato il teatro delle fake news. È il salotto che combatte dal salotto, che, comodo, addita il “pericolo”, fingendo di combatterlo o anche solo di denunciarlo.

Nei giorni del ricordo di Peppino Impastato è doveroso riflettere sull’archetipo Saviano, ‘intellettuale’ gramscianamente organico alla più mercantile borghesia, disposto a vendersi pur di vendere. Saviano è un’arma sottile perché nasce – o meglio, viene presentato – come fenomeno indomabile di rottura, come il Verbo di quartieri e rioni completamente pullulanti di mafiosi e complici. E da lì un’ascesa senza pari, altri libri impacchettati (sulla scia di Gomorra, edito da Mondadori, pur giurando Saviano, nell’ultimo post, di “essere stato quasi cacciato dal governo di Berlusconi”), interviste, tv (triade irresistibile con Fazio e Littizzetto). Saviano affonda nella mercificazione e nella semplificazione di ogni cosa.

E’ uno “speculatore”. Lo ha detto De Magistris, suo eterno e fiero rivale. Certo, Giggino scrive un papiello lunghissimo pro domo sua per regolare finalmente i conti e dice:

“Ed allora, caro Saviano, vuoi vedere che sei nulla di più che un personaggio divenuto suscettibile di valutazione economica e commerciale? Un brand che tira se tira una certa narrazione. Vuoi vedere che Saviano è, alla fin fine, un grande produttore economico?”.

E aggiunge ancora:

“Stai facendo ricchezza sulle nostre fatiche, sulle nostre sofferenze, sulle nostre lotte. Che tristezza. Non voglio crederci. Voglio ancora pensare che, in fondo, non conosci Napoli, forse non l’hai mai conosciuta, mi sembra evidente che non la ami. La giudichi, la detesti tanto, ma davvero non la conosci. Un intellettuale vero ed onesto conosce, apprende, studia, prima di parlare e di scrivere. Ed allora, caro Saviano, vivila una volta per tutte Napoli, non avere paura. Abbi coraggio”.

Scendi dal piedistallo, insomma. E stavolta siamo d’accordo persino con uno come De Magistris e che Iddio per questo ci perdoni.

La ventata del 2016 e gli spauracchi e i populismi del futuro ora stanno iniziando a far tremare il grattacielo fino a poco tempo fa inespugnabile. E forse un modo per ripartire, piano piano, sarà proprio far crollare una volta per tutte le fortezze progressiste, campane di onanismi miliardari che finalmente il popolo – detestato da queste vere élites – inizia a non sopportare più.

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Francesco Petrocelli

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