L’analisi. Paradigma Trump: la distanza dalla realtà della narrazione dell’élite giornalistica

Trump sui palloncini
Trump sui palloncini

È commovente vedere e sentire quegli stessi commentatori che in tv ci spiegavano con sicumera ed alterigia perché Hillary Clinton avrebbe vinto, anzi stravinto, le presidenziali Usa, spiegarci adesso perché ha invece vinto Trump, il candidato brutto, sporco e cattivo. Gli stessi, guarda un po’, che in gran parte affermavano prima della Brexit che la Gran Bretagna non avrebbe mai votato per uscire dal “paradiso terrestre” dell’Unione Europea. Ed eccoli in queste ore parlare di voto di pancia, uomo bianco ed ignorante folgorato da Trump e fesserie varie.
La semplice ma cruda verità è che i nostri abituali commentatori ed analisti, specie quelli fermi ideologicamente ai canoni del secondo dopoguerra, non ci stanno capendo più una mazza.
Eppure sarebbe sufficiente poco. Una coda negli uffici postali, un tragitto in un treno regionale, un giro al mercato, una colazione in un bar affollato di un quartiere popolare: basta in fondo ascoltare la gente comune, le loro opinioni e lo loro convinzioni attuali per capire, ad esempio, la disaffezione al voto e la scelta di movimenti, partiti o leader cosiddetti populisti. Possibilmente senza eccedere nella retorica del popolo genuino contro le perfide élite.
Per comprendere, quindi, come l’assenza di punti di riferimento e di luoghi intermedi di discussione come partiti o sindacati – ed ormai sempre meno anche le parrocchie – ha provocato un deserto di contenuti che è sfociato nella piazza virtuale dei social dove ormai ognuno si autoalimenta di convinzioni e certezze personali.
Basterebbe un bagno di umiltà e di realismo per comprendere la realtà dei nostri giorni ed il Paese cosiddetto reale. Dove le notizie non vengono inoculate solo ed esclusivamente dal mezzo televisivo o dai media classici, ma viaggiano ancor più rapidamente di smartphone in smartphone e di pc in pc.
Le classi medie che compongono storicamente l’ossatura del popolo e ne disegnano pulsioni ed aspirazioni vivono una fase concretamente post ideologica. Non ambiscono a cambiare il mondo né hanno la presunzione di considerarsi superiori moralmente ad altri, ma chiedono risposte pratiche e pragmatiche alla crisi che li ha attanagliati prima ed impoveriti dopo ed alla globalizzazione che li ha spaventati e depauperati di valori e tradizioni.
Il vissuto reale ha preso il posto delle ideologie, della destra come della sinistra nella loro accezione più classica. In questo vissuto gli opinionisti salottieri, pretoriani del politicamente corretto, raccontano un mondo, forse anche in taluni casi genuinamente immaginato, il più delle volte non corrispondente alla realtà.

Gente in coda in un ufficio

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