StorieDiCalcio. Che fine ha fatto Morimoto, il Prometeo giapponese?

 

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Morimoto (pag. fan Fb)

È il ventuno dicembre 2008 e lo Stivale sonnecchia, compiacendosi nella sua domenica piatta natalizia. Il Governo Berlusconi IV lavora da pochi mesi, senza l’ombra della futura deposizione; il sabato sera le famiglie, sul mistico altare nazionalpopolare, si sono godute il cultuale cinepanettone di De Sica (Natale a Rio) al ritmo di Shine On e dell’inarrestabile Giusy Ferreri: Novembre non sembra intenzionata a cedere di un centimetro nelle classifiche; l’Inter di Mourinho, ancora con la sbornia di Calciopoli, primeggia, trattenuta con affanno solo dai giallorossi guidati da Spalletti.

Ma qualcuno sta per turbare i sereni spiriti festivi e sostituire ogni stella cadente con il pallone che lo ergerà a Figlio del Sole. Il salvatore arriva dall’estremo Oriente e richiama in vita Euripide per inscenare, al Massimino, Catania-Roma: 3-2. È Takayuki Morimoto, il più giovane giapponese ad aver debuttato in un campionato professionistico. A fine partita lo chiameranno Marimoto, Ultimo Samurai (ci piace ancora di più), il Nuovo Nakamura. Il nipponico è incensato per aver deciso la partita con una doppietta, sbaragliando la solida linea difensiva romanista, accompagnato dai fedeli Magi Baiocco, Mascara e Biagianti, al suo servizio in tutte le sue reti. In panchina Zenga – che lo farà addirittura capitano per qualche gara – già sapeva tutto, già aveva annunciato la sua venuta per la salvezza (dei catanesi). Banzai – lo chiameranno anche così – diventa perno imprescindibile per il Catania, segna contro la Juventus, contro il Parma e decide anche il derby contro il Palermo della stagione successiva. Idolo delle masse. Qualche tifoso non ha timore di chiamarlo “il Ronaldo del Sol levante”.

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Lui ci ride su, dicendo di preferire Marimoto perché “dentro ha lo tsunami”. L’icona del giapponese ligio al dovere, che esegue con serietà ogni direttiva, sempre a testa alta, inizia a girare in Europa: qualcuno in estate vocifera l’interessamento di Sir Alex Ferguson in persona per Takayuki. Suggestione? Esagerazione? Fatto sta che il centravanti viene convocato dal Giappone ai Mondiali – dove non incide – e, dopo essere rimasto a Catania per un altro anno, approda a Novara, realtà neopromossa alla ricerca di certezze. Il calciatore versione manga segna solo quattro gol e capisce che la trama folle, sregolata del suo destino esige un cambiamento: dopo un riavvicinamento troppo romantico con il suo Catania (non è vero che tutti gli amori fanno giri immensi e poi ritornano), durato solo il girone d’andata, vira a Dubai, presso l’Al-Nasr. Che a dire la verità sventola fiero il nostro tricolore: Morimoto ritrova Zenga e lo strapaesanissimo Mascara, geniaccio 38enne con la voglia di un diciottene. In un solo girone mette a segno dieci reti. Ma l’insoddisfazione resta, anzi è manifesta: il cuore pulsa chiedendo il ritorno in patria. Per la patria: e così nell’agosto del 2013 il bomber samurai viene acquistato dal Jef United. Il Giappone torna prepotentemente a intrecciarsi nella sua vita, chiede di sguainare la katana e ricominciare ad essere protagonisti, con e del popolo, dopo essere tornato tutto sommato vittorioso dalla tanto lontana e competitiva Europa del calcio che conta. Con il JEF ritrova confidenza con il gol. La trama sembra acquietarsi, ma non è nelle corde di Morimoto scegliere la via semplice: ha appena accettato l’offerta del Kawasaki Frontale, pronto a rimettersi ancora una volta in gioco, a ventott’anni compiuti. E a raccontare a tutta la squadra muta, seduto, negli spogliatoi, la storia, il mito di quel giapponese che sfidò gli dèi della Roma e li beffò. Spalletti non si ricorda di Morimoto, ma di Prometeo, under 21 e con gli occhi a mandorla.

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Francesco Petrocelli

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