Esteri. A Palmira l’epica dei liberatori è tutta russa (senza stelle e strisce)

Il selfie dei militari siriani tra le rovine liberate di Palmira
Il selfie dei militari siriani tra le rovine liberate di Palmira

Magari tra venti o trent’anni Hollywood dedicherà anche un kolossal a stelle e strisce alla liberazione di Palmira e dei suoi preziosissimi monumenti dalle mani dei crudeli tagliagole dell’Isis. Solo che la storiografia unilaterale occidentale dovrà, nel frattempo, correre ai ripari modificando il cliché che si ripete dal 1945 in poi, inserendo al posto degli americani i russi ed al posto degli eroici marines gli altrettanto eroici spetsnaz, i reparti speciali al servizio di Putin in Siria.

La disattenzione dei media globali su Palmira liberata

In attesa che ciò accada, al momento, i media nazionali e anche i media europei non stanno dando l’adeguato risalto al fatto che lo Stato Islamico sul terreno stia finalmente perdendo territori e città, riconquistate dall’esercito regolare siriano grazie al fondamentale apporto delle unità militari russe ed in vero anche all’aiuto sul campo di forze iraniane ed hezbollah libanesi. E’ della scorsa settimana, appunto, la liberazione di Palmira con i suoi tesori archeologici inestimabili in parte razziati dagli integralisti islamici che lo scorso anno avevano anche ignobilmente decapitato il valoroso direttore del sito Khaled Asaad. L’avanzata dell’esercito siriano e quindi le sconfitte dello Stato Islamico – che risulta il nemico numero uno della sicurezza in Europa e delle libertà occidentali – non vengono però enfatizzate più di tanto perché, implicitamente, si ammetterebbe che finora in Siria sia diversi Stati europei che Usa, sostenendo, finanziando ed armando i cosiddetti ribelli moderati contro il legittimo governo di Assad, hanno consentito allo Stato Islamico di fare proseliti ed espandersi, compiendo ogni tipo di atrocità con ferocia inaudita.

Gli orizzonti della Russia
Certo, oggi in Siria, prima ancora che combattere lo Stato Islamico, la Russia sta difendendo i suoi storici e strategici interessi, di tipo militare ed economico (l’unico sbocco russo nel Mediterraneo si trova proprio in Siria). È chiaro però che Putin, pur nella complessità del quadro geopolitico ed anche col rischio tragico di restarne impantanati, ha perlomeno le idee chiare con un obiettivo da raggiungere: non perdere la propria sfera di influenza in Medioriente, a prescindere dalla presenza o meno in futuro di Assad alla guida della Siria, ed impedire al radicalismo islamico di crescere ed espandersi ancora, cosa che nuocerebbe anche alla Russia che, del resto, ha già combattuto e vinto l’estremismo islamico in Cecenia, ma a carissimo prezzo e subendo sanguinosi attacchi contro civili.
Nel caos dei conflitti interni tra Islam sunnita ed Islam sciita, l’Occidente al momento è riuscito incredibilmente, invece, ad incidere negativamente sia in Medio Oriente, aiutando la disintegrazione di Stati Nazione come Iraq e Siria – senza dimenticare la Libia – e sia nel continente europeo dove i fanatici integralisti hanno trovato terreno fertile grazie all’inerzia interna di molti governi. Fin quando l’Unione Europea, del resto, coopererà con Turchia ed Arabia Saudita, che hanno una condotta perlomeno ambigua nei confronti dello Stato Islamico ed applicherà, invece, sanzioni a Siria e Russia, che oggi sono gli unici Paesi che stanno ponendo un serio freno militare all’avanzata dei tagliagole, la credibilità degli attuali leader europei rimarrà ridotta ai minimi termini. Semplificando il quadro nello stile americano con i “liberatori” da un lato contro le “dittature” dall’altro lato, resta, quindi, il dato di fatto che oggi i “liberatori” sono i russi. Di questo bisognerebbe farsene una ragione.

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Lorenzo Di Cosmo

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