Le amministrative potevano rappresentare una grande occasione per la destra. Invece, ha vinto la linea della spoliticizzazione dei candidati, della marginalità della politica. Ciò si traduce, per Pasquale Viespoli, in un grave errore di strategia in un tempo e in contesti come quelli delle grandi città dove si sarebbe dovuto agire per trovare nuove declinazioni capaci di rianimare la destra italiana.
A Napoli le primarie del centrodestra, seppur invocate, pare non ci saranno…
Con le primarie c’era l’occasione di avviare un ragionamento. Si sapeva, però, che chiederle era come farsi una domanda retorica della quale già si conosceva la risposta.
Un errore?
Il problema sta nella lettura politica, non c’è più guida, non c’è più un centrodestra. A Napoli, per esempio, l’occasione era ghiotta: qui andrà in scena la rappresentazione dei replicanti. De Magistris è un replicante, che si ricandida. Lettieri è un replicante perchè ha già perso e si ripresenta. Bassolino è un replicante perchè ritorna. La vera questione sta nella necessità, per la destra, di dover ritrovare una cultura autenticamente fedele allo spirito di quella che fu alla base della riforma relativa all’elezione diretta del sindaco.
E cioè?
Bisognerebbe tornare, in questa fase, a riunirsi attorno a un concetto di lista unitaria. Una lista, un programma, un candidato. Il voto intermediato è uno dei mali della politica. Eppure era questo il momento migliore perchè la destra si ripigliasse il suo ruolo. Stante l’attuale legge elettorale, a livello nazionale tutti sono costretti a intrupparsi. Ma a livello locale, negli spazi territoriali si poteva e si doveva fondare laboratori politici capaci di trovare nuove soluzioni, indicare nuovi orizzonti.
In che senso?
Ogni volta ci sono centinaia di candidati, decine e decine di liste. Eppure è questo un periodo in cui non c’è tanta vocazione. Ci si candida o per pagare un debito o per segnare un credito. Ancora più crudamente, ci si candida o per grazia ricevuta o per grazia da ricevere. C’è un elemento innegabile di sistema che sta nella frantumazione del consenso nei mille rivoli di mille liste e che porta, fatalmente, a costituire piattaforme o terminali di clientele.. Ma ancor di più dove impatta con condizione sociale devastante, dove c’è degenerazione in cui popolo diventa plebe. Questa sarebbe stata una grande sfida, un approccio sistemico di rottura, speciamente al Sud ma valevole in ogni piazza d’Italia: la destra vuole partire alla moralizzazione della politica per restituire dignità alla competizione e deve avere un respiro di governo e non solo l’occhio al pallottiere. La forza della politica non è addizione di numeri ma moltiplicazione del consenso attraverso le idee.
E la scelte di Roma, Milano e Napoli?
A Napoli il presunto centrodestra si affida a un prestito rinnovato alla politica. Senza nulla togliere a Gianni Lettieri, di cui ho stima personale e imprenditoriale, devo però segnalare che non c’è identità di destra nella sua candidatura. E, di più: sembra quasi che l’obiettivo che si pone sia quello di cancellare ogni traccia di “politica” dagli esponenti di centrodestra che verranno presentati agli elettori. Lo stesso accade a Roma, dove sarà candidato Guido Bertolaso in nome di una presunta efficienza istituzionale. Idem per Parisi a Milano. È sempre così con i tecnici e gli “spolitici”: non si può governare, davvero, senza gli orizzonti e le visioni che solo la politica può dare.
Quale sarà la conseguenza di queste scelte?
Di sicuro c’è il treno, che ormai pare già perso, del rinnovamento e del cambiamento strutturale che sta – come vorrei spiegare bene a tanti nuovisti siano essi maschietti o femminucce – non nell’anagrafe ma nella modalità di conquista del consenso. Ce n’è anche un’altra, però. Che appare ben più grave e sta nella negazione di una storia politica e di comunità. Come a Napoli, così a Roma e altrove: non c’era proprio nessuno in grado di incarnare la continuità con racconti di consenso e popolari a destra? Queste amministrative, perciò, rappresentano una straordinaria metafora di quanto sia in declino il centrodestra e quanto marginale o assente sia in questo scenario ciò che resta della destra.
Qualcuno ha tirato in ballo la fotografia di Bologna…
Quale? Quella in cui la destra appariva ritratta piccina picciò e che, oggi, si scopre fuori campo, fuori inquadratura, addirittura lei a scattare una foto che ritrae altri? Questo è veramente disarmante, la politica non è che si fa su Facebook. Bisogna ripartire da una cultura presidenzialista ma il problema è che cultura politica pare proprio che non ce ne sia più!
Addirittura?
Chi dovrebbe rappresentare la cultura di destra, dirigenti che, gratta gratta, scopri che hanno provenienze lontane le mille miglia? Fare il centrodestra senza interpreti di centrodestra è qualcosa di talmente grandioso da essere precisamente contronatura. Scavate, scavate: troverete socialisti, socialdemocratici: ma uno che provenga almeno dalla destra diccì lo troviamo? E guai a sostenere che possa esserci un’alternatività a tutto ciò. Si rischia l’imputazione infamante per il delitto di lesa coalizione! Ma dove sta ‘sta coalizione? È una sorta di reato! Che c’entra il centrodestra con Bertolaso, Lettieri e Parisi? Si è vero che non siamo più nel Novecento e che magari sono finite le ideologie, ma almeno uno che viene da destra lo troviamo?
Tra questi, l’errore più grande se ce n’è uno, qual è?
Quello di aver negato voce a storie vincenti di comunità e di personale coerenza. Non voglio credere che tutti coloro che hanno rivestito e vissuto storie di destra siano tutti degli sfigati. Anzi! Tanto per parlar di Napoli ci sono almeno tre-quattro nomi che avrebbero incarnato perfettamente il profilo di uomini e donne di destra, con storie personali importanti di successi professionali, riconoscimenti sociali e linearità politica. Penso a gente come Maddaloni, Cola, Marilù Galdieri. Alla fine, come sta succedendo, “vincerà” Bassolino.
E come?
Bassolino, giorno dopo giorno, sta uscendo da questa storia delle primarie di Napoli come un vero e proprio gigante. Ha governato, è anche lui un replicante magari come dicevo prima. Però, a differenza di tutti gli altri, è portatore, interprete e rappresentate del racconto della sinistra napoletana, dal Pci fino agli anni del Pd passando per la fase governista dei Ds. Errori ne ha fatti, come tutti. Però ha qualcosa da raccontare, a differenza di tanti.
@barbadilloit