La polemica. Se ami Checco Zalone non puoi inorridire per lo scontro Sarri-Mancini

Mancini-Sarri che sorridono
Mancini-Sarri che sorridono

Guardare il dito – la lite Sarri vs Mancini – e ignorare la luna. Intanto, intessante è l’inversione a U del paraculismo perbenista che dall’elegia di Zalone è passato alla messa al rogo di mister Sarri. Ma c’è molto di più. L’ultimo territorio della mascolinità – rude, da bar, con regole proprie, dove quella che sembra omertà è semplice complicità che ammette l’eccesso, dove il testosterone non deve avere spiegazioni sociologiche ma liberazione che diventa una pacca sulle spalle dopo – è stato profanato: il campo di calcio. Ed è stato profanato con il tradimento di un patto non scritto; ovviamente la rottura del patto non avviene per ragioni razziali, territoriali o fisiche, ma per il tema omosessualità.

Una immagine di Quo Vado?

Partiamo da Zalone: un conservatore che diventa mito della sinistra, grazie al suo successo popolare. Un nemico che non sono riusciti ad abbattere, e quindi meglio averlo come amico. Il successo di Zalone nasce dalla sua capacità di sfidare il politicamente corretto del progressismo, dalla donna oggetto all’omosessualità, passando per il multiculturalismo e le religioni. Che piaccia al renzismo – una non cultura che sale sul carro di ogni successo – è cosa ovvia, ma che piaccia pure al mondo dei Michele Serra e dei Fabio Fazio è sì ruffianeria nei confronti del premier, ma anche un segno del cedimento di quella sinistra radical-chic che dopo Sorrentino ha dovuto aprire le porte del salotto pure al comico pugliese.

E poi, non dimentichiamolo, alle spalle di Zalone c’è Gennaro Nunziante e, altro elemento fondamentale, lo sdoganamento di Francesco De Gregori che canta con Zalone la canzone “gli uomini-sessuali”. In più, a Zalone viene ormai perdonato tutto perché ci si nasconde dietro la foglia di fico della comicità: ogni critica diventa quindi per ridere, e quindi non è più critica, depotenziata e resa innocua.

Ecco, ora arriviamo a Sarri, il compagno Sarri, il comunista Sarri, più a sinistra della minoranza dem. Quel “frocio” urlato a Mancini è un “frocio” proletario nei confronti di una fighetta metrosexual borghese del nord, una forma di lotta di classe che tutti vogliono far finta non esista più. Quel “frocio” non è altro che la prosecuzione culturale di “bottana industriale” urlato contro la padrona Melato, o l’immaginario operaio della sessualità di Mammut del premio Strega Antonio Pennacchi. Ma è un mondo che non esiste più, ossessionato dalla cancellazione di ogni violenza – anche verbale – dalla politica fino a ogni aspetto della società. Perciò capiamo che Colonia non ci ha insegnato nulla, cancelliamo il maschio occidentale e facciamo finta che non abbia già ceduto al maschio arabo, vitale e impossibile da affrontare con il metro della codardia.

Inoltre, altro elemento dell’indignazione nei confronti di Sarri è il razzismo latente – nemmeno tanto – nei confronti dei napoletani, i più terrori dei terroni. Il vero nemico della cultura nordista, capro espiatorio di ogni male italico.

Quindi, non c’entra nulla l’omofobia, ma qui troviamo forse il cuore del dibattito sulle unioni civili, che supera il diritto legittimo di avere nuovi diritti, ma che arriva a una battaglia culturale che puzza di censura. Quella sì, violenta.

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Giovanni Marinetti

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