Tv. Viva la favola antica di Masha e Orso al tempo dei brutti cartoon ultradidattici

mashaeorsoMasha e Orso ha successo, grazie a Dio, perchè si tratta finalmente di un cartone animato per bambini disegnato stupendamente. Senza sgorbi brutti.

Ha successo, grazie a Dio, perchè non è una serie didattica e lascia ai pargoli il piacere di imparare le favole. Ha successo, e Dio ce li conservi, perchè è forse l’ultimo cartoon che educa al retaggio tradizionale europeo.

Gli animali abitano nel bosco dove è giusto che stiano. Orso sa fare tutto, un genio in ogni campo praticamente. Ma non è un palloso insegnante, è un ex circense (che è stato grandissimo a giudicare dalle bacheche di trofei che custodisce in casa). Non si vergogna del suo passato, che nell’Europa occidentale avrebbe fatto sdegnare gli estremisti dell’animalismo. Cerca un buen ritiro e vorrebbe coronare il sogno di impalmare quella ciaciona di Orsa che, per i fatti suoi, si lascia accompagnare dal buffone palestrato dell’Orso Nero.

La piccola Masha è una furia della natura come è giusto, sacrosanto e doveroso che debbano essere tutti i bambini. Curiosa, brillante, intelligente e coraggiosa. È un’anima in formazione e, per vivere al meglio la costruzione di sè, si lancia a capofitto in tutto. Senza paura, quella paura che è invece il sentimento su cui si fonda la cultura dell’europeo occidentale medio. Dato che non teme niente, non può aver scuorno delle sue origini e indossa un bellissimo vestito tradizionale russo. Crescerà la piccola Masha – e lo ha annunciato pure Animaccord lo studio russo dove è nata la fantastica serie per bimbetti –  e saprà di non aver bisogno nè di far ricorso alle magie strane della fatine sexy nè al refugium peccatorum della minigonna. E, attenzione, perchè ciò è detto non in ossequio all’odioso moralismo calvinista che è il grasso grazie a cui si muove il modestissimo Zeitgeist dell’oggi. Più semplicemente perchè è innegabile che il fascino e l’attitudine a ben affrontare la vita derivino in gran parte dalla consapevolezza di sè. E può credere in se stesso solo chi conosce se stesso, le sue radici e il suo retaggio.

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Le storie, poi, ripigliano topoi della tradizione favolistica eurasiatica che, di volta in volta, o sono stati recuperati da romanzi e libri di grandi autori (Lewis Carroll e la piccola Alice che se ne va a zonzo, come Masha nella foresta, nel Paese delle Meraviglie) o di altissimi studiosi (quali sono stati i fratelli Grimm). Dal bosco al lupo cattivo, dagli scoiattoli operosi alle dacie e alle casette di legno. E attorno a questi, combina storie antiche e accidenti moderni. Non lo fa, questo, quell’odiosa beghina di Peppa Pig che, scordandosi d’essere un maiale, si comporta tale e quale una qualsiasi secchiona  di Norwich.

Masha e Orso ha successo perchè è altro dalla messe, copiosissima, di cartoni che pullulano a tutte le ore sui canali del digitale terrestre. Non educa alla competizione sfrenata, non ha la pretesa di insegnare per forza l’inglese (e manco il russo nonostante tutti quei deliziosissimi dettagli cirillici), non ha la volontà di imporre ai piccoli spettatori i comportamenti da assumere, non ha intenzione di preparare i bimbetti prescolari a diventare mini Einstein (da chiedersi poi sarebbe se effettivamente questo caricare i bambini di nozioni e doveri fin dal poppatoio non contribuirà a far nascere una generazione di mostri frustrati). Masha gioca alla campana e se ne frega di dover fare, un giorno, bella figura con quella zitella acida della maestra. 

Masha e Orso è una favola che, semmai, educa al bello e alla tradizione. Grazie a Dio.

@barbadilloit 

Giovanni Vasso

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