Cultura. La mercificazione dell’uomo e del dolore refrain dei nostri tempi

Manichini e uomini ridotti a merce
Manichini e uomini ridotti a merce

I nostri luoghi della (in)decisione sono ormai lo scaffale del supermercato e lo schermo televisivo/informatico; e i nostri strumenti di (in)decisione il carrello e il telecomando/mouse.

Per comprendere appieno in quale mondo viviamo, occorre perciò risolvere questo enigma: un prodotto (di mercato o dei media) ha successo a seconda della sua qualità o a seconda di quanta pubblicità riceve e di come viene presentato? Ovvero: il controllo della (in)decisione è in mano ai consumatori o ai venditori?

Che differenza c’è tra i biscotti e i bambini africani?

Segnalare la questione è necessario per introdurre una seconda domanda: che differenza c’è tra lo spot dei biscotti e lo spot del bambino che muore in Africa? È etico utilizzare immagini forti per un fine “umanitario” economico? Mostrare, tra lo spot degli assorbenti e quello di un profumo, le immagini condite di musica lacrimevole di un bambino denutrito chiedendo dei soldi è solo un accostamento improprio, accattonaggio o sensibilizzazione?

Lo spot del dolore

La risposta è senz’altro: accattonaggio. Per un fine buono magari, ma non diversamente dall’uomo che, esponendo su un marciapiede le proprie deformità, domanda del denaro. Della persona non sappiamo nulla: se sia buono o cattivo, se la sua sfortuna sia tale o invece meritata. Negli spot del dolore allo stesso modo non veniamo informati o interpellati, ma solo aggrediti emotivamente attraverso una tecnica di marketing che sottolinea il messaggio con contenuti forti: se non paghi, questo bambino starà male.

E il bambino affamato, oltre che (eventuale) fine della donazione, ne è anche strumento.

Lo spot elettorale

Aylan, bambino siriano affogato nel Mediterraneo, viene fotografato morto su una spiaggia. La drammatica immagine diventa uno spot elettorale: secondo Renzi questo è quel che succede a non accogliere tutti i profughi/clandestini. Nessun approfondimento, nessuna contestualizzazione.  Il sottotesto é: se voti Salvini, il bambino muore, mentre se voti Renzi il bambino vive.

Aylan è un estremo di una strumentalizzazione che non ha confini politici. Ecco allora che se voti Renzi i pensionati si suicidano, se non lo voti i pensionati vivono. Ma è davvero Salvini a uccidere Aylan? È davvero Renzi a suicidare il pensionato? La risposta è semplice: no. Ma questa ovvia conclusione non ci soddisfa.

Da cittadini a consumatori

Occorre un’inversione di prospettiva: a uccidere Aylan e il pensionato siamo noi che osserviamo. I loro corpi sono merci e siamo noi a fruire visivamente dei loro cadaveri, emotivamente della loro morte. Lo show elettorale dell’uno e dell’altro è costruito a uso e consumo nostro. Le semplificazioni sono create ad arte per rendere più urgente e immediato il nostro acquisto. Se fossimo cittadini sapremmo distinguere e approfondire: ma non siamo più cittadini, siamo consumatori.

La terza guerra mondiale a puntate

La terza guerra mondiale sembra allora a puntate solo perché interrotta dagli spot pubblicitari. In realtà è invece un flusso continuo,che ci precipita nel luogo dove mercato, politica, informazione e spettacolo si fondono in una cosa sola, unica e indistinguibile al suo interno. Dove anche gli uomini divengono oggetti mentre gli oggetti prendono vita emotiva. La singolarità dell’indifferente, dove coi morti puoi lavarci il bucato.

@barbadilloit

Andrea Tremaglia

Andrea Tremaglia su Barbadillo.it

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