L’ex sindaco di Venezia pone una chiave di lettura utile, non solo a interpretare i risultati di un dibattito che ufficialmente dura ormai da due anni, ma tutto il pontificato di Bergoglio, papa argentino appassionato di Robert Hugh Benson e religioso che si è fatto le ossa su quegli Esercizi spirituali che chiamano alla battaglia contro le schiere del Demonio. Insomma, uno che al di là delle critiche non intende «cedere, o arrendersi, al mondo moderno». Francesco, stavolta, incassa una vittoria in termini “assoluti”. “Assoluti”, nel senso che essa ha che vedere che le regioni alte della fede: «Bergoglio – dice Cacciari – non ha scelto il nome del santo di Assisi per arruffianarsi il moderno ecologismo. Sa sciogliere lentamente i nodi, ha una prospettiva di secoli. La Chiesa termina con la fine del mondo».
Che c’entra tutto ciò con il Sinodo? «Lì – spiega il filosofo – si è proposto un secolare dissidio nella Chiesa. Francesco è coerentemente un gesuita, nella sua accezione più nobile. Alla fine è riuscito a trascinare con sé la maggioranza dei padri sinodali. Ora il Papa è più forte ma l’esito della partita resta imprevedibile. Deve diffidare dell’appoggio laicista di quanti vogliono appropriarsi del Papa per battaglie che nulla hanno a che vedere con la profondità del suo messaggio di fede. Gli atei di sinistra rischiano di provocare al suo pontificato gli stessi danni che gli atei devoti e i teocon hanno causato a quello di Ratzinger».