Taccuino. Il Volo tremendo della modernità nostalgica. Aridatece Claudio Villa

Sono dappertutto, ovunque. Hanno conquistato il vetusto Sanremo, la gelida Russia, il lussurioso Sud America e anche le bianche poltroncine del salotto di Bruno Vespa, bucando ogni dato Auditel. Loro sono Il Volo, i tre ragazzi che mettono le ali agli ormoni assopiti delle nonne d’Italia strizzando l’occhietto alle mamme. Piero, Ignazio e Gianluca compongono il trio delle meraviglie musicali di casa nostra. Si definiscono un gruppo pop-lirico, uniscono magistralmente gli echi del bel canto alla musicalità delle canzoni più gettonate al  karaoke. Grazie all’originale scelta di interpretare ‘O Sole Mio, si sono imposti all’attenzione del pubblico di “Ti lascio una Canzone”, versione televisiva delle rassegne musicali che prima si facevano nelle corali parrocchiali. Un programmone, però: condotto da zia Antonellina Clerici, una che ogni giorno ti viene a cucinare fin dentro casa. Che li ha scoperti impuberi e adesso se li ritrova belli piacioni con la barbetta, la cravatta, le mani nella creta a plagiare Ghost e le prove tecniche di carisma da Vespa.

Hanno successo, ‘sti ragazzi. Alla faccia di quelli che continuano, imperterriti, a venerare vinili dall’alto del loro cerasiello metal-rock-indie. Contro Il Volo non si può combattere, arrendetevi. Rappresentano tutto ciò che si deve avere per essere il nipotino perfetto, di quelli che ogni nonna sogna di ingrassare a Natale, Pasqua e feste comandate. Belloccio, vestito elegante, cuore alle canzoni dei bei tempi che furono. Insomma, sono tre belli guagliuni aggarbati che rischiano di travolgere ogni schema musical-commerciale: vuoi vedere che Piero, Ignazio e Gianluca formano la prima boy band per sole nonne?

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Virtuosismi e scelte musicali, non le posso discutere. Da antico fan di Scamarcio (Piero e non Riccardo, nota bene!) le lascio a musicologi, musicisti e critici del pentagramma. Solo che è insopportabile il profumo di naftalina che sprigionano le loro esibizioni. A ‘sto punto, se la suggestione è quella, meglio ascoltare direttamente Claudio Villa l’originale che almeno qualche vizio ce l’aveva e a stornelli non lo batteva nessuno. La gioventù vecchia e la vecchia gioventù non dipendono dalle scritte che i Comuni vergano sulle carte d’identità ma dal culto, ossessivo e frenetico di presunti tiempi belli ‘e na vota che, francamente, sarà pure comprensibile per chi ha vissuto la pubertà scoprendone il portato grazie a Wanda Osiris ma non è giustificabile per quelle che i tiggì – forse ancor più ossessivamente – continuano a chiamare giovani generazioni.

La colpa non è di questi ragazzi. È lo spirito dei tempi, dato che non si ha niente da dire per paura di rischiare si imbocca – senza paura di sbagliare – l’autostrada accogliente della banalità del luogo comune. Nessuno rischia, perchè nessuno sembra aver nulla di originale da dire. In compenso, tutti impauriti perchè la crisi, il califfo, i migranti e i nazifascisti incombono, la nostalgia di un’età dell’oro che non esiste o – meglio – non è collocabile mica nei decenni che ci suggeriscono le occhiute major o le sigle dei cartoni animati.

E perciò via di cover band, fino alla stucchevole venerazione espressa nell’imitazione servile e scosciata delle vecchissime cariatidi del rock, le ammuffite sexy girl a sessant’anni.

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Quelli de Il Volo, che hanno scelto di agire nell’Imitatio Claudii Villae hanno nome profetico, che traduce il  destino che incombe su tutti noi, grande pubblico non di nicchia: è quello zoppo di una generazione perfettamente addomesticata. Belli, bravi e buoni e che parlano solo la lingua dell’ammore. E che perciò compiacciono e rassicurano quella vecchia befana della nonna.

Ricalcano con estremo successo televisivo e commerciale un clichè perfetto che mai e poi mai perdoneremo ai due decenni berlusconiani. E perciò, la speranza (frustra?) è di non ritrovarceli – complici le critiche –  innalzati a semi-icone di una certa piacionissima destra d’ordine, pizza e mandolino. Quella che acchiappa i voti e si scorda di pensare.

Quello sarebbe il momento sciagurato e perfetto per rispolverare finalmente le vecchie are pagane, invocare Ovio Paccio e innalzare sacrifici alle divinità superne in segno di tremenda espiazione.

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Giovanni Vasso

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