Leo Longanesi, un giornalista libero. Perché come lui scriveva, “Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi.” Per questo ricordarlo con la pubblicazione di Francesco Giubilei, “Leo Longanesi. Il borghese conservatore”, edizione Odoya. L’autore premette un motivo, questo: dopo il famoso libro di Montanelli e Staglieno sul grande giornalista, è possibile scrivere ancora su L.L., lo scrittore-editore-inventore di testate giornalistiche? Ci permettiamo allora una risposta. Vi è il forte bisogno di conoscere il percorso intellettuale di Longanesi nella misura in cui emerge la necessità critica di rileggere oggi Prezzolini, Flaiano, Papini, Soffici,.. cioè rileggere quell’intellighenzia non di sinistra e contro-riformistica nella quale ritrovare dignità e idee.
Longanesi rimane un esponente di una classe intellettuale che comprese la crisi dello Stato e lavorò ad un ‘cantiere Italia’ fatto di idee e progetti; proprio ciò che manca al paese dei nostri giorni. Questa nuova pubblicazione diviene l’occasione per ritornare allo scrittore che, per tutta l’esistenza, infilzò con la penna i vizi degli italiani; e la sua scrittura valeva… il colpo di spada. Egli fu un editore creativo che partorì ‘L’Italiano’, ‘Omnibus’, ‘Il borghese’ e il testo di Francesco Giubilei ha il pregio di raccogliere tutte le belle immagini delle testate longanesiane. Nelle università come nelle scuole, i docenti riempiono corsi per approfondire la storia di riviste marxiste nel dopoguerra; qui, invece, sarebbero urgenti lezioni da dedicare al mondo editoriale dinamico, scopritore di artisti e scrittori, nel quale Longanesi dominava.
Per polemica ideologica, qualcuno ricorderà che egli fu un fascista. Ma Longanesi non sottoscrisse il ‘Manifesto degli intellettuali fascisti’. E poi “Quando il movimento fascista diventò regime e perse il suo spirito anticonformista e rivoluzionario, Leo fondò ‘Omnibus’, dando vita alla fronda che avviò molti giovani – che nel dopoguerra lo accusarono di fascismo – all’antifascismo.” (pag. 33) Così, da spavaldo romagnolo, capì tutto e fu “critico del fascismo durante la dittatura, soprattutto nel momento in cui Mussolini aveva raggiunto il culmine della popolarità, alla caduta del regime rivalutò progressivamente il ventennio.” Fu il giornalista che non accettò patenti. Conquistò tutto con schiettezza. In particolare, non “riusciva a sopportare chi durante il fascismo era stato sostenitore di Mussolini e nel dopoguerra si ergeva a paladino dell’antifascismo.” (pag. 35)
Il libro di Giubilei entra nel cuore del personaggio, del gran borghese che criticava la sua stessa classe. Però, senza pause, il malcostume era da Longanesi criticato anche nelle presunte superiorità di altre classi o di altre culture. Di questa condotta intellettuale abbiamo urgenza ora. Per catalizzare le migliori energie del paese. Per ritrovare, come faceva Leo, ‘un’anima italiana’ e poi – come scrisse su ‘L’Italiano’ – “per ridare a questo paese la sua antica anima, la sua morale, la sua forza, nel far sì che tutto il popolo possa sentirsi padrone della sua terra, non il servo di un’Italia bastarda che ripudia le sue origini.”
È vero, in lui vi era un’anima enfatica. Spesso esagerata. È suo il celebre motto, “Mussolini ha sempre ragione.” Ma solo facendo così riusciva, all’interno del regime, a ritagliarsi uno spazio di libertà con cui fare “la sua attività di editore, di tipografo, di polemista e di pittore…” La sua capacità – da leggere come un “talento editoriale” nella storia italiana – portava avanti un giornalismo moderno, una prosa diretta e una grafica gradevole; giacché c’era da trasformare il gusto provinciale degli italiani.
L.L.,ovvero un intellettuale pronto a cambiare intelligentemente la linea politica di una sua rivista. Un borghese anarchico per “mettere tutti di fronte ai loro difetti, distruggere il ridicolo, la boria e la prosopopea degli imbecilli, il conformismo…”- come scrivevano Montanelli e Staglieno. Nell’ Italia conformista di ieri e di oggi, allora, gli aforismi di Longanesi sono straordinaria attualità; sono frustate in una realtà politica nella quale “Tutti sono estremisti per prudenza.” Oppure, anche nel 2015, è opportuno ricordare che in giro “Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola.” E per finire accettare, malinconicamente, la frase longanesiana, “Sono un conservatore in un paese in cui non c’è più niente da conservare.”
*“Leo Longanesi. Il borghese conservatore” di Francesco Giubilei, edizione Odoya, euro 18, pagg. 197