Bacca ha piegato quei tignosi del Dnipro così come aveva piegato tutti gli ostacoli incontrati lungo la strada che lo porta adesso a imporsi all’attenzione dell’Europa pallonara. Nato a Barranquilla, fino a un pugno di anni fa teneva un banco di pesce al mercato, arrotondava facendo il controllore sui bus e la sera tirava calci a un pallone. Oggi lo vuole il Milan, che favola.
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Ascendenze indie e note vagamente afro coprono d’ingenuità il volto del cecchino sonnecchioso di Emery. La butta dentro in tutti i modi, è un falco che rapina e scippa le difese avversarie, beffate dal suo mimetizzarsi da eterno sconnesso a quanto accade sul rettangolo verde. Inganna, segna e poi ringrazia Gesù. Bandito del gol devoto più a Cristo che alla bulimia di denaro che strangola quello che ancora è lo sport più amato (vedi l’esempio di Sepp Blatter, capo dei capi).
A Varsavia è nata una stella, forse. Durante una finale di calciobalilla, rossi contro blu. Chissà se il Dnipro, poi, è passato sotto il biliardino. Fatto sta che l’Europa League (già vedova Coppa Uefa) ha decretato la rivincita dei bravi ragazzi del pallone, alla faccia delle capricciose superstar che sono rimaste a casa. O in panchina