Chi era Mussolini? Pochi mesi fa uno storico si poneva questa domanda. Lo faceva per riflettere sulla scomparsa del senso della storia nelle giovani generazioni. Ecco che il recente libro ‘Mussolini socialista’, a cura di Emilio Gentile e Spencer M. Di Scala consente una nuova riflessione sul personaggio politico del XX secolo. Viene proposto un lavoro completo che approfondisce il vissuto del giovane Mussolini, mediante i saggi di diversi storici. Emerge quindi il racconto storico di un socialista “magro, aspro, che parla a scatti, con sincerità, piace al congresso, il quale sente di avere in lui un interprete dei suoi sentimenti.”
C’è il ventinovenne segretario della Federazione di Forlì; c’è il giovane candidato alla Camera; c’è il direttore dell’Avanti arrabbiato. Ma c’è pure il socialista che si definisce nel 1912, “Io sono un primitivo. Anche nel socialismo. Io deambulo nell’attuale società di mercanti come un esule (…) oggi ci sono dei socialisti – i molti, i più – innamorati del denaro.” Nel ‘Mussolini socialista’ il lavoro di sette storici ha un pregio: scruta i significati delle avanguardia intellettuali dei primi anni del novecento. Proprio da qui nasce la relazione tra il futuro duce e un interprete delle avanguardie novecentesche, Giuseppe Prezzolini, il quale nella ‘Voce’ scriveva, “Quest’uomo è un uomo e risalta tanto più in un mondo di mezze figure e di coscienze sfilacciate…”
La formazione del giovane socialista è leggibile come una sintesi che avvenne “Sul tronco della sua cultura socialista… innestando idee, temi e motivi provenienti dall’anarchismo libertario, dalla nuova cultura idealistica italiana, dalle varie ‘filosofie della vita’, dal vitalismo pagano di Nietzsche, dalla teoria delle élites di Pareto, dalla concezione del mito di Sorel.” (pag. 211) Così è raffigurata l’esperienza di un uomo con molteplici contaminazioni ideologiche e viene raccontata una “singolarità nella tradizione ideologica del socialismo italiano.” (pag. 214) Lo storico non può che essere attratto dal giovane Benito, dal politico un po’ eretico, pronto a cambiare le sue opinioni. Colpiscono le richieste mussoliniane per una ‘rottamazione’ della classe politica del suo tempo. Prima del conflitto mondiale, per ringiovanire i partiti, Mussolini chiedeva alleanze e nuovi progetti politici. E chiedeva ciò attraverso la fondazione della rivista ‘Utopia’ al fine di “trovare fra i giovani dell’ultima ora – i socialisti e anche non socialisti – le intelligenze ignorate e capaci di ringiovanire con una nuova interpretazione – ortodosso o eterodossa – la teoria.”
Dunque, chi era il Mussolini socialista? Una singolare sintesi avanguardistica, un rottamatore ante-litteram, una spina nel fianco dei vecchi politici, un polemico sindacalista rivoluzionario. Nel libro, Marco Gervasoni, con ‘Mussolini: un sindacalista rivoluzionario?’ segnala il rapporto con il pensiero di Sorel, ovvero l’incontro tra i temi della giustizia sociale e la “celebrazione degli eroi e dei santi e il lamento della grandezza” nel giovane Benito.
Il sindacalista di Predappio fu una fusione politica che non accettava più rappresentanze, desiderando di entrare direttamente nella scena politica, anche per trovare nuove soluzioni finanziarie, così “Non si dimentichi poi che, almeno in Italia, il sindacalismo si professava liberista e lottava contro l’intervento dello Stato…” In questa ricerca storica, sono notevoli i collegamenti emersi tra il sindacalismo rivoluzionario e le culture del tempo; insomma l’analisi non è mai sganciata dal contesto storico. Sono evidenziate realtà culturali con molte anime: una insurrezionale e una plebiscitaria “che ebbero sempre uno spazio ampio all’interno della galassia socialista” e Benito Mussolini fu “il vero capofila delle tendenze rivoluzionarie” (pag. 80) Nel saggio di Gervasoni, si ritrovano testi infuocati, appelli giacobini, canti insurrezionali – “Al Quirinale!” -, queste parole del Mussolini sindacalista piacevano ai giovani socialisti, Gramsci, Togliatti, Tasca. Parole gridate sull’Avanti per un paese sconvolto dagli scontri, per accendere proteste, per mettere insieme “proletariato e teppa.”
Con il lavoro di Gentile e Di Scala, il lettore si ritrova dentro l’avventura politica del maestro di Predappio e dentro la storia del socialismo italiano. Ma i vecchi fondatori socialisti e riformisti naturalmente non lo volevano; lo temevano per i suoi richiami “alla violenza e l’aggressività che caratterizzarono la sua figura di teorico sia di militante del socialismo rivoluzionario sin dalla sua prima giovinezza.” (pag, 99)
L’anima aggressiva italiana si manifestava interamente nel Mussolini direttore dell’Avanti. I riformisti chiedevano ogni giorno le dimissioni del loro direttore. Che scriveva articoli come se fossero dei comizi. Quel socialista era proprio insopportabile. E lo racconta il saggio di Di Scala, “Benito Mussolini, i riformisti e la grande Guerra”. Quindi i vecchi socialisti non tolleravano gli appelli mussoliniani all’unione tra tutte le forze sovversive, anche quelle non socialiste. Il Mussolini del 1914, proprio un terribile rompiscatole o un commentatore risentito su una neutralità italiana pericolosa e politicamente inutile.
E per questo l’abile direttore dell’Avanti si dimise e fu espulso dal partito. La cosa lo colpì relativamente perché egli “puntava adesso a fondare un suo partito che gli permettesse di mettersi nuovamente in contatto diretto con le masse”. (pag. 129) Si formò così l’immagine del socialista opportunista e cacciato via dal partito. Ma il 29 novembre del 1914, Prezzolini e Lombardo Radice gli telegrafarono,“Partito socialista ti espelle, l’Italia ti accoglie”.
* Mussolini socialista, a cura di Emilio Gentile e Spencer M. Di Scala, Editori Laterza, pagg. 245, euro 24