Radiocalcio. Balotelli con le parole di Gabriella Ferri: “te possino dà tante cortellate, Mario”

Balotelli-Liverpool

Amor ch’a nullo amato amar perdona..

(Divina Commedia, Inferno. Canto V)

Ci risiamo. Stavolta Balo si sarebbe vestito da najone, imboscato per far bisboccia alla faccia del sergente Brendan Rodgers. I fatti paiono tratti da una commedia all’italiana a caso, ambientata negli anni in cui il servizio di leva ancora obbligatorio richiamava tutti i ragazzi sotto le armi. Il calciatore si sarebbe inventato un infortunio al ginocchio per saltare allenamento e partita con il “suo” Liverpool ma, secondo il Sun, dopo aver marcato visita sarebbe sgattaiolato a far le ore piccole in una discoteca dell’amatissima Manchester.

Adesso, prima di tornare a dividerci sulle potenzialità inespresse di un campione troppo pigro per diventare tale, abbiate la compiacenza di accendere lo stereo e mettere su un disco di Gabriella Ferri. Se siete stati suoi tifosi, come il sottoscritto, o suoi nemici irriducibili a prescindere non potete che scegliere una canzone di rabbia e d’amore. Te possino dà tante cortellate, Mario.

Per quante messe (su di te ma in realtà contro di te) hanno detto gli arcipreti del politicamente corretto. Per quante volte hanno detto “orate frates”, zitti e abbozzate tutti facendoti credere di non essere più un pallonaro ma un profeta dei buoni sentimenti. Per tutte le volte che allo stadio t’hanno fischiato l’indolenza e invece t’hanno fatto credere di essere Django nel Far West dei cotonieri.

Er bene che te vojo, Mario, non lo dico. Che ci vuoi fare, sono un animo semplice. Sono cresciuto a pane e serie B e quando vedo anche un mezzo campione mi esalto.Quando vedo certe cose (tipo il gol al Bologna con il Milan) il cuore di un redneck del pallone non può che scaldarsi. Ma ti sei fatto fregare. Da chi t’ha fatto credere che per essere un vero fratello nero dovevi far la vita del rapper sbullonato. Non te la posso perdonare, potevi essere drammatico e feroce, l’Otello del calcio italiano, sei finito come vacuo e ambiguo, vaga metafora politica lanciata da Fini in tv. Eddài, ma Yaya Tourè non t’ha insegnato proprio niente?

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Perciò meriteresti de farti vedè ar Ponte impiccato. Ormai non t’amo più. Gangsta football is dead.

Ma con la coda dell’occhio ti cerco, come quel compagno a cui non passerai mai la palla, in area. È l’ultima volta che scrivo, giuro, delle tue mattane. Non è che ci sia molto altro, in giro. Il calcio italiano non è stato in grado di sfornare una generazione di fenomeni e tu, che dovevi essere Dart Fener azzurro hai preferito diventare bluff ye-ye.

Mi sa mill’anni che se facci notte. No, quella è arrivata già, più nera di te.

Mi sa mill’anni che venghi Natale, per famme na magnata de torrone. E, possibilmente, na bevuta in der boccale. Di tornare a ubriacarmi di pallone, spogliandomi degli abiti truci dell’attuale Kali Yuga calcistico.

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Giovanni Vasso

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