L’intervista. Il sen. Mantica: “Non si può fronteggiare l’Isis senza Russia e Iran”

Isis fighters parade through Raqqa“Con L’Isis bisogna muoversi politicamente e culturalmente, riscoprire che il mondo mussulmano non è monolitico ma è anche piano di contraddizioni”. A parlare è Alfredo Mantica, per due volte sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri con il governo Berlusconi. “Bisogna – aggiunge – capire quali sono gli amici che ci servono realmente per combattere il nemico, e senza Russia ed Iran da lì non se ne viene fuori.”

Che cos’è l’Isis o Stato Islamico?

“L’Isis è un fenomeno nuovo che si innesta sul radicalismo islamico, superando Al Qaeda. E’ la prima volta che dei radicali islamici coniugano il concetto di territorio, creando uno Stato nel quale vige la loro legge e la Umma sunnita. E tutti coloro che sono al di fuori di questo mondo: dagli sciiti ai cristiani sono ritenuti apostati e vanno, secondo il loro giudizio, perseguiti e condannati. Nel concetto del territorio i fondamentalisti dell’Isis riprendono quella che fu la grande conquista araba e islamica del 600 e i grandi califfati. Tuttavia quella dello Stato Islamico è un ipotesi che ha un senso politico e, sebbene condanniamo sia i contenuti che le modalità con cui agiscono, bisogna capire che non sono quattro terroristi cialtroni, ma è gente con un’idea, folle, ma pur sempre un’idea e questo li rende pericolosi. E non bisogna combatterli non con i classici metodi del terrorismo perché questo non è più un problema che riguarda il Ministero degli Interni e la Polizia ma è un problema di sicurezza nazionale: è una guerra”.

Cosa dovrebbe fare l’Europa per arginare l’espansione non solo militare ma anche politica dello Stato Islamico?

“Non sono per lo scontro di civiltà, nonostante le mie affermazione sull’Isis. Tuttavia bisognerebbe conoscere e capire il mondo islamico, prima di parlarne. Noi prima di tutto abbiamo trasformato la libertà in libertinismo, e questo è avvenuto in qualsiasi settore. Noi per primi dobbiamo darci una regolata. Nessuno ovviamente può accettare che si faccia fuori la redazione di Charlie Hebdo se pubblicano delle vignette, ma c’è un limite a tutto: non si può infatti offendere un mondo che ( come quello islamico e cristiano) crede in Dio e in valori religiosi”.

L’intervento armato di una eventuale coalizione occidentale che effetti creerebbe?

“Da solo non risolve assolutamente niente. È un problema politico e di uno scontro tra la civiltà moderna ed una religione, quella di Maometto, che è molto ancorata alla realtà beduina del 600. Bisogna smetterla, però, di essere alleati con quelli che ci vendono il petrolio e poi finanziano i wahhabiti e gli estremisti radicali per il mondo. Inoltre bisogna cominciare a pensare che, per ora, sciiti kamikaze non se ne sono visti e, forse, questa mania tutta occidentale di considerare i sunniti moderati e gli sciiti estremisti andrebbe un attimo rivista. Forse l’Iran non è questo mostro spaventoso che ci vogliono far credere se lo rapportiamo ai comportamenti sauditi o qatarioti. Combattere e vincere una guerra contro l’Isis non significa assolutamente niente. Certo, in una grande azione politica, anche la guerra e le azioni militare se finalizzate ad uno scopo hanno un loro senso; “ se parlano male della mia mamma, gli do un pugno”. Però bisogna convincere a non parlare più male della mia mamma. Forse rivendicando i valori cristiani e le radici europee e sedendosi a un tavolo, ognuno con le proprie idee, si può cercare e trovare una linea politica per convivere. Credo, inoltre, che la debolezza del mondo occidentale abbia portato alla perdita di una strategia e di una grande politica di fronte ai grandi cambiamenti del mondo. Il mondo va capito se no continuiamo a sbagliare”.

Quali sono attualmente i rapporti tra l’Italia e i Paesi Arabi?

“Fino a poco tempo fa l’Italia rappresentava spesso il primo partner commerciale di molti paesi arabi: noi viviamo nel Mediterraneo, sembrerebbe che questo nessuno se lo ricordi. Fino a poco tempo fa avevamo grandi rapporti con la Siria e la Turchia, ancora oggi siamo fortissimi in Libano dove operano aziende italiane, essendoci grandi scambi commerciali e culturali. Questi popoli guardano a noi perché rivendicano la propria origine dall’Impero Romano, si sentono appartenenti ad una civiltà comune alla nostra. E anche questo ce lo siamo dimenticati. Io mi sento più vicino ad un libanese o un siriano che ad un norvegese. Ovviamente noi abbiamo sempre avuto una posizione in medio oriente, anche ai tempi della democrazia cristiana, che era molto più aperta rispetto alle rigidità del mondo europeo e americano. Oggi non abbiamo più la forza per imporre una nostra linea politica, anche perché siamo legati all’Europa.

Ci siamo innamorati delle primavere arabe senza capire cosa ci fosse dietro. Non abbiamo mai controllato l’integrazione in Europa e infatti abbiamo 30000 foreign fighters che combattono oggi sotto le insegne di al Baghdadi. E anche se si sconfigge militarmente l’isis, non si potrà uccidere ogni combattente e quindi ci saranno comunque migliaia persone che vorranno continuare con altre azioni, trasferendosi in Nigeria e in Mali. Quello dell’Isis è un fenomeno che non va preso alla leggera: ha preso molto da al Qaeda, ad esempio il concetto di rete, tanto è vero che hanno un creato un territorio in cui si pagano le tasse e si controlla il petrolio. Stiamo creando un bubbone ricco di infezione, bisogna muoversi politicamente e culturalmente, riscoprire che il mondo mussulmano non è monolitico ma è anche piano di contraddizioni. Bisogna inoltre lavorare all’interno di questo mondo dove non ci sono moderati ed estremisti, ma sono mussulmani che si sforzano di capire cosa vuol dire vivere in un mondo globalizzato, e altri che lo rifiutano. Bisogna infine capire quali sono gli amici che ci servono realmente per combattere il nemico, e senza Russia ed Iran da lì non se ne viene fuori”.

L’italia dovrebbe affiancare le politiche estere e militari di Russia ed Iran per contrastare l’Isis?

“Non può avendo fatto la scelta Europea. Tuttavia l’Italia ha sempre avuto di dialogo soprattutto con la Russia. Forse oggi non basta più e bisogna assumere un atteggiamento più attivo perché cambi una certa politica. Infatti se a fare le trattative con Putin mandano Merkel ed Hollande a trattare in nome dell’ Europa e di tutti gli europei, non si capisce a cosa serve effettivamente la politica estera europea”.

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Fabrizio Ciannamea

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