Se da un lato Tutto il calcio minuto per minuto in questa domenica “vecchia maniera” ha tenuto botta, perché – bontà loro – esistono ancora calciofili che seguono la radio, ha fatto registrare un altro flop Novantesimo minuto.
«L’Italia di Novantesimo minuto è morta», la conclusione cui è giunto Stefano Olivari, giornalista e blogger inventore di Indiscreto. «L’ultima giornata di serie A – afferma Olivari – ha dimostrato che il calcio di Novantesimo minuto è finito e che in fondo non è un’epoca da rimpiangere, nonostante la nostalgia sia un genere giornalistico dove si colpisce a botta sicura: perché nella peggiore delle ipotesi eravamo tutti più giovani e chi non era ancora nato può mitizzare ciò che non ha vissuto». Olivari ribalta la tesi della perenne nostalgia, del «si stava meglio quando si stava peggio», dando il giusto merito al ruolo delle pay tv: «Se il programma del vituperato telecalcio non fosse stato stravolto dalla neve ma soprattutto da una irrazionale paura del freddo (il limite Uefa è meno 15 gradi, per dire), avremmo potuto vedere tutte le immagini della Roma che travolgeva l’Inter, della Juventus che assediava il Siena e di un Milan-Napoli tesissimo e suo modo spettacolare. Invece no: salti su ogni canale, vedendo male non solo le tre partite citate. Cosa ci sarà stato di bello nel poter vedere al massimo una partita per turno di campionato».
Solitamente in tema di calcio si assiste all’elogio del bel calcio dei tempi andati. Una volta tanto, invece, si è valutata l’opportunità offerta dalle pay tv, come se l’utente medio, il fruitore di calcio, sprovvisto di anticipi e posticipi, abbia riflettuto e apprezzato su cosa offre effettivamente la modernità piuttosto che cedere alla retorica della lamentela. Le conclusioni di Olivari sono le stesse cui era giunto qualche anno fa Beppe Di Corrado, vero nome Giuseppe De Bellis, che nel suo Tutta colpa di Paolo Rossi, al capitolo “La metafora della tv”, sosteneva: «Novantesimo minuto, un marchio per ricordarsi di come si era, credendo ovviamente che il passato sia sempre meglio (…) Poi è cambiato tutto. Primavera’92 è la data. Nero. Cioè la rivoluzione del criptato: Telepiù, la scoperta dei diritti tv, l’arrivo del posticipo. Quant’è bello l’appuntamento della domenica sera: da allora sai che alle 20.30 c’è sempre qualcosa da vedere e finisce che resti deluso quando non è la partita più interessante. Negli anni Ottanta quando la notturna apparteneva alle coppe europee e basta, succedeva che andavano tutti in sovraeccitazione persino per una partita di Coppa Italia giocata sotto i fari. Però ora fanno tutti gli schizzinosi. Leggi e senti gli antimodernisti che fanno il tifo per “tutte le partite la domenica pomeriggio”». Quello che affermava Di Corrado/De Bellis è stretta attualità. «C’è un pezzo di questo Paese – si legge nel libro del giornalista pugliese – che chiede più o meno sibillinamente di tornare indietro, c’è un movimento neanche poi tanto sotterraneo che cambierebbe la libertà con l’obbligo. Questo è e questo poi ti prendi. Non s’accetta che quei quattro milioni di italiani possano guardare le partite in diretta e gli altri no. La colpa è della tv, sempre. Ma il calcio criptato non ha tolto, ha aggiunto».
(Giovanni Tarantino)
Dal Secolo d’Italia del 7 febbraio 2012, rubrica Secolo Sportivo