Le coincidenze a volte salvano, a volte. Parlo dell’uscita quasi contemporanea del film Sangue Sparso, di Emma Moriconi e della pubblicazione “Attivisti. Nelle sezioni romane del MSI, quando uccidere un fascista non era reato” di Antonio Pannullo, edito dalle edizioni Settimo Sigillo.
Dice, ma che c’entra? C’entra eccome, vado il 12 scorso al cinema, con un mio amico, fratello e camerata, ancora si dice così, con tutta la buona intenzione, mista ad emozione, a vedere il tanto atteso Sangue Sparso. Vederlo, viverlo, per poi commentarlo, condividerlo, diffonderlo e tutto il resto. Pensare che le “mie” vicende giovanili fossero narrate e viste in tutta Italia, mi sembrava un sogno. Anche perché, io c’ero, quindi posso parlare. Come posso anche dire MAI PIU’, mai più che la morte sia una cosa di 17, 18, 20 anni. Mai più il sangue tra ragazzi. Mai più che il sistema immoli dei ragazzi, in tanti modi. Guardo i miei nipoti dai 17 anni ai 23, mi vengono i brividi. Quell’età noi avevamo, abbiamo combattuto una guerra innaturale. Cacchio, era ora.
Già nei giorni precedenti si erano alzate critiche velenose a cui avevo risposto con il mio ben noto romanticismo, aspettate, vediamolo, un’occasione unica e bla bla bla. Avevo invitato la regista a non fare una presentazione gratuita, sostenendo che le “nostre cose” vanno sostenute. Invece, ho visto la presentazione sfarzosa del Barberini, piena di fiori e sorrisi e di facce inguardabili, ho pensato, ma cosa hanno da ridere? Insomma, appena inizia il film, già nei primi passi, con l’emozione in gola, nonostante i miei suonati 58 anni, il crollo, anche se al buio io e Marco ci guardiamo increduli, basiti. Una sofferenza fisica sulla pelle, forte, un dolore interno che rischia di esplodere immagine dopo immagine. Per il nostro sangue sparso? Per i ricordi di allora, mai dimenticati, che hanno segnato per sempre la nostra vita?
Dice, allora per cosa? Per la conferma, con questo film, della mediocrità con cui il mio mondo ha attraversato gli ultimi venti anni della nostra storia. L’ennesima conferma: mediocri, quando messi alla prova. E la mediocrità, ha fatto danni devastanti. Venti anni di possibilità, buttate sull’altare della presunzione, convinti che arrivati nella stanza dei bottoni, tutto sarebbe stato più facile. Gli scienziati della politica, la cupola che ha governato le sorti del nostro mondo, alla riprova dei fatti ha fallito per incapacità. Punto. E questo film, è come se fosse una pietra tombale. Sì, perché rimarrà. Tra cinquanta anni si dirà “quelli” erano così. Ah, la presunzione, la mediocrità… mai e poi mai, si è accettato di fare un’analisi della composizione sociale del nostro ambiente, mai. So di cosa parlo, avendolo proposto infinite volte, anche in documenti congressuali. Cercare di conoscere a fondo le nostre personali capacità e professioni. Sapere fino in fondo quale contributo vero, avrebbe potuto dare ognuno di noi. Niente, sempre paura che qualche “capace” potesse fare ombra “all’incapace” che aveva il boccino in mano, federazione, incarico elettivo, eccetera.
Ecco il nostro vero dramma. Mai approfondire, mai studiare. Non poteva essere diversamente con questo film. Chi poteva scrivere la sceneggiatura? Quanti sanno se ci sono persone “capaci” nel mondo dello spettacolo, della comunicazione? Stesso dicasi, nel mondo delle professioni, dell’imprenditoria eccetera. Ce ne sono a bizzeffe, perché siamo bravi, dovunque e ovunque, in qualunque settore. Ma la cupola, sapete bene che mi riferisco ai venti, venticinque capataz, Bocchino incluso, Gasparri incluso, Alemanno incluso, quello in cima neanche lo nomino, che ancora vogliono dire la loro senza vergogna, senza aver fatto un vero esame di coscienza, senza un pizzico di umiltà, anzi un bagno di umiltà.
Ecco perché la pietra tombale. Quello non è più il mio mondo, non mi posso più sentire responsabile di cose volute da questi, sempre da me contrastate mai condivise. Ognuno per la sua strada, finalmente. Ecco perché, insisto, ci penserà Andrea mio nipote di 17 anni, insieme ai vostri figli e nipoti, a spazzare via tutto quello che è stato e che immaginavamo diverso, ci penseranno loro, non i quarantenni di oggi già contaminati, a ripartire. Ci vorrà tempo. E saranno utili, invece, i due tomi di “Attivisti”, di Antonio Pannullo editi da Enzo Cipriano. Sì, sono il giusto contrappeso alla pellicola di cui sopra. Ecco la coincidenza fortunata. Questi sì, una vera rappresentazione di quello che eravamo, cioè i veri mattoni su cui è stata costruita la fortuna e l’opportunità di arrivare in cima. Ed anche quella economica dei benedetti dall’unto del signore. Stenio Solinas lo scrive nella sua prefazione, concisa, vera, fulminante quanto gelida verso i capataz: “Così gli esclusi di ieri, gli attivisti esclusi di ieri, si sono ritrovati gli esclusi dell’oggi, un piccolo-grande esercito senza altre bandiere che se stessi. Questo libro rende loro gli onori.” Aggiungo, e ripara in parte l’incredibile, quanto indelebile, danno fatto dalla su citata pellicola, che non riesco più a citare. Chiudo così, meno male che Pannullo c’è.
Ferdinando Parisella, che allora c’era