Tv/2. Ma ad Announo si ripete lo stesso copione: i giovani restano ai margini

Announo nasce dalla volontà di svincolarsi dall’ormai saturo paradigma del talk politico, prospettando un format che concilia giovanilismo, televisione generalista e rete virtuale.
Giulia Innocenzi, piacevole sorpresa alla conduzione, gestisce l’agorà che si vuol mostrare libera, irriverente e complessa nelle sue declinazioni meno conformi. Tutto condivisibile, ma non tutto convince.

L’intuizione di quel genio della comunicazione televisiva che è Santoro non nasconde a occhi attenti come ci si trovi dinanzi alla messa in scena del solito copione. Il tema filosofico del doppio, del singolo che si equivale al suo contendente e si sostiene grazie allo stesso, ci aiuta a smascherare il meccanismo gattopardesco alla base della trasmissione. I giovani che presenziano nello studio coadiuvati da una protesi digitale che è il loro hashtag “segnapunti”, rappresentano la parte degli “Invisibili” che la nostra società ha relegato ai margini, occupata com’è a non intaccare i privilegi degli eterni assistiti da un sistema che si rottama solo simbolicamente, ma che clandestinamente continua a fungere da dominus del destino quotidiano della generazione fantasma, quella sacrificata dei giovani ventenni e dei rassegnati trentenni.

L’invisibilità e la totale indifferenza alla quale sono stati condannati questi giovani la si vorrebbe sublimare in una masturbazione esibizionistica che li rende visibili però come superfici di pareti attraversabili. Si riesce cosi a banalizzare la ribellione, incanalandola nella rivoluzione pacifica di un hashtag autoerotico. L’ombra del disagio si dissolve dinanzi al Re Sole che nell’atto di illuminare e di dare voce ai giovani, li acceca con premi virtuali. La Parresia, come intuiva Foucault, da atto di dire il vero e libertà di prendere la parola anche in questo caso si rivela in un puro esercizio retorico del giovane ribelle che si trova davanti il responsabile del suo disastro, il Renzi o il Salvini di turno. La gravità sta nel fuorviare i giovani dal vero atto sovversivo, ossia smettere di battersi fra di loro su idee ormai vecchie quanto le ideologie che cercano di trascendere, per fare massa comune e attivare l’unico scontro necessario, quello generazionale.

Quando si riuscirà spezzare questo doppio costituito dal debole che si specchia nel forte diluendosi nella sua immagine, inglobato dal suo carnefice? E quando si riuscirà a dar voce a coloro che hanno già sacrificato il Padre patrigno, riuscendo a divenire un esempio degno di essere raccontato? Finisca l’era del giovane ospite televisivo, polemico e pseudo ribelle, e si dia spazio ai visionari che come eccezione alla regola hanno mostrato strade nuove per ritagliarsi uno spazio nell’arena incancrenita di questa nostra agrodolce Italia.

*sociologo

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Nuccio Bovalino*

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