Il commento (di G.de Turris). La destra culturale? Aveva più strumenti negli anni 70

borgheseChe il doppiopesismo politico e culturale si sia notevolmente aggravato, come denuncia Luigi Mascheroni su Il Giornale del 29 gennaio, è una sacrosanta verità constatabile ogni giorno. Che la Destra politica e culturale oscilli tra populismo ed elitarisno, come afferma Angelo Mellone su Il Giornale del 31 gennaio, è anch’esso vero, ma bisogna contestualizzarlo e andare sulla pratica e non restare nella teoria e nella astrazione politica.

Personalmente non vedo proprio nulla di male nel pubblicare saggi stampati in poche centinai di copie o fare microconvegni come Mellone scrive criticando, se non è concretamente possibile fare altrimenti, cioè se non ci sono i mezzi per farlo. Certe volte non si tratta di snobismo ma di una dura necessità. Si è obbligati a simili scelte. Non tutti – pur bravi, preparati, originali – hanno la possibilità di pubblicare per Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Marsilio. Questo il punto fondamentale. Allora fare opera di “testimonianza” non è affatto inutile: così si dimostra che c’è stato chi non si è allineato al “politicamente corretto” e al “pensiero unico” (e alle loro intimidazioni e ricatti). Vale per il futuro.

Oggi, nonostante che siano vent’anni che la Destra, più o meno di centro, è rientrata in gioco, stiamo peggio di prima, proprio perché mancano i mezzi, gli strumenti, a cominciare dalle riviste di opinione, e ad una adeguata editoria, perché approdare a “grandi editori” non a tutti è consentito. Il confronto con quanto avveniva negli anni Settanta è stato fatto innumerevoli volte, ma occorre ricordare quanto, con la Destra all’opposizione, allora esisteva e oggi non c’è: su settimanali come Il Borghese di Mario Tedeschì e Lo Specchio di Giorgio Nelson Page, così come su mensili come L’Italiano di Pino Romualdi e Il Conciliatore di Piero Capello, si affrontavano e certo non si schifavano i temi elencati da Mellone: narrativa popolare, fumetti, cinema, televisione, teatro, mass media, interventi sul costume eccetera, sia criticando che proponendo, e su quelle pagine si sono fatti le ossa e poi sono entrati nel giornalismo e nella politi cadi destra, molti di quelli che hanno dai 50 ai 70 anni. E poi c’erano case editrici diffuse: ricorderò almeno Volpe e le Edizioni del Borghese, cui si aggiunse la fondamentale Rusconi diretta da Alfredo Cattabiani.

Oggi non c’è nulla di simile che permetta questi interventi, dopo i tentativi degli anni Novanta de L’Italia settimanale e Lo Stato di Marcello Veneziani, a parte i quotidiani come Il Giornale e Libero. Il resto è precluso a chi non la pensa in modo conformista. E non dico a chi è esplicitamente “di destra”, ma anche a chi semplicemente si occupa di argomenti che l’intellighenzia italiota e i mass media progressisti con disprezzo etichettano “di destra”. Le grane e gli ostacoli subiti da Simone Cristicchi per la sua opera teatrale Magazzino 18 e dal regista Antonello Belluco per il film Il segreto che sta terminando fra enormi difficoltà, stanno a provarlo in modo palmare. Tanto per citare due ambiti indicati da Mellone. Sotto questo aspetto la situazione generale è indubbiamente peggiorata e sembra che nessuno, nelle chiuse stanze della politica di centrodestra, se ne sia reso conto. Non sempre, dunque,è questione di snobbare certi argomenti o certi media. Semplicemente non si può.

Quindi sicuramente è obbligatorio occuparsi come lui dice di “cinema, teatro, pubblicità, design, moda, creatività giovanile”, e aggiungerei fumetti, cartoni animati, letteratura “di genere”, videogiochi e affini, internet, con analisi e proposte “dal punto di vista della destra”. Ma bisogna avere o possedere gli strumenti pratici per farlo e per poter realizzare opere in questi ambiti. Ma anche una autorevolezza che non deriva soltanto dalla professionalità e dal prestigio dei proponenti (che esistono), ma dalla creazione di un clima generale e culturale che dia loro forza cercando di superare il Regime Doppiopesista ormai imperante. (pubblicato in forma ridotta su Il Giornale)

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Gianfranco de Turris

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