Pasolini anti aborto e attento alle forze dell’ordine non è figurina Panini della sinistra

PPP scriveva: «Sono però traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano - cosa comune a tutti gl’uomini - io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente»

Pasolini nel film di Abel Ferrara

Sull’ultimo numero de “la Lettura”, il supplemento settimanale del “Corriere della Sera” dedicato ai temi culturali, il regista cinematografico Davide Ferrario si inserisce in due dei principali dibattiti politici di questi giorni: quello sulla proposta di emendamento, avanzata da Fratelli d’Italia, al decreto legge che mette in atto il PNRR (emendamento relativo alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza); e quello sui sempre più frequenti tafferugli che in Italia si verificano tra poliziotti e studenti di sinistra indiscriminatamente favorevoli ai palestinesi e altrettanto radicalmente ostili a Israele.

Per offrire il suo contributo alle discussioni in corso, Ferrario tira in ballo (ancora una volta, verrebbe da dire) Pier Paolo Pasolini. L’aspetto più rilevante dell’intervento di Ferrario pubblicato su “la Lettura”, il cui titolo è “Il cattivo uso di Pasolini”, è che in esso l’autore fa, buon ultimo, per l’appunto un cattivo uso di Pasolini. Ferrario scrive a un certo punto che a Pasolini è capitato di «essere ridotto a innocuo santino dentro una serie di luoghi comuni prodotti da quell’acculturazione di cui era stato tra i primi a parlare». Il paradosso, ripetiamo, è che a tale (incontestabile) riduzione a innocuo santino dà il suo apporto proprio Ferrario, travisando e rielaborando a proprio piacimento quanto Pasolini ebbe a sostenere sia sull’aborto sia sugli scontri tra celerini e studenti. Afferma Ferrario nelle ultime righe del suo pezzo: «Finisce così che perfino esponenti della destra arruolino il pensiero di Pasolini come “cosa loro”, che si tratti di poliziotti o del suo famoso articolo contro l’aborto. Pasolini era contro l’aborto perché, nella sua visione, era un disincentivo all’omosessualità: sarebbe meglio dirlo all’onorevole Pillon».

Premesso che i tentativi di «arruolamento» di Pasolini sono sempre sconsigliabili, quel che dice Ferrario non è vero. O almeno, è vero soltanto in parte. Molto in parte. Una volta per tutte: nel suo famoso editoriale uscito sul “Corriere della Sera” il 19 gennaio 1975, certamente Pasolini – svolgendo un ragionamento piuttosto cervellotico che toccava anche la problematica ecologica – manifestava la preoccupazione che la legalizzazione dell’aborto favorisse – nel quadro di una falsa liberalizzazione da leggersi in realtà come coercizione imposta dal «nuovo fascismo» (cioè la società dei consumi) – l’incremento del coito eterosessuale a discapito dei rapporti omosessuali, ma la prima motivazione del suo opporsi all’aborto, piaccia o no, era un’altra. Ed è la stessa motivazione che anima Simone Pillon e, in generale, le associazioni pro vita.

Non a caso è con questa motivazione, e con parole inequivocabili a meno di non essere in malafede, che Pasolini dava avvio al suo articolo: «Sono però traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano – cosa comune a tutti gl’uomini – io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente». E ancora, più avanti: «Basterebbe che tutto ciò fosse democraticamente diffuso dalla stampa e soprattutto dalla televisione, e il problema dell’aborto verrebbe in sostanza vanificato, pur restando, come deve essere, una colpa, e quindi un problema della coscienza». Più chiari di così è impossibile essere: sarebbe meglio dirlo a Ferrario (e infatti ci stiamo provando).
Quanto a poliziotti e studenti, Ferrario – facendo riferimento a una nota poesia che Pasolini compose dopo i moti romani di Valle Giulia del marzo 1968 e che venne anticipata dal settimanale “L’Espresso” – scrive: «“Pasolini stava con i poliziotti”: l’ultimo a dirlo, dopo le manganellate sugli studenti di Pisa, è stato Antonio Tajani. Ma è vero? No, non lo è mai stato». E invece è verissimo, e il bello è che poco dopo Ferrario si spiega da solo le ragioni per cui, nella circostanza, Pasolini stava con i celerini: «Se Pasolini “sta con i poliziotti”, ci sta perché li considera sfruttati dal potere, proprio quello incarnato dai ministri». Esattamente. Quel potere, ma questo Ferrario si guarda dal dirlo, di cui gli studenti contestatori (e borghesi, a differenza dei poliziotti proletari) secondo Pasolini erano a loro volta un’incarnazione. Di lì a poco, resosi conto di essersi attirato (con quella poesia da lui stesso poi definita «brutta», forse perché in realtà è prosa e non poesia) l’odio di quasi tutto il movimento studentesco, Pasolini proverà a fare marcia indietro, tra le altre cose intensificando la sua collaborazione con Lotta Continua, ma ciò che in quel momento egli pensava resta scritto nero su bianco e, di nuovo, basta leggerlo senza i paraocchi. Tanto più che l’analisi pasoliniana sembra trovare conferma ancora oggi, a oltre mezzo secolo di distanza, in parole come quelle del professor Angelo D’Orsi, appena denunciato alla magistratura da due sindacati della polizia per aver affermato che, a suo giudizio, i celerini ricorrono ai manganelli in quanto drogati e, attenzione, «per una sorta di rivalsa sociale verso lo studente, quasi invidia: tu stai studiando e sei un privilegiato, io sto qui a farmi massacrare con stipendi bassi».

Attualità di Pasolini. Ma di quello vero, non del santino che Ferrario (come troppi altri) a parole dice di non amare e che, invece, contribuisce a consolidare.

(da “La Verità” del 19 aprile 2024)

Giuseppe Pollicelli

Giuseppe Pollicelli su Barbadillo.it

Exit mobile version