‘Munich 1938’ di Maurizio Serra, un’arma per Macron nella battaglia antirussa e anti Le Pen

L'edizione italiana uscirà in autunno presso l'editore Neri Pozza

L‘Editore francese Perrin annunciava il 27 marzo 2024 la pubblicazione de ‘Le Gran Livre qui manquait sur cet événevenement emblématique: Maurizio Serra, Munich 1938. La paix impossible’ (pp. 452). Questa la scheda dell’editore, tradotta: 

“Monaco, settembre 1938. Un luogo ed una data che sono diventate il simbolo della capitolazione delle democrazie al totalitarismo, facendo precipitare il mondo nella guerra mondiale e l’Europa nella rovina. Come spesso accade di questi tempi, il presente ha preso il sopravvento sul passato e l’emozione ha sostituito la necessità di contestualizzare. In questo grande libro, Serra restituisce l’evento alla storia. L’originale costruzione è abbinata a una narrazione avvincente. Dopo una lunga ricerca, Maurizio Serra, ispirato scrittore e rigoroso storico, racconta la storia dei due giorni che hanno cambiato il mondo, con i magnifici ritratti dei protagonisti (Hitler, Mussolini, Chamberlain, Daladier) e delle figure di spicco dietro le quinte (Beneš, Stalin e Roosevelt). Dopo Il caso Mussolini, Serra conferma l’ampiezza del suo talento, un altro colpo da maestro della storiografia”. 

(https://www.amazon.es/Munich-1938-impossible-Maurizio-Serra/dp/2262099774?source=ps-sl).

             

Dal canto suo l’Ambasciatore Stefano Baldi, dal 2004 ideatore e responsabile del grande progetto di ricerca “La penna del diplomatico”, iniziato dagli anni novanta per individuare e valorizzare l’attività pubblicistica dei diplomatici italiani, annunciava l’ 1.4.2024 su Il giornale diplomatico: ‘Il nuovo libro di Maurizio Serra è un libro che ha suscitato già molto interesse e reazioni in Francia, dove il settimanale Le Point ha dedicato la copertina all’uscita del volume, definito livre événement. L’edizione italiana uscirà in autunno presso l’editore Neri Pozza’.

Chi è Maurizio Serra

Nato a Londra nel 1955, figlio del prof. Enrico Serra, modenese, storico, docente di Relazioni Internazionali a Bologna, dal 1972 al 1992 Capo del Servizio Storico del Ministero degli Esteri, Maurizio Serra, allievo del Lycée Chateaubriand, laureato in scienze politiche a Roma, è entrato giovanissimo nella carriera diplomatica, nel 1978 (primo su 55 del mio stesso concorso). È stato Console a Berlino, Primo Segretario a Mosca, Consigliere a Londra. Ha diretto l’Istituto Diplomatico del MAE dal 2000 al 2008. Nel 2010 è stato nominato Ambasciatore presso l’UNESCO a Parigi ed ha concluso la carriera come Ambasciatore presso l’Onu a Ginevra. Ha insegnato Storia delle Relazioni Internazionali alla Luiss di Roma. Autore di numerosi saggi ed articoli, le biografie di Curzio Malaparte, Italo Svevo, Gabriele D’Annunzio, Marinetti, Piovene, Svevo. Nel 2008, con Fratelli Separati. Drieu-Aragon-Malraux ha vinto il Premio Acqui Storia. Nel ’18 ha ricevuto il Prix Fondation Prince Pierre de Monaco per l’insieme della sua opera. Il 9 gennaio 2020 Maurizio Serra viene eletto all’Académie française. È il primo italiano ad essere divenuto ‘Immortel’, abito verde e spada uguali a quelli del 1801, nella prestigiosa istituzione fondata dal cardinale di Richelieu nel 1665. Ha ricevuto innumerevoli premi, onorificenze, riconoscimenti, lauree honoris causa.

                                                                       

Ogni storia è storia contemporanea, sosteneva Benedetto Croce, in quanto lo storico che scrive vive nel mondo attuale così come anche il pubblico al quale egli si rivolge. Non certo da restare stupiti se l’uscita di Munich 1938. La paix impossible è stata subito ‘utilizzata’ calorosamente quale supporto alla politica attuale del Governo della République e contro il principale avversario, Marine Le Pen. Ha scritto François-Guillaume Lorrain, il 28 marzo su Le Point: ‘Munich 1938, retour sur un traumatisme français’: “Ecco un’opera che capita a fagiolo: Monaco. Ieri Daladier e Chamberlain. Oggi Le Pen ed Orban. Le stesse parole, gli stessi argomenti. La vulnerabilità delle democrazie di fronte ad una dittatura pronta a tutto”.

Gli ha fatto eco, tra altri, Guillaume Malaurie, giornalista di Nouvel Observateur, direttore editoriale di Challenges, un settimanale d’informazione economica, fondato a Parigi  nel 1982, il 3 aprile scorso: ‘Comment les démocraties peuvent-elles s’extraire de la tétanie?

Les leçons de Munich 1938′: “L’uscita in libreria domani 4 aprile del monumentale libro di Serra Munich 1938. La paix impossible blocca gli spiriti cavillosi che rifiutano l’analogia tra Putin, di fronte alle democrazie europee nel 2024, e Hitler di fronte a Francia ed Inghilterra nel 1938. Da leggere con urgenza”. Macron accusa di ‘vigliaccheria’ l’Europa di oggi e le similitudini con Monaco 1938 sono numerose, per Malaurie, a cominciare dal fatto che Putin afferma la russité del Donbass ucraino così come Hitler affermava l’aryanité ethnique dei 3,5 milioni di tedeschi dei Sudeti. Rimane attuale, per l’autore, l’esprit d’abandon, l’inerzia verso gli interessi democratici in gioco. L’angoscia dei popoli europei nel 1938 (come oggi) verso un nuovo conflitto certo lo spiega: tuttavia, il risultato della Conferenza di Monaco fu una formula ‘nata morta’ ed in pochi mesi la Cecoslovacchia (creatura della Francia nel 1918, ratificata dal Trattato d’Amicizia firmato a Parigi nel 1924 da Raymond Poincaré e da Edvard Beneš) fu smembrata. Quel destino già lo conoscevano in anticipo Daladier e Chamberlain. Nel 1938 nessun ministro francese visitò Praga. Il 27.9 il Premier con l’ombrello, tornato a Londra dopo sfibranti colloqui con Hitler, in difficoltà col proprio Gabinetto, affermò con paura e scetticismo, rammenta Serra: “Quanto è orrendo, da incubo, che noi siamo costretti a scavare trincee nei nostri parchi e provare delle maschere antigas, a causa di un litigio in Paesi lontani dei quali non sappiamo niente”.

Gli accordi di Monaco del 29-30.IX.1938, scrive Serra, affermando con enfasi l’obbligo della ‘solidarietà militare’ oggi derivante dall’appartenenza alla Nato: “pongono il problema delle democrazie di fronte alla forza e del pacifismo verso la brutalità. La sola risposta efficace è la fermezza, se necessario la ‘forza legittima’. Rispondere all’aggressione con la passività rafforza le dittature. In questo senso ‘Monaco’ è diventato un canone negativo”. L’autore critica, altresì, l’incapacità dei governi di Praga ad accordare autonomie alle minoranze, tedesche, polacche, ungheresi, che favorì lo smembramento del Paese. Monaco ritardò meno di un anno l’apertura delle ‘porte dell’inferno’. Con l’industria ceca alla Germania, Hitler metteva inoltre le mani su fabbriche di tanks e camion migliori, in qualità e quantità, alle equivalenti tedesche.

(https://www.challenges.fr/politique/comment-les-democraties-peuvent-elles-s-extraire-de-la-tetanie)

Conoscitore della storia francese

Maurizio Serra è un profondo conoscitore della storia francese, da 50 anni, in tutte le sue sfaccettature letterarie, di costume, psicologiche ancor prima che politiche, geopolitiche e militari, per aver voluto scrivere un pamphlet ‘macroniano’ o ‘antilepeniano’ o ‘antiputiniano’ (o di assoluzione aprioristica della discutibile democrazia ucraina). Le 450 pagine, fitte e documentatissime, del saggio su Munich 1938 non devono far sorgere alcun dubbio al riguardo. Le sue opinioni sulla Conferenza possono risentire dell’affetto per una sorta di ‘patria adottiva’; possono non essere condivise, ma sono oneste. È pur vero che l’uscita dell’opera ha coinciso con gli uzzoli interventistici (almeno a parole) del toy boy dell’Eliseo alla sua reinterpretazione di una grandeur residuale che è sbeffeggiata all’estero, ma bene accolta, vezzeggiata Oltralpe da una parte cospicua dei media, forse meno dall’opinione pubblica.

A due mesi dalle elezioni per il Parlamento Europeo i sondaggi danno Emmanuel Macron, il suo centrista Renaissance, con Valérie Hayer, al 19%, il Rassemblement di Marine Le Pen (con capolista lo sbarbatello ‘nipotino’ Jordan Bardella) al 32%, i socialisti di Raphaël Glucksmann all’11%, l’Insoumise Manon Aubry al 7,5%, alla pari del Républicain postgollista François-Xavier Bellamy. La politica interna ed estera francese si incrociano ed influenzano, talora forzatamente, come del resto altrove. L’opera di Serra è poderosa, anche se in qualche punto sembra privilegiare suggestioni letterarie sul rigore scarno degli eventi ed astratti ideali democratici, più o meno di matrice azionista, sulla pragmaticità (non lâcheté!) degli anglo-francesi dell’epoca, che avevano nella memoria i milioni di morti e mutilati delle trincee della WWI, cioè della più inutile delle guerre, voluta dalle democrazie come dall’autocrazia zarista.

Quello di considerare oggi (in chiave antirussa ed antiputiniana) la Conferenza di Monaco come il ‘Simbolo della capitolazione delle democrazie al totalitarismo’ (da parte francese addebitandone quasi tutta la colpa a Neville Chamberlain, ça va de soi), appare riduttivo. Fu una interessata mezza bugia, per la propaganda bellica e per politici, a partire da Winston Churchill… Nel 1938 l’Inghilterra era del tutto impreparata alla guerra. Il Premier conservatore era anziano (morrà nel 1940 per un tumore che forse già covava in corpo), non uno stupido o un vile: necessitava tempo. Fece quindi del ‘teatro’, in Germania, e specialmente al ritorno in Patria. Un anno dopo, nel ’39, Londra non era più così impreparata e poteva garantire l’integrità polacca, anche se solo di principio, come sappiamo. Hitler era scontento alla conclusione della Conferenza; sapeva che al di là dei pezzi di carta la guerra era inevitabile, che il Regno Unito era rimasto lo stesso del 1914, intenzionato a frustrare ogni egemonia tedesca sull’Europa Orientale. Il tempo, ormai, lavorava contro la Germania…

Nel 1940, battuta la Francia, il Führer cercherà una pace di compromesso con Londra (a partire dall’operazione Dunkerque per il salvataggio del Corpo di Spedizione britannico). Sapeva altrettanto bene che Stalin – nonostante l’Accordo Ribbentrop-Molotov –  solo aspettava un logoramento della Germania per saltarle al collo. I suoi calcoli non furono esatti, non tenevano conto che Washington non avrebbe permesso il crollo della sua testa-di-ponte europea. Che Hitler, paradossalmente, non voleva distruggere, mirando alle fertili terre dell’Est, non a quel vasto Impero ch’egli, uomo bianco, ammirava (e avendo una flotta ridotta).

Tornando all’Ucraina, oggi. Al di là di velleità e strumentalizzazioni. Credo (anzi lo spero) che siano in corso sotterranei e veri negoziati tra Mosca e Washington per uscire da questo ‘pasticcio’ senza far perdere (troppo) la faccia ai grandi protagonisti. Fallito (nonostante lo squittìo di Macron) il tentativo americano di far cadere o accreditare Putin nel mondo come ‘il nuovo Hitler’, isolarlo, due mi sembrano i nodi essenziali. Come uscirne militarmente e diplomaticamente e che cosa poi farne dell’Ucraina, comunque ridimensionata, e dell’enorme costo della sua ricostruzione. Va da sé che quanto rimarrà a Mosca se la sbrigheranno loro… 10 o 15 anni e l’interesse russo (ed americano) ad appioppare alla UE – nella quale, grazie anche alla triade di stolti di Bruxelles, Kiev entrerà – la stragrande maggioranza di tali oneri. Di adesione ucraina alla NATO non si dovrebbe più parlare, almeno in base a considerazioni logiche. Vedremo. Già la Russia è circondata da Paesi NATO, contrariamente a quanto promesso da Bush padre a Gorbaciov, dopo la Caduta del Muro nell’89…

Il potere di Putin in Russia è evidente, appare solido, ma condizionato dall’FSB, ex KGB, e soprattutto dal GRU, il servizio segreto militare (e non mi pare che lì ci siano dei Canaris, per ora). L’attesa e le congetture sul voto USA non pesano molto. La Russia in questa fase non vuole neppure stravincere, per concedere a Sleepy Joe una via d’uscita, probabilmente.

@barbadilloit

Gianni Marocco

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