Guillaume Faye e la conquista dell’immaginario con cinema e arti

Il filosofo francese è l’ideologo dell’”archeofuturismo”: sosteneva che tecnica e scienza non sono il Male a patto che non si cancelli il passato. Voleva conquistare le coscienze attraverso cinema, arte e letteratura

Guillaume Faye

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Guillaume Faye

“Ma i giorni in cui dimentico sono finiti, stanno per cominciare i giorni in cui ricordo”. È Quentin Tarantino che fa parlare così Ringo, interpretato dall’attore statunitense Tim Roth, nella pellicola Pulp Fiction. È così che nasce la rubrica I dimenticati. Finisce qui l’oblio, si accende la memoria. Uomini e donne della cultura seppellite sotto le macerie del progresso ritrovano la luce, ritornano a parlare. Questo episodio vede come protagonista il filosofo francese Guillaume Faye.

“La salvezza dell’umanità è decisamente un’espressione vuota”. Dopo Oriani e Berto, questa volta, salpato il confine transalpino, giungiamo fino ai piedi della Tour Eiffel. È Guillaume Faye che ci parla e lo fa, nonostante la sua morte avvenuta il 6 marzo del 2019, ancora forte e chiaro. Sulla scrivania sono sparsi appunti, interviste e libri. Il pensiero del filosofo scorre verso il futuro. Ha animato la Nuova Destra francese, facendovi parte dal 1970 al 1986 – se ne andrà sbattendo la porta di Alain de Benoist: divergenze sui temi di fondo – ed è stato tra i maggiori teorici del GRECE (Groupement de Recherches et Etudes pour la Civilisation Européenne). Il giornalista Manilio Triggiani, in un ritratto apparso sulle colonne di Barbadillo, lo descrisse come un irruente oratore dotato di sopraffine capacità discorsive. “Parlava del gramscismo di destra, della conquista delle coscienze attraverso il cinema, l’arte, la letteratura e il pensiero politico”. Il sistema per uccidere i popoli (pubblicato per la prima volta in Italia nel 1983 delle Edizioni dell’Uomo Libero e riproposto nel 2017 dalla casa editrice di Maurizio Murelli AGA) è diventato testo cardine per almeno due generazioni di giovani europei. Nella prefazione all’ultima edizione Robert Steuckers avverte, prima della lettura, che se il popolo ha “dimenticato i propri valori, il popolo muore perché non può più agire secondo le proprie leggi interiori. Il sistema lo ha ucciso”. La tensione morale è sopita, l’inedia intorno a noi. La potenza delle righe di Faye è ancora viva, intatta, dopo quattro decadi. La matrice che ci circonda lascia intravedere il suo vero volto, del resto “un impiegato di banca di Singapore è più occidentale di un contadino bretone che parla la sua lingua e segue la sua cultura ancestrale. L’uno fa parte del Sistema, l’altro no”. La scelta. La scelta della consapevolezza, nient’altro al di fuori di questo.

“Il più inquietante”. Il filosofo umbro Adriano Scianca – che ha curato il testo Dei e potenza (Altaforte Edizioni) una raccolta di scritti dell’autore francese – ha così definito Faye. La coscienza dell’Europa, contro il castrante Occidente. Il più inquietante perché ha saputo guardare oltre lo sterile conservatorismo del pensiero debole. Capace di immaginare Marinetti e Evola camminare a braccetto. Mischiando “la tecnoscienza più avanzata e i valori arcaici, con una società a due velocita: una élite che avrà accesso a tecnologie futuriste convivrà con una massa tornata a uno stile di vita neolitico”. La fotografia irradiata di luce vergata da Scianca. Perché quando gli eroi sono stanchi è tempo di intervenire, di cercare nella storia e nel mito quello che vogliamo essere. Siamo noi, mossi dal tempo dell’azione, a definire l’avvenire. “Gli ideatori della falsa gioventù stiano in guardia: finché ci sarà qualcuno che veglia, tutto è possibile. La gioventù, un giorno o l’altro, può sentirlo”. Il richiamo infinito – scaturito da un articolo apparso sulla rivista Éléments nel lontano ottobre 1982 – è magma che scorre sotto i piedi di generazioni anestetizzate dal cloroformio della società.

Siamo i costruttori dell’epoca che verrà. “Spetta quindi a noi che viviamo nell’interregnum, secondo la formula di Giorgio Locchi, preparare fin da ora la concezione-del-mondo del dopo-catastrofe”. L’Archeofuturismo (AGA) è l’essenza dell’arcaismo e del futurismo che ci accompagna da oltre vent’anni. Da quando in una seconda gioventù, letteraria e filosofica, Guillaume Faye si presenta alle soglie del 2000 sputando in faccia all’attualità. La propensione all’insignificanza di tutto quello che ci circonda riecheggia nel vuoto. La modernità è passatista. Dobbiamo abbracciare i “valori anti-individualisti” che “consentono la realizzazione di sé, la solidarietà attiva, la pace sociale, là dove l’individualismo pseudo-emancipatore delle dottrine egualitarie crea la legge della giunga”.  Stefano Vaj, l’agitatore culturale che maggiormente ha permesso la diffusione del pensiero di Faye in Italia, ha tratteggiato i contorni dello scrittore transalpino in un brano dal roboante titolo Per l’autodifesa etnica totale – diviso in tre parti e apparso sulla rivista L’Uomo Libero nel 2001 – definendo ipnotica la sua oratoria. “Assomigliava un po’ fisicamente e nelle movenze al giovane Feddersen, interpretato da Gustav Froelich, protagonista di Metropolis di Fritz Lang”. I suoi dialoghi davano l’impressione di “’lucido fanatismo’ in cui si mescolavano reminiscenze di Che Guevara, D’Annunzio, Ignazio di Loyola e Goebbels”. In una parola dinamite. Del resto ascoltando Faye poteva capitare, tra i vari scenari, di finire anche nel film porno che avrebbe girato, come protagonista, in giovane età. Leggenda che si alimenta, come se fosse il re della frusta Udo Kuoio al secolo Andrea G. Pinketts. 

L’ultima intervista italiana, nel 2019, l’hanno raccolta Francesco Boco (che ha curato tramite la casa editrice SEB il testo del francese Per farla finita col nichilismo) e Andrea Anselmo per Il Primato Nazionale. Un Faye quello finale proiettato alla ricerca “di una società archeofuturista” tra i grattacieli di “Israele, Cina o Giappone”. Costernato dal fatto “che l’Europa non riesca più a concepire grandi progetti storici”. Perché il nesso è tutto qui. Abbiamo spento le luci della nostra navicella, l’orizzonte è rimasto il nostro sguardo, mentre le stelle che vegliano sopra di noi devono tornare a essere l’obiettivo. Prometeico Faye pronto a rubare il fuoco degli idei per rinvigorire la fiamma dell’Europa contro quella del catastrofico Occidente. (dal quotidiano Libero)

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Lorenzo Cafarchio

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