Destre. Il ricordo di Arturo Michelini e la politica del Msi al servizio dell’Italia

Voleva far diventare la Fiamma, “il Movimento degli oppressi e degli emarginati, un fronte di scuola politica e culturale capace di incidere nella politica nazionale”

Arturo Michelini, segretario del Msi

Arturo  Michelini nacque a Firenze il 17 febbraio 1909 da Francesco R. Michelini, di professione molitore e assicuratore  e da Maria Castiglione, casalinga; visse la sua prima giovinezza nella zona di Campo di Marte per poi trasferirsi a Roma; da sempre nazionalista e anticomunista si impegnò in politica attiva sino a diventare di seguito vicefederale del Pnf di Roma. Nel 1938 partì volontario per la guerra di Spagna al seguito delle truppe inviate dal regime fascista a sostegno dei volontari Anticomunisti di Spagna e nel corso del secondo conflitto mondiale fece parte del corpo di spedizione italiana in Russia da cui riportò una medaglia d’argento e quattro croci al merito. Michelini aderì dopo l’8 settembre alla Repubblica sociale italiana (RSI) .

La nascita del Msi (26 dic. 1946): il ruolo centrale di Michelini

Dopo la sconfitta Michelini, con raro spirito pragmatico in un mondo tragicamente sconfitto,  seppe guardare con prudente realismo alla nuova situazione politica, senza recriminazione ne spirito di vendetta, si mise da subito in moto per unire in un partito nazionalista,  anticomunista, filo-occidentale e antisovietico (era assai vivo il ricordo di Piazzale Loreto, delle Foibe, dello stragismo indiscriminato gappista partigiano) chiunque accettasse le regole del regime democratico.  Il suo studio romano divento così la sede degli incontri tra gli esponenti del neofascismo che il 26/12/1946 portarono alla nascita del Movimento sociale italiano (Msi). Il sogno del Michelini fu, secondo le sue parole, far diventare:  “Il Movimento degli oppressi e degli emarginati un fronte di scuola politica e culturale capace di incidere nella politica nazionale”.

Segretario e leader della Destra italiana (1954-1969)

In una tale direzione strategica Michelini, buon tattico e politico prudente, seppe cogliere i segnali nazionalisti, antisovietici e neo-atlantisti mediterranei (che non vanno assolutamente confusi con l’atlantismo europeista dei nostri giorni, anzitutto per il diverso contesto storico-politico, poi in virtù del fatto che Michelini fu sempre assai vicino a Enrico Mattei, infine anche perché M. sostenne apertamente il nazionalismo algerino, il peronismo e il nasserismo arabo prima che quest’ultimo precipitasse nell’orbita dell’Imperialismo sovietico bolscevico (1))  che serpeggiavano con sempre maggior frequenza nella dissidenza interna Dc; si rammemori un Giuseppe Pella o i Doroteidi “Iniziativa democratica”. Il momento tattico propizio fu colto dal Michelini definitivamente nel 1954, al IV Congresso missino di Viareggio (9-11 gen. 1954), quando la lista unitaria del Nostro ebbe in sede congressuale un larghissimo consenso che lo avrebbe portato, il successivo 11 ott., alla segreteria. Trieste frattanto tornò italiana (26 ott. 1954), dopo che vari militanti nazionali missini, negli anni precedenti, avevano dato la vita per la causa di Trieste italiana.

La fase missina del Michelini fu sicuramente quella più strategica, più moderna e più incisiva nella storia della Destra italiana post-45; anche la più attuale, dato che nella famosa discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994 si potrebbe vedere a tutti gli effetti la piena riuscita di quell’esperimento di Grande Destra italiana che Michelini perseguì dal 1946 in avanti. Se indubbiamente la caduta del governo Tambroni e il luglio ’60 genovese rappresentarono una dura sconfitta nella strategia del partito di Michelini, occorrerebbe parlare di ripiegamento tattico, non strategico, dato che nel ’62 i voti dei parlamentari missini sarebbero stati decisivi per l’elezione del 4° presidente della Repubblica Segni e che circa 40 giunte locali continuarono, in quegli stessi anni, a vedere la attiva presenza del Msi.

Roma 1964 Befana Missina con Michelini

Il fatto è che il segretario Michelini, che allontanò sempre tentazioni golpiste e eversive dal partito, essendo estraneo a utopismi di sorta e a fughe in avanti, non seppe però convincere l’intera base del partito della lungimiranza del suo progetto, motivo per cui il progetto della Grande Destra avrebbe dovuto attendere decenni prima di andare definitivamente in porto.

Va anche considerato che fu il partito di Michelini, che propose in sede internazionale la nascita di una “Lega Anticomunista mondiale” che effettivamente sarebbe nata in quei termini a Taiwan; proprio in questi giorni è stata nuovamente proposta, dal presidente argentino Milei, una nuova Internazionale Antisocialista o Anticomunista che dir si voglia.

Grazie al realismo strategico di Michelini il Msi venne preso finalmente in considerazione (gennaio 1969) dagli ambienti della destra nazionalista statunitense del presidente Nixon, superando così definitivamente le pregiudiziali antimissine delle precedenti amministrazioni statunitensi; grazie a questo, diveniva più difficile mettere fuori legge – come volevano social-comunisti e neo-azionisti – mettere fuori legge la Destra italiana.  La segreteria Michelini salutò l’insurrezione antimarxista greca dell’aprile ’67 come una vittoria nazionale occidentale contro “la barbarie imperialista marxista-bolscevica” che pochi anni prima aveva spento nel sangue le speranze di libertà nazionale e popolare di milioni di magiari  e l’anno successivo spegnerà quelle di milioni di cecoslovacchi ma comunque l’aprile greco venne rappresentato da Michelini come un fatto interno alla cronica  guerra civile greca e all’instabilità politica ellenica, un fatto sostanzialmente estraneo all’Italia e al Msi che non voleva percorrere una soluzione greca, ma voleva invece realizzare una destra responsabile e popolare di Governo

Non “defascistizzare” ma non restaurare

Michelini non volle “defascistizzare” il Msi, diversamente da ciò che si può leggere anche in testi scientifici come “Il Polo escluso” di Ignazi,  ma avendo “una spiccata sensibilità pratica e politica di tipo machiavellico” (come disse Pino Romualdi in una sua intervista rilasciata a Adolfo Urso nel 1987) era assolutamente contrario a infantili imitazioni antistoriche di gesti e ritualità che se avevano indubbiamente un senso sociale e politico nell’Italia di Mussolini e Achille Starace non lo avevano di certo più in quella del primo compromesso storico (antifascista) di De Gasperi e Togliatti. Il neofascismo era per Michelini impossibile in quanto il fascismo derivava da quella destra nazionale e popolare, anticomunista in tutto il corso del ‘900, da cui derivava lo stesso Msi ma che era storicamente più profonda sia del fascismo che del partito missino. Inoltre Michelini comprese meglio di ogni altro che la Dc – come dichiarò del resto De Gasperi – non era centrista o anticomunista piuttosto era un partito di centro che marciava verso Sinistra e guardava a Sinistra; il Compromesso Storico tra Dc e Togliatti era un fatto storico sancito, il vero nemico della Dc di De Gasperi non era il comunismo Internazionale piuttosto ogni ideale di onore nazionale e di Italia mediterranea egemonista; il Msi non aveva perciò altra via che occupare il campo sociale e politico della destra anticomunista, medio e piccolo-borghese, cercando come detto di portare verso i valori nazionali tutto ciò che si agitava nella “destra” della Dc stessa. Nella visione di Michelini  il fascismo non fu totalitario ma piuttosto autoritario e popolare, come avrebbero poi sostenuto sia De Felice, che Arendt che più di recente Cassese; il fascismo non fu rivoluzionario, ma una controrivoluzione attiva e populista (non reazionaria e passiva dunque) di fronte alla guerra civile internazionale messa in moto da Lenin, nel mondo, dalle Sinistre rivoluzionarie e anarchiche di casa nostra con il famoso e tremendo Biennio Rosso. Particolare attenzione e riconoscimento ricevettero dal Michelini gli studi storiografici di Gioacchino Volpe sul carattere profondamente italiano e occidentale del regime di Mussolini e sulla totale continuità, del fascismo regime, rispetto ai moti nazionali e romantici risorgimentali.

Fu grazie soprattutto a Michelini che la salma di Mussolini, in presenza di Donna Rachele, venne nel 1957 riportata nella natia Predappio. Del tutto fuori contesto la definizione di Michelini quale “liberista”, dato che oramai liberista significa tutto e niente; premesso che il segretario non si dichiarò mai allora “liberista” ma prese di certo di mira il connubio e la zavorra statalista, tra Dc e Comunisti dunque, che gravava sulle piccole e medie imprese italiane, il suo programma sociale era appunto tutto impiantato sulla necessità di modernizzare e snellire la struttura produttiva italiana con una Rivoluzione Manageriale basata sulla piccola impresa e media impresa, soprattutto nel Sud Italia, programma ancora in attesa di esser realizzato a decenni di distanza!

Se il Msi di Michelini era liberista, tali vanno considerati ai nostri giorni anche gli agricoltori texani-americani-canadesi e europei che fanno valere i propri diritti di produttori nelle piazze d’Occidente. Del tutto campata in aria anche l’accusa rivolta al segretario missino di aver trascurato il campo dell’egemonia culturale; fu grazie all’azione – tra gli altri – di Marina Michelini negli anni delle rivolte studentesche e della Sinistra rivoluzionaria dominanante che iniziavano a prender corpo i cabaret di destra e la musica di destra, la segretario Michelini incentivava inoltre l’editoria di destra, le piazze Tricolori  e l’arte Anticomunista.

La morte

Michelini morì a Roma, dopo una grave malattia, il 15 giugno 1969.  Dopo la sua morte, il suo orientamento fu portato avanti dagli esponenti di Destra Popolare (Laffranco, La Russa, Tatarella, Martinat, G. Virzi e il triestino A. Grilz tra i più giovani) e in parte dagli stessi romualdiani; di certo non dai Demo-Nazionali che avrebbero fatto il gioco di Andreotti, del Pci e di quel secondo compromesso storico di cui stiamo purtroppo ancora subendo gli effetti storici e sociali. Non è perciò un caso che Battioni, anima storica del pensiero romualdiano e braccio destro di Pino Romualdi, nel libro di memoria missina più significativa, abbia definito Michelini “il più grande e misconosciuto” leader della Destra popolare nazionale nel dopoguerra (2).

Note

1)Conti, L’anima nera della Repubblica, Laterza 2013, p. 25.

2) L. Battioni, Memorie senza Tempo, Fergen 2009, p. 230.

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Michael Laudrup

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