Heliopolis/18. I timori umani davanti ai Faraoni della Tecnica come Musk e Gates

La paura è fondata. Junger aveva ben colto come l’irriducibilità dell’essere umano stia tutta nella sua implacabile sete di errore

Un formicaio

Esiste una terribile dissonanza fra i sorrisi con cui le istituzioni accolgono figure eccezionali e tremende come quella di Bill Gates o di Elon Musk, ed il timore intimo dell’uomo medio di fronte a questi Faraoni della Tecnica. Alcuni intellettuali ridono di questo timore, giudicandolo sbrigativamente neoluddista. Essi, in quanto intellettuali, immaginano un ticket già pronto per la navicella che li porterà in salvo, su Marte. La loro ironia è la stessa che ha accompagnato ogni più terribile devastazione storica. E forse per alcuni di essi potrebbe anche andare effettivamente così. Non ci è dato saperlo.

Il timore dell’uomo medio è tuttavia fondato. Il nostro buon maestro nelle Api di Vetro ammoniva con freddezza germanica, come “la perfezione umana e il perfezionamento tecnico non sono conciliabili. Se vogliamo l’una, bisogna sacrificare l’altra; a questo punto le strade si separano. Chi di questo è convinto sa quel che fa in un senso o nell’altro”.

La capanna nel bosco

Ecco, ciò che un po’ fa rabbia è di non aver avuto ancora né il tempo né i soldi per la costruzione del nostro capanno nel bosco. Che, ci rendiamo conto, rappresenta la tipica ansia americana: fioccano i corsi di prepping, surviving, ecc. Ma sarebbe alquanto sciocco psicanalizzare tutto questo senza osservare dall’alto l’evolversi delle cose. Il capanno nel bosco rappresenta, infatti, la contro-ironia intellettuale: sarebbe buffo vedere esplodere i razzi partenti verso il cielo, allorquando la guerra civile giungesse, per miracolo divino, nella sua fase pacificatoria.

La paura

Ma dicevamo: la paura è fondata. Junger aveva ben colto come l’irriducibilità dell’essere umano stia tutta nella sua implacabile sete di errore. L’uomo sbaglia. Non sarebbe al contempo arbitro e vittima del Divenire se così non fosse. Non sarebbe libero. “Non vogliamo un mondo ben costruito…”. E’ dunque massimamente naturale per chiunque senta ancora una qualche connessione con l’Universo atterrire difronte alla perfezione della Tecnica portata sulla tavola, assieme al Tg; il boccone resta ovviamente indigesto. La mano scivolerebbe verso l’elsa della spada, se fossimo in altri tempi. 

La Tecnica infatti non ammette errore. Il calcolo è partito. Ineluttabile. Chi accoglie il Faraone sorride di un sorriso disperato. Quanti posti di lavoro potrò salvare? Pensa. Quante famiglie? Quanti posti letto? E qui non c’è ironia. C’è la paura della totale inconsistenza del proprio sforzo. Come Don Chisciotte senza follia, l’uomo senza errore è un essere impaurito, sfranto, annichilito. Il suo unico mantra “non sbagliare – non sbagliare – non sbagliare” lo incatena assai peggio del povero Prometeo.

Si perché mentre il nostro buon Titano agiva per arroganza, vilipendio e libertà, noi altri agiamo per solo istinto di conservazione. E’ qui che il parallelo jungeriano fra Stato Mondiale e mondo degli insetti, trova il suo effettivo dispiegarsi: senza libertà agiremo di un agire tanto condizionato quanto perfetto, coerente, a-storico. Sano. 

Forse sarà nostro figlio a vederlo, questo Stato Mondiale. O forse, se ne avrà la forza, sarà suo nipote. Il Maestro aveva in esso un cauto ottimismo: una sorta di speranza marxiana ed eraclitea. Il formicaio sarebbe potuto diventare, in fondo, la nuova età dell’oro. Un poco ci speriamo anche noi.

Nel frattanto prepariamoci ad una carneficina senza pari. Gaza moltiplicata mille volte. La Tecnica non ammette disfunzione.

@barbadilloit

 

Giacomo Petrella

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