Il punto (di G.Pucci). Ecologia e i limiti del no alla modernizzazione tecnologica

Senza una strategia alternativa alla modernizzazione tecnologica della grande finanza, le nostre battaglie tattiche del no ai disastri non conquistano spazi nuovi ma fermano o rallentano solo per un po’ i danni sempre banalizzati dietro la pubblicità ideologica del progresso

Elettromagnetismo

Scusate la mia riflessione che qui faccio in conseguenza di questa approvazione in parlamento dei nuovi limiti o dell’abolizione di ogni limite di elettromagnetismo.

Sono oramai più di 50 anni che assisto a varie forme di opposizione motivate dalla difesa della salute umana e ambientale. Alcune hanno momentaneamente successo e ci danno ottimismo, altre no, ma tutte prima o poi ritornano fuori per essere vinte dalla logica avversaria nostra e del buon senso. Noi in queste battaglie prendiamo sempre, come sarebbe logico in una democrazia, come interlocutori le istituzioni politiche che però verifichiamo ogni volta che sono dominate, salvo eccezioni individuali che per coscienza si assumono il rischio o da opposizioni minoritarie che quando diventano maggioranze passano dall’altra parte, dai grandi o grandissimi gruppi finanziari, industriali ecc.
L’opposizione ai disastri politicamente si situa sul piano della tattica, quando vinciamo lo spazio resta scoperto per pochi o tanti anni ma quello scoperto viene riempito prima o poi dall’unica strategia esistente che è quella della tecnologia amorale guidata dal profitto che è usuraio, non solo perché pretende dei profitti sempre più alti dell’ordine del 100%, o del 1000% ecc., ma anche perché usura la nostra salute e saccheggia la natura, usurandola appunto.
Senza una strategia alternativa alla modernizzazione tecnologica della grande finanza, le nostre battaglie tattiche del no ai disastri non conquistano spazi nuovi ma fermano o rallentano solo per un po’ i danni sempre banalizzati dietro la pubblicità ideologica del progresso.
La strategia dello sviluppo di un’economia fondata sull’ecologia deve essere territoriale, come trasformazione della vita di uno o più territori in rete e deve avere una base comunitaria, saltando completamente le vecchie famiglie politiche di destra e sinistra con le loro arcaiche ideologie da post rivoluzione francese. La comunità, l’amicizia, la fiducia, l’unità nella diversità deve aggregarsi su una serie di obbiettivi capaci di disegnare e motivare nella massima biodiversità, in uno spirito da società senza classi.
Il primo obbiettivo di una strategia territoriale è la libera coltivazione umana della terra, libera da ogni forma di inquinamento e in modi nuovi, anche part-time, affinché tutti partecipino alla liberazione del territorio e imparino il linguaggio dell’esperienza diretta, dell’uso dei 5 sensi e di non pendere sempre dalle labbra degli esperti che troppe volte sono stati catechizzati da un’educazione universitaria finanziata dall’ideologia dei soliti centri di usura.  Entrare nel movimento dell’agricoltura e artigianato contadino insieme a una comunità territoriale in un territorio con dei confini di almeno 10mila ettari, può introduci in altri modi di pensare e agire direttamente, costruendo una sovranità popolare crescente in quel territorio, che passa da una conoscenza che né i politici né i tecnici possiedono. Da questo processo possono nascere nuove invenzioni sia tecniche, che artistico simboliche, capaci di darci nuove forme di identità e nuove rappresentazioni della realtà che possono investire l’intero arco della creatività artistica, musicale, museale ecc. Il punto di partenza è la comunità di amicizia e intenti, la sua unità e continuità, capo di formarsi una cultura, una memoria, una visione di governo di quel territorio.
Credo che dovremmo cominciare a metterci d’accordo e a chiedere l’accordo, non le firme, di tutti i gruppi, comitati, associazioni, movimenti ecologici su una serie di obbiettivi per liberare l’agricoltura contadina come nostro primo passo per la costruzione di una strategia. Una volta che abbiamo una o più territori di minimo 10mila ettari potremo studiare il modo di difenderli e sovranamente dichiarare con la non-violenza :qui le antenne non ci vengono. Una cosa da studiare è qualche forma di comunicazione diretta fra noi che non passi dai computer e dai telefonini. Ma non ci sono solo le onde elettromagnetiche: costruire un’economia fondata sull’ecologia è un programma che richiede i neuroni e la gioia di vivere di tantissime persone diverse.
Giannozzo

Giannozzo Pucci

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