Heliopolis/15. La destra tra anima, sacro e realtà quotidiana

Riscopriamo il sentimento di nostalgia, anzi, di memoria, che l’anima percepisce in modo sconnesso fra la sua origine, ferma, immutabile, eterna e giusta ed il suo caracollare altalenante e faticoso nel divenire

Sironi, Il Costruttore

Se oggi mi considero ancora un uomo di destra, è perché sono un uomo di destra. Lapalissiano, in quanto risulta difficile spiegare ciò che in realtà non è possibile spiegare a parole: in buona sostanza è il sentimento di nostalgia, anzi, di memoria, che l’anima percepisce in modo sconnesso fra la sua origine, ferma, immutabile, eterna e giusta ed il suo caracollare altalenante e faticoso nel divenire. E’ quel che l’iniziato Platone tenta di spiegare al giovane Fedro in una infuocata giornata d’estate: esiste un equilibrio irrazionale, noetico, fra l’Essere, l’Idea suprema, lassù nell’oltrecielo, e l’esistente corporeo di quaggiù. Attimi di sfolgorante poesia (descritta benissimo da Davide Susannetti ne Il Talismano di Fedro – Carocci), grazie ai quali è possibile ricordare, uscire per un attimo dalla tristezza della malinconia, e sfuggire l’illusione del materiale, confondere i piani, mescolarli, far vibrare l’Anima tanto da perdere tristezza e vertigini, uscire. Vedere, insomma, Dio. Poi tutto ricomincia, l’attimo dello Zen si perde, rumori, richieste, ancora il divenire, ancora, sopra ogni cosa, il fluire tragico del denaro.
L’uomo di destra è, quindi, un uomo tragico. E’ un uomo nel mondo ma non del mondo. E’ l’innamorato. E per la precisione è l’innamorato di sapienza, il più innamorato di ogni innamorato, poiché l’oggetto del suo tendere, non può essere qui. Lo conosce, lo ha già visto; anzi la sua anima è un pezzo di esso. Ma non vi si può accostare. L’uomo di destra si pone così come un asse fra i piani, come ordinatore di questo immenso dolore; immagina irrazionalmente il cosmo di lassù, e tenta con tutte le sue forze di riportarlo qui. Lo intravede nella natura, lo riflette, lo crea nella sua società. E’ uno sforzo immane. Il senso del tragico decuplica. L’uomo di destra piange, odia, ama, cade, si rialza. Trasmette. Una sola cosa lo porta oltre: quella nostalgia, quella memoria di una casa dell’Anima.
Per questo motivo detesto ogni forma di ostentato ottimismo, di grossolana partecipazione al realismo del “così va il mondo”, del “così conviene”; detesto, con Pound, il capitalismo come annegamento della memoria, come razionalizzazione finanziaria, quindi totale e smisurata, del divenire, come disumanizzante annientamento dell’anima nel roteare quotidiano del bisogno materiale, freddo, sicuro e sorridente.

Non ridiamo per vendere

No l’uomo di destra non ride per vendere. E’ alieno ad ogni marketing, ad ogni posizionamento. E no, non esiste una cultura di destra “del mondo che ora c’è”. Se davvero oggi governasse la destra un autore sensibile e dilaniato partirebbe dal San Sebastiano di Guido Reni, nascosto in un museo di Genova, per raccontare l’amore tragico di Yukio Mishima; la sua folle passione per la verità ultraterrena; il vibrare dell’anima per la bellezza, nell’ordinato dominio dei sensi; la delicatezza e la potenza del pensiero, dei gesti, della disciplina; la virilità e la passione erotica dell’omosessualità quale nascosto discorso divino ( a proposito di Fedro). Il coraggio di rinunciare alle lusinghe degli uomini per amore degli dei.
O forse, se davvero governasse la destra, un altro autore scriverebbe un copione straordinario sul dolore maschile del vivere in una società senza dio, senza giustizia, senza valori e riconoscimenti, se non quelli del conto in banca, mescolando agli scenari postmoderni delle nostre devastate città multietniche i pezzi altissimi e mortificanti di Fuoco Fatuo, di Gilles, mischiati alla potenza blasfema e pornografica di Céline prima, Houellebecq dopo. Forse un autore di siffatta tragica potenza malinconica potrebbe ben spiegare il dramma del maschio devirilizzato ai tempi del matriarcato dominante nei posti chiave di comando di tutto l’occidente.

Corridoni cavaliere moderno 

Ed infine, se davvero governasse la destra, un insieme di autori sarebbe ben in grado di raccontare in una fiction colossale, l’epopea di un popolo attraverso la figura totalizzante di Filippo Corridoni, l’archetipo del cavaliere moderno di massa, l’arcangelo del lavoro, il sindacalista rivoluzionario, il soldato. Ah quale impatto visivo, emotivo, di una nazione intera che per poche ore ricorda, riconosce il valore del sacrificio individuale e collettivo teso a riportare l’Ordine, il Giusto, il Bello di lassù, anche se in modo mortale e vano, un poco anche quaggiù.
Ma non vedremo mai nulla di tutto ciò; perché la destra che si è fatta realtà è oggi vincente, convincente, sorridente, ottimista e guarda con disagio al dolore esistenziale del mondo come ogni donna guarderebbe con preoccupazione alle defiance del marito. Al massimo sarà concessa un po’ di erudizione, lo sfoggio di qualche antenato meno imbarazzante degli zii più prossimi, e molto manierismo.
Marketing, posizionamento.

Giacomo Petrella

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