Segnalibro. Medico affermato, 50enne e cinico, cerca una vita nuova: “L’orsacchiotto” di Simenon

E' un romanzo avvincente (Adelphi) su un uomo che non ha fatto ancora i conti con se stesso e il suo passato

L’orsacchiotto di Georges Simenon

Lui è un professionista cinquantenne affermato, Jean Chabot, ginecologo parigino famoso, ricco comproprietario di una clinica, la Clinique des Tilleus, e primario del Reparto Maternità dell’ospedale di Port-Royal, un appartamento di dodici stanze al Bois de Boulogne, una bella moglie, Christine, tre figli e una segretaria-amante, Viviane Dolomeu, che conosce bene il suo lavoro e risolve tempestivamente ogni seccatura che possa alterare l’equilibrio del professore. Per tutti lui è l’uomo forte, che dispensa consigli e sicurezza, benessere e salute fisica e morale. Non poco per un professionista al quale tutti raccontano le proprie pene, le proprie ansie, e lui rincuora, consiglia ed è sempre più ammirato. Insomma, un uomo appagato, che non ha altro da chiedere alla vita, una vita ricca di tutto. Eppure Jean Chabot sente in sé un profondo vuoto, un qualcosa di incompiuto, non definito. Dorme male nella sua stanzetta ricavata da un ampio ripostiglio, e si sente solo in quel passare dei giorni che sembrano tutti uguali e gli procurano una sorta di smarrimento e solitudine. Senza volerlo il suo pensiero corre all’ultima “seccatura” che la segretaria Viviane gli ha evitato. Si tratta di una ragazza alsaziana, un’inserviente della clinica, che una notte lui prese mentre era nel dormiveglia. Una ragazza dal comportamento quasi infantile, non certo una donna di esperienza. Una giovane donna così innocente da far pensare a un orsetto di pelouche, un “orsacchiotto”. La segretaria efficiente la fa licenziare e dopo qualche mese il suo corpo senza vita affiora nella Senna. Era incinta. Chabot si mostra indifferente. Simenon con questa narrazione dà uno spaccato della vita di quest’uomo rendendolo ridicolo, inesistente nonostante l’alta società parigina lo ritenga un personaggio molto in vista. E’ un essere umano che non si fa scrupoli e mette in primo piano le sue azioni anche se danneggiano gli altri o non hanno un senso compiuto, anche se sono tradimenti senza senso, fini a se stessi.

Ma forse, inizia a pensare Chabot, alla ragazza è collegato il fatto che un giovane, il fidanzato? un fratello?, senza neppure nascondersi lascia sotto il tergicristallo dell’auto del luminare un biglietto con su scritto “Ti ucciderò”. Forse per timore o per mancanza di sicurezza o forse ancora per sentirsi più forte da un certo periodo di tempo in poi porta con sé una pistola che solitamente è custodita in un cassetto della scrivania. Ma non ha paura di morire. Vuole solo andare fino in fondo nel suo animo per capire meglio se stesso. Georges Simenon dimostra ancora una volta la grande capacità di scavare nella psiche dell’uomo, con lo scopo di svelare l’anima di ogni uomo a sé stesso.

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Manlio Triggiani

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