Focus (di G.Marocco). La guerra russo-ucraina a 14 mesi dall’inizio

Per la Russia è stato un crimine, un bagno di sangue, un errore; per l'Ucraina una tragedia; per l'Europa una rovina; per la Cina un affare; per gli Stati Uniti una cinica illusione geopolitica e militare di successo (nel breve periodo). Come venirne ora fuori?

Una cartografia della guerra Ucraina-Russia

Non è certo la prima volto che ce lo domandiamo. Senza, ovviamente, trovare una possibile risposta. Varie volte abbiamo immaginato cose poi non verificatesi. Succede. Di natura chi scrive non è un ottimista: che non sa tuttavia rinunciare a sprazzi di ottimismo. Prego tenerne conto. Così come dei circa 370mila (?) morti dell’attuale conflitto; degli 800 milioni di condannati alla fame cronica (su una popolazione mondiale di circa 8 miliardi di persone; quando nacqui, nel ’49, 1,9 miliardi) che pagherebbero un prezzo insostenibile per l’eventuale blocco delle esportazioni ucraine di grano, minacciato da Mosca a causa dall’esclusione della Russia dal sistema di pagamento internazionale Switf e del boicottaggio di materie prime russe. Da noi ‘servitorelli atlantici’ sciaguratamente accolto ed incoraggiato. E del contrasto globale Est-Ovest, che a noi ben poco di buono pare riservare.

Ne abbiamo lette tante sul conflitto, Putin, Zelenski, quasi di ogni sorta ed ancora le leggeremo. Inutile ricordare che gran parte dell’informazione di cui disponiamo è tipo ‘Radio Londra’, cioè filtrata dalla propaganda Washington-Bruxelles o dall’autocensura. Con tanti volenterosi áscari all’opera: noi italiani sgomitando. Ricordiamo ora, semplicemente, alcuni momenti nel periodo dal 24 febbraio (anniversario dell’invasione russa) ad oggi e non perchè il quadro generale sia molto mutato nel frattempo. O forse sì. Stan cambiando alcune sensazioni. Oggi l’Occidente pare in affanno: non dipende da qualche porzione di terra ucraina. C’è paura. Rammentiamo, en passant, di essere entrati in un’epoca postmoderna, le cui dinamiche la presente guerra ha accelerato. L’epoca moderna era quella degli Stati-nazione, che Carl Schmitt definiva “il secondo nomos della Terra”, iniziato con la scoperta del Nuovo Mondo ed il Trattato di Westfalia (1648), conclusosi con la WWII. Il “terzo nomos” il periodo della “Guerra Fredda”. Oggi, nell’epoca postmoderna, abbiamo probabilmente fatto ingresso nel “quarto nomos“ (dimentichiamoci pure Dugin e De Benoist): gli Stati-nazione appaiono declinanti, affiorano i grandi insiemi continentali. Il conflitto tra l’unilateralismo ed il multipolarismo, in una tenzone geopolitica tra forze egemoni e realtà emergenti, non solo militarmente, che ripropone copioni della Guerra Fredda. 

Scriveva Fausto Biloslavo quel 24 febbraio 2023 su Insideover:

“Non esistono dati ufficiali forniti dal governo di Kiev, ma si stima che i soldati ucraini morti in quest’anno di guerra siano oltre 100mila. Sarebbero il doppio, invece, i militari russi caduti in battaglia. Dall’inizio dell’invasione russa, in Ucraina hanno perso la vita circa 7.200 civili. I feriti sono quasi 12mila. Dall’inizio dell’invasione russa, gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina circa 27 miliardi di dollari in aiuti militari. Dall’Ue sono arrivati a Kiev altri 30 miliardi in aiuti militari e umanitari. Un’analisi del Guardian mostra che, dopo aver occupato circa 132mila kmq di terra ucraina, la Russia ne ha perso un quinto. Ora controlla 103mila kmq, nel Sud e nell’Est, pari al 17% dell’Ucraina. Secondo l’Onu sono circa 8 milioni le persone fuggite dall’Ucraina”.

Secondo Biloslavo:

“L’offensiva russa avanza lentamente e con un enorme numero di perdite. Per il 24 febbraio gli invasori non sono riusciti a conquistare Bakhmut, la Stalingrado ucraina, attaccata da mesi. Tutti ne parlano, ma arrivarci è un incubo. I russi sono a duecento metri dal centro ridotto ad una desolazione di macerie. Soldati e civili vivono rintanati negli scantinati dei palazzi sbrecciati dalle bombe, come a Stalingrado durante la seconda guerra mondiale”. 

Nazarenko, un vicecomandante della Guardia Nazionale ucraina dirà: ‘Ogni ora a Bakhmut è come l’inferno’. L’unità mercenaria Wagner di Prigozhin, rafforzata da reclutati dalle prigioni, ai quali verrebbe imposto di assalire le postazioni ucraine ‘armati solo con fucili e pale’, per la scarsità di munizioni a disposizione delle forze russe, vi perderebbe circa 500 uomini al giorno. Così gli ucraini.

Bakhmut non è ancora (oggi 5.5.2023) totalmente caduta in mani russe.

Il 21 febbraio scorso, nel suo Discorso sullo Stato della Nazione, il presidente Vladimir Putin affermava orgogliosamente: “Faremo di tutto per vittoria, abbiamo armi più potenti Occidente”. In effetti, con 5.977 testate la Russia ha l’arsenale nucleare più grande al mondo, secondo quanto certificato dalla Federation of American Scientists. Più 977 testate strategiche aggiuntive ed altre 1.912 testate tattiche. Non a torto, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, riportando il pensiero del Papa, sottolineava al riguardo il rischio di un Armageddon nucleare. “Solo la politica”, diceva il porporato nel suo intervento all’inaugurazione dell’Anno Accademico a Roma Tre: 

“Crea un quadro comune, allontana ciò che divide, rende più umani. E la politica sa e può usare la diplomazia ed anche i tanti modi per preparare il terreno, creare le convergenze che permettono la pace. Mi ha colpito con preoccupazione come al Parlamento Europeo una Risoluzione che sollecitava l’apertura di un negoziato sia stata rigettata da 470 voti su 630. Come un segnale della rinuncia della politica e la negazione di una pace che non sia solo la vittoria di una parte”.

In quei giorni il nostro Premier Giorgia Meloni era a Kiev, a ribadire le discutibili tesi che ‘la lotta di Kiev è come il Risorgimento dell’Italia’ e ‘con l’Ucraina fino alla fine’. Più volte Giorgia si commuove nelle tappe di un viaggio iniziato alla stazione di Kiev e terminato in serata, di nuovo sul treno che la riportava in Polonia. A Irpin cammina tra le macerie, e sulla bandiera ucraina scrive con un pennarello At your side!: il leitmotiv del suo viaggio, ripetuto alle autorità locali, al Presidente Volodymyr Zelensky, ai volontari italiani. La condanna dell’aggressione russa è netta, assoluta.

Ha scritto su Adnkronos il 23.2 Fabio Insenga, ‘Un anno di guerra: tutto quello che è cambiato’: 

“Gli equilibri globali, le conseguenze politiche e quelle economiche, la percezione dell’opinione pubblica. Una sequenza di notizie sempre più gravi ha scandito la cronaca di una guerra che ha riportato in Europa la morte, la paura, la sofferenza imposte da un conflitto, non solo una delle tante guerre ‘degli altri’. È una guerra europea, che pesa sul futuro dell’Europa. Le conseguenze sono evidenti su tutti i fronti: quello degli equilibri internazionali e delle forze in gioco a livello geopolitico, quello economico e quello sociale, con la corsa dei prezzi, quello politico a livello nazionale. Non si è sciolta e anzi si è infittita la nebulosa che riguarda il possibile epilogo del conflitto. Con una ricaduta sui rapporti tra mondo occidentale e mondo orientale, con l’asse, che resta solido, tra Russia e Cina. Ed il rischio di lungo periodo è che si possa chiudere il dialogo, tornando a una rigida separazione delle sfere di influenza e degli spazi economici. L’idea stessa della pace ha subito una trasformazione. Uscendo dalla logica del pacifismo il dibattito si è mosso sulla ‘pace giusta’. Si è rafforzata la consapevolezza che la fine della guerra con una vittoria della Russia sarebbe un precedente pericoloso. Difficile immaginare fino a che punto si possa spingere la resistenza ucraina, e dell’Occidente che la sostiene, evitando che il conflitto diventi mondiale”.

Tesi, quella del rifiuto aproristico, inaccettabile di una vittoria russa, percepita come una minaccia agli equilibrî globali, che personalmente rigetto. Il Piano di Pace della Cina, in 12 punti, presentato in quei giorni esordiva con “Bisogna tenere conto delle preoccupazioni ragionevoli di tutte le parti”, nella speranza di creare il terreno più ampio possibile per la comunità internazionale sulla questione ucraina. Ovviamente subito cestinato da Washington e da Bruxelles. “La Cina non ha presentato un piano di pace”, bensì “dei princìpi”, che “vanno visti su uno sfondo specifico: lo sfondo è che la Cina ha scelto una parte, firmando per esempio un’amicizia illimitata” con la Russia, “appena prima l’inizio dell’invasione dell’Ucraina”, ha chiosato la zelante Presidente della Commissione Europea von der Leyen. Con questa logica, però, quasi nessuno avrebbe titoli per sbozzare un Piano di Pace… L’impressione, notava realisticamente Lorenzo Vita su Insideover del 27.2: 

“è che al momento la diplomazia non riesca a fare breccia nemmeno su come orientare i possibili sviluppi della guerra. Le armi si confermano l’unico vero strumento di comunicazione tra le parti e il futuro della guerra è sostanzialmente delegato alle vittorie sul campo e alle forniture di mezzi e armi ai due eserciti. Washington ha bocciato il velleitario ‘piano di pace’ cinese per l’Ucraina ed ha anche accusato Pechino di sostenere militarmente Mosca”. 

Ben argomentava, a mio avviso, Marco Zacchera, varie volte deputato AN e PDL, sindaco di 

Verbania, su Il Punto del 24 febbraio:

“Dopo che Europa ed USA hanno investito miliardi di euro nessuno ritiene sia giusto abbandonare l’Ucraina, ma perché non si deve cercare con ogni via anche un percorso di pace e intanto muoversi almeno per chiedere un armistizio provvisorio? Possibile che l’Europa non pensi a qualche iniziativa per cercare un minimo di pace? Eppure quotidianamente si parla solo di nuove forniture belliche, con il segretario NATO Stoltenberg o il commissario europeo Borrell (ndr: il padrino di Di Maio) che sono solo capaci di invocare nuove armi. E poi chi controlla l’Ucraina e la gestione degli aiuti?  Dov’è la trasparenza delle forniture in uno dei paesi tra i più corrotti ed infiltrati dalle mafie?”

 E due mesi più tardi, il 21.4, egli ribadirà, in evidente disaccordo col Governo Meloni:

“La guerra in Ucraina è scivolata tra le notizie ‘brevi’: dopo 14 mesi non fa più notizia, ma si continua a morire ed a sapere troppo poco sulla verità dei fatti. Trovo inaccettabile che l’Italia mandi armi e non chieda almeno un armistizio, una tregua – che non riconosca nuovi territori a Putin – ma permetta l’avvio di una trattativa di pace. L’Europa dovrebbe volerlo, avviare qualche trattativa concreta e invece nulla: ‘eutanasia della sovranità’ di un intero continente”. 

Il 26.2 Putin, accusando i Paesi occidentali di essere complici dei ‘crimini’ commessi dall’Ucraina, in un’intervista alla televisione di Stato Rossiya, minacciava: 

“Forniscono miliardi dollari di armi a Kiev, partecipano al conflitto. Nelle condizioni attuali, con i Paesi Nato che hanno dichiarato che il loro obiettivo principale è infliggerci una sconfitta strategica, come possiamo ignorare le capacità nucleari? L’Occidente invia decine di miliardi di dollari di armi all’Ucraina, questo è partecipazione al conflitto. Questo nuovo mondo che sta emergendo si sta costruendo unicamente nell’interesse di un solo Paese, gli USA. I loro tentativi di riconfigurare il mondo dopo la caduta dell’URSS hanno portato a questa situazione: siamo costretti a reagire”.

Non a torto il Ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, affermava: ‘L’Occidente vuole trasformare la Russia in uno Stato-canaglia’. Ed il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, alla Tass, giustificando la decisione di Putin di congelare la partecipazione russa al New Start, trattato sulla riduzione delle armi nucleari: “L’intelligence della Nato lavora contro la Russia 24 ore al giorno e le sue armi vengono consegnate all’Ucraina a titolo gratuito per sparare contro l’esercito russo e contro i cittadini, le città ed i villaggi ucraini. Mosca non rinuncerà mai alle 4 regioni annesse a settembre, non potrà mai fare compromessi su questo. Non ci sono condizioni per pace” (Andkronos del 28.2).  E la Crimea non tornerà a Kiev…  

 Il successivo 6 marzo il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, in una teleconferenza con i comandanti militari, ribadiva che la cattura della città industriale di Bakhmut era la chiave per lanciare un’ulteriore offensiva nella regione di Donetsk. Il 14.3 Putin dichiarava durante una visita ad una fabbrica dell’aviazione nella regione orientale della Buriazia, che la Russia stava combattendo:

”per la sua sopravvivenza. Una lotta per la sopravvivenza dello Stato e per creare le condizioni per lo sviluppo del Paese e per il futuro dei nostri figli. Molti di noi, e ancora di più i Paesi occidentali, hanno scoperto che le basi della stabilità di Mosca sono molto più forti di quanto si pensasse prima. La Russia è diventata più forte e sovrana (…) siamo arrivati alla situazione attuale perché sul Donbass ci hanno preso in giro e hanno ignorato i nostri appelli a risolvere la situazione in modo pacifico. Abbiamo cercato per otto anni di convincere i nostri cosiddetti partner a risolvere il problema del Donbass in modo pacifico, ma ora si scopre che ci hanno semplicemente ingannato”. 

Lo stesso giorno la tensione aumenta per lo scontro tra un jet russo Su-27 ed un drone MQ-9 degli Stati Uniti nello spazio aereo internazionale sopra il Mar Nero. Per la Casa Bianca: “Atto sconsiderato”. Per Mosca: “Drone caduto da solo per una manovra errata”. La vicenda non ha seguiti.

Il 17.3 la Corte Penale Internazionale dell’Aja  emette un mandato d’arresto contro il presidente Vladimir Putin, e la Commissaria per i Diritti dei Bambini, Maria Lvova-Belova, per la deportazione di bambini ucraini dalle zone occupate. Tale deportazione equivale ad un crimine di guerra, secondo la Commissione d’inchiesta Onu sull’Ucraina. Per Kiev sarebbero oltre 16mila i bambini deportati in Russia. I trasferimenti dovrebbero essere temporanei, ma “la maggior parte diventano prolungati”. Il loro piazzamento in famiglie adottive mira a “creare una cornice nella quale alcuni bambini rimarranno permanentemente in Russia”, secondo il rapporto di detta Commissione. Indignate le proteste di Mosca. Fragorosi, ovvio, gli applausi del buffo Zelenski, con le ragioni dell’aggredito, ma pure carnefice del suo popolo. Ripesco la mia reazione, a caldo, nell’archivio/diario informatizzato:

“E adesso la Corte Penale Internazionale vuole ‘processare’ Putin! Quel papocchio teoricamente erede di Norimberga 1946 è entrato in vigore nel 2002, chiesto a gran voce dal sinistrume liberal, marca NYT e Guardian. Significativamente gli USA (il cui Presidente G. W. Bush sarebbe stato il primo a doversi processare), come del resto Russia e Cina, non vi aderiscono. Così che paradossalmente, o non tanto, uno strumento creato per colpire i nemici di USA ed Israele, per permettere agli USA la base Camp Bondsteel nello Stato-marionetta Kosovo, non è riconosciuto proprio dai principali beneficiari! Non sia mai che qualcuno osi mettere sotto accusa le rappresaglie di Israele… La sfacciataggine ed arroganza di Biden & Co. non hanno più alcun limite, neppure del minimo pudore”.

A febbraio Maia Sandu, presidente della Repubblica della Moldavia, ha accusato Mosca di tramare per rovesciare con un golpe il governo del Paese, aizzare disordini e farne deragliare le aspirazioni a entrare un giorno nell’Unione Europea, mettere il Paese ‘a disposizione della Russia’.

Emanuel Pietrobon ha pubblicato un interessante articolo su Insideover dell’11 marzo 2023, 

‘Dalla Moldavia alla Georgia: l’arco di crisi intorno all’Ucraina’: 

“Lo scrigno di Pandora è stato aperto da Putin il 24.2.22 ed i mali che ivi erano contenuti adesso vanno spargendosi nei ventri molli del sistema internazionale. La Russia ha un insieme di spettri da agitare, dalla Moldavia al Caucaso meridionale, alla Serbia-Kosovo, nel contesto della riduzione del coinvolgimento occidentale in Ucraina. Il superarco di crisi europeo ribolle, ma non scoppia. La Cina vorrebbe evitare l’espansione del superarco di crisi in Asia e nelle acque circostanti, l’Indo-Pacifico, ché la posta in palio, il ‘Secolo cinese’, non consente né giochi d’azzardo né passi falsi. Nella visione di Pechino, la Pax Sinica potrebbe essere la panacea ai mali liberati da Putin con l’apertura dello scrigno ucraino. Perciò l’Iniziativa di Sicurezza Globale. Perciò la rivitalizzazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Perciò il piano di pace per l’Ucraina. E perciò il sabotaggio dell’Alleanza di Abramo, rappacificando i due pilastri antitetici del Medio Oriente (Riad e Teheran) nel nome della Trinità dalle caratteristiche cinesi: ‘Nuova via della seta, Iniziativa di Sicurezza Globale e Petroyuan’. Orizzonte spazio-temporale la dedollarizzazione e la deoccidentalizzazione. Nella visione di Pechino, la sponsorizzazione della Pax Sinica va di pari passo con la prevenzione delle mosse di Washington e la costruzione di un contro-accerchiamento. Un tit for tat (occhio per occhio) all’interno di un gioco molto più grande, la Terza guerra mondiale in frammenti, del quale il superarco di crisi è l’ultimo parto in ordine di tempo”.

Scorrendo l’Andkronos siamo informati, il 19 marzo, che la Russia accoglie con favore la disponibilità della Cina ad aiutare a risolvere la crisi in Ucraina. Putin si appresta ad accogliere Xi Jinping a Mosca  dal 20 al 22 marzo. “La Russia” – dice Putin al Quotidiano del Popolo – “è grata alla Cina per una linea equilibrata sulla situazione in Ucraina, per aver compreso i retroscena e le vere ragioni. La visita del presidente cinese Xi Jinping a Mosca è una pietra miliare, a conferma della natura speciale delle relazioni tra i nostri due Paesi. Le relazioni tra Russia e Cina sono oggi la pietra angolare della stabilità globale e un modello di cooperazione armoniosa. Il gasdotto Power of Siberia tra Russia e Cina  è diventato ‘l’affare del secolo’ per le sue dimensioni”. Il 21.3 leggiamo sul sito che Putin ha accolto Xi nella Sala di San Giorgio del palazzo del Cremlino, dove sono stati suonati i due inni nazionali. E dove il presidente russo non ha perso l’occasione per ripetere che “la Russia è pronta a negoziati”, ma che gli USA ed i Paesi europei “impediscono all’Ucraina di negoziare”. Putin e Xi si sono poi riuniti nella Sala di Caterina per colloqui in formato ristretto, successivamente allargati alle due delegazioni. Xi Jinping ha fatto sapere di aver invitato Vladimir Putin per una visita in Cina da organizzare quest’anno. Nel 2023, in base agli accordi poi sottoscritti, l’esportazione di gas naturale dalla Russia alla Cina, con il gasdotto Power of Siberia crescerà del 50% passando da 15 miliardi di metri cubi a 22 miliardi; entro il 2027 lo stesso gasdotto dovrebbe trasportare verso la Cina ben 38 miliardi di metri cubi. Leggo nuovamente nel mio Diario:

“Intanto, mentre ci balocchiamo con le stupidate della CPI, i colloqui odierni del Cremlino, tra Xi e Putin, ci confermano quanti autogol l’Occidente stia segnando nella propria rete, ogni giorno di più… Kissinger era riuscito a ‘staccare’ Pechino da Mosca, con la fine dell’intervento USA nel sud-est asiatico ed il riconoscimento pieno dalla Cina Popolare, 50 anni fa. Joe Biden e gli sciocchi áscari europei, ben simbolizzati dall’impresentabile trojka, han fatto ora esattamente il contrario, saldando i due giganti euroasiatici e spalancando loro le porte del Terzo Mondo. Un capolavoro di Realpolitik al contrario, un inno al masochismo politico ed economico, un trionfalistico e prolungato esercizio di tutto ciò che non si dovrebbe fare in geopolitica…Nel 1919 gli angloamericani volevano imbastire all’ex Kaiser tedesco Guglielmo II un bel processo quale responsabile della WWI, con assai prevedibile esecuzione capitale finale. La regina Guglielmina d’Olanda, dove l’imperatore aveva trovato rifugio, a Doorn, convocò gli Ambasciatori e li mandò subito a… ca..mminare”.

Lo stesso giorno il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, lanciava un sasso nello stagno, che non smuoveva, tuttavia, le ‘granitiche certezze’ della nostra donna-forte:

“Siamo preoccupati per come stanno andando le cose sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina. Il problema non è il sostegno militare all’Ucraina, ma una corsa ad armamenti sempre più potenti, con il rischio di un incidente da cui non si possa più tornare indietro. Siamo certi che una escalation del conflitto riuscirà a tenere lontana la guerra dall’Europa e dal nostro Paese?”

Si chiedeva, con un chiaro riferimento alle parole di Giorgia Meloni, che proprio quella tesi  sostiene (le armi le inviamo anche per tenere lontana la guerra da casa nostra): 

“Davvero qualcuno pensa di sconfiggere militarmente la Russia? La storia dovrebbe insegnare qualcosa e chi dimentica la storia è condannato a ripeterla. Che libertà è quella che criminalizza qualsiasi idea che si discosti anche di un millimetro dal pensiero dominante? Assomiglia più a una dolce tirannia”.

Contemporanamente la Gran Bretagna annunciava che avrebbe fornito all’Ucraina proiettili all’uranio impoverito. Mosca critica aspramentela decisione. Dmitri Medvedev afferma nuovamente: “Occidente porta l’umanità verso Armageddon”. Da noi, Domenico Quirico, su La Stampa del 23.3 prendeva a ceffoni, impietosamente e senza sconti, ‘l’imperialismo dei pezzenti’ dei britannici: 

“Lenin lo definiva l’imperialismo dei pezzenti. Perfetto. Sono coloro che non hanno i mezzi ma vorrebbero, hanno arsenali e borsellino vuoti, i bluffatori, i rospi della politica internazionale che si gonfiano per sembrare più grossi. Gli europei stanno entrando in guerra facendo finta di non sapere che la pace su questa via è possibile solo se si chiama resa senza condizioni del nemico. Il Regno Unito no: di pace non vuol sentir parlare, coniuga la parola solo se si traduce con vittoria. Sono sempre un passo avanti gli inglesi, incitano, eccitano, soffiano e quando la brace sembra meno vispa trovano il modo per ravvivarla provocando e aumentando la posta. Come gettando sul campo i proiettili all’uranio. Un tempo operavano in proprio, dalle guerre dell’oppio alla strage degli zulu, alla più domestica Irlanda. Nel ’56 compresero che il mondo era diventato troppo grande per un made in England lillipuziano e fatiscente e hanno scelto le meste attrattive della subordinazione sistemica agli americani. Sì, erano loro ad aver bisogno degli americani per contare ancora qualcosa nel groviglio polimorfo del mondo nuovo. Tutti i premier inglesi, laburisti e conservatori, hanno fatto a gara a chi era il maggiordomo più efficiente di Washington. Erano passati dal piano nobile alla soffitta della servitù. Poco male, l’importante era restare nel palazzo. La perfezione ancillare fu raggiunta con Blair, inventore della formula dell’imperialismo postmoderno, informale, filantropico. Una bugia come quelle che pronunciò per appoggiare l’invasione americana dell’Iraq”. 

Il 25 marzo Roberto Dolci sul Cameo di Zafferano, pubblicava ‘Corda sempre più tesa’:

“Biden sta tirando la corda oltre misura, rischia di spezzarla: sul fronte geopolitico sono sempre più 

i Paesi che vedono il pericolo di seguire docilmente gli USA. Alcuni raffreddano i propri entusiasmi, altri si muovono per entrare nei BRICS o per far commercio anche con i paria del mondo, Cina e Russia. Israele e Turchia, che ha visto la propria economia crescere del 28% grazie all’equilibrismo sulle sanzioni, sono la dimostrazione che a seguire quello che dice il pastore di Washington si finisce come agnellini a Pasqua. Sul fronte interno la tempesta finanziaria sta svegliando tutti. Fino ad ora Biden è riuscito nell’esercizio di isolare l’Europa da Russia e Cina, indebitare il mondo in una guerra che asfalta l’Ucraina e… aprir bottega in America. Tutto bene, ma a tirare troppo la corda, ad imporre le testate nucleari all’Australia, a ricattare i Paesi non allineati sul conflitto ucraino, e specialmente a non curarsi della vera economia americana, rischia di sprecare tutto”.

Sarebbe forse ora che gli ucraini, in luogo di ammazzare e farsi ammazzare dai cugini russi, di testare l’arsenale a stelle e strisce (bene, non c’è che dire), si rendessero conto che sono unicamente  la manovalanza della (folle) geopolitica di Washington, che stan solo preparando il terreno agli interessi di Soros, Black Rock, JP Morgan, Goldman Sachs ed altri marchi di pescicani statunitensi… 

Una settimana dopo, l’ 1.4, Roberto Dolci rincara la dose ‘La correlazione tra sanzioni ed idiozia’:

“A sentire politici e media mainstream, abbiamo l’impressione che le sanzioni alla Russia per la sua invasione dell’Ucraina abbiano funzionato, funzionino o funzioneranno. Manco per sogno: i supermercati russi son riforniti, le riserve auree di Mosca aumentano, Putin è diventato il benzinaio del mondo, per la felicità di Paesi assetati come Cina, India e tanti altri. In tutto sono 100 Paesi, che rappresentano il 40% del PIL mondiale e l’88% della popolazione, e non partecipano alle sanzioni (fonte The Economist). Mentre gli idioti pensano di bastonare il benzinaio del mondo, l’88% della popolazione mondiale ha vita facile nell’inseguirci e magari superarci sull’economia. Chiamali scemi”. (https://zafferano.news/rubrica/notizie-dagli-usa/z199-la-correlazione-tra-sanzioni-ed-idiozia?)

(prima parte)

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Gianni Marocco

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