Ucraina, nel nome il destino di una terra di confine

Una riflessione sulla guerra nell'Est Europa e sulle ragioni del conflitto

La guerra in Ucraina in una mappa di Limes

“Gravissime violazioni del diritto internazionale”.  Così  l’ambasciatore Massimo Lavezzo Cassinelli, nell’intervista rilasciata al “Barbadillo”,  ha definito l’ “operazione militare speciale” della Federazione Russa nei confronti dell’Ucraina. 

A questa definizione non c’è molto da aggiungere, nonostante i numerosi distinguo che ascoltiamo in questi giorni in Italia. E se un’aggressione nei confronti di uno stato alleato è stata compiuta, ritengo giusto schierarsi dalla parte dell’aggredito. Si è espresso in questi termini, in un’intervista al “Corriere della Sera”, anche un altro ambasciatore, Sergio Romano, profondo conoscitore della Russia dove ha rappresentato l’Italia per molti anni.

Schierarsi significa perciò riconoscere il diritto dell’aggredito a difendersi e,  con buona pace delle anime belle, a combattere. Poiché non si combatte a mani nude, l’aggredito ha bisogno di armi. Se non ne ha a sufficienza, gli alleati gliele forniscono.

Non sarà edificante tutto questo, ma è la realtà del momento e soprattutto la realtà della storia. Da millenni scritta da stati in espansione che ne conquistano altri, da rovesciamenti di fronte, da rivolte, da imperi che crollano, da nuove alleanze che si formano, da trattati non rispettati. E in mezzo – dagli albori della storia a oggi –  popolazioni inermi sacrificate come agnelli al macello.

Ripetendo sempre lo stesso schema, in Italia si classificano le guerre in “giuste” e “ingiuste”, perciò l’ucraino è eroe come il partigiano e e il russo feroce come il nazifascista oppressore. Mentre, nella confusione dei linguaggi e delle idee, c’è chi come Friedman scrive dell’ “attacco fascista di Putin” e Putin proclama  la volontà di “denazificare” l’Ucraina.  

Ma la guerra è solo guerra. E i tanto decantati “valori dell’Occidente” non valgono più della “grande anima russa” e non hanno impedito ai primi cruente aggressioni all’Irak e alla Libia, e ai secondi l’invasione dell’Afghanistan e la totale distruzione della Cecenia ora ridotta a stato vassallo e sicario. Tanto per fare solo alcuni esempi.

Dovendo però scegliere da che parte stare, è utile cercare di capire le cause storiche che stanno alle spalle di un conflitto. Quello russo-ucraino non nasce solo dall’annessione della Crimea (nella realtà assai più russa che ucraina) e dalla guerra del Donbass del 2014 ma ha cause più antiche, insite nell’essenza stessa di terre particolari, le terre di confine. Che è poi il significato del nome Ucraina: terra di confine.

Quando Vladimir Putin dichiara: “L’Ucraina non esiste”, intende che essa, come la “sorella” Bielorussia, deve  rientrare nell’ambito della grande Madre Russia di cui faceva parte. E’ infatti  la Rus’ di Kiev, il potentato che dominò quelle terre dal nono secolo al Duecento, a dare il nome alla Russia. Contesa poi  per molti secoli fra lituani, polacchi, tatari, infine assorbita nell’impero zarista, la “terra di confine” cominciò a riconoscersi come nazione a metà Ottocento quando, nel vento del Romanticismo, i popoli europei andarono alla ricerche delle proprie radici. L’Ucraina trovò il suo cantore nazionale in T.G. Sevcenko, poeta e pittore, deportato e incarcerato in Russia, padre della moderna lingua ucraina.

L’insofferenza nei confronti della “russificazione” zarista proseguì con la rivolta antisovietica fino all’assorbimento nell’URSS nel 1922. Dieci anni dopo, la collettivizzazione imposta da Stalin e la requisizione del grano ucraino provocarono milioni di morti. E’  “Holomodor”, lo “sterminio per fame”.

 Nel 1941 il nuovo, fallito tentativo di liberarsi dal gioco sovietico alleandosi per un certo periodo con l’esercito tedesco. Nel 1991 la dichiarazione di indipendenza dopo il collasso dell’Unione Sovietica che liberò un numero inaspettato di forze centrifughe.

Ma l’Ucraina porta il suo destino nel suo stesso nome,  abitata da due popolazioni diverse seppur simili e legate da molteplici rapporti. E ai suoi confini trova oggi una Russia  in forte fase espansionista alla quale gli ormai secolari attriti fra ucraini “occidentali” e ucraini russi, offrono la giustificazione dell’intervento armato. Questo prescindendo da altre realtà diverse e complesse, quali il ruolo degli Stati Uniti, della Cina e della Nato. 

Comunque si concluda questo conflitto, nato  – bisogna ricordarlo – da un’invasione, esso, come i precedenti, rivela  anche gli aspetti dolorosi e feroci di una guerra civile. E  lascerà per lungo tempo un solco di odio che, proprio perché arriva da lontano, sarà difficile sanare.

@barbadilloit

Domizia Carafoli

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