Marconi: “Sul Vallo di Adriano alla ricerca delle radici”

Lo scrittore in viaggio tra Inghilterra e Scozia: "Tutta la nostra esistenza è un transito"

“All’inizio degli anni Ottanta, con tre amici organizzammo un itinerario sulle tracce dei Romani in Britannia, che sarebbe culminato proprio sul Vallo di Adriano. Per vari motivi non riuscimmo a partire, così, qualche anno fa, preparandoci alle vacanze, con la mia compagna abbiamo deciso di andare Oltremanica: lei per visitare soprattutto i luoghi di Cime tempestose, il famosissimo romanzo di Emily Brontë, io per raggiungere finalmente quella meta che avevo immaginato tanto tempo prima”.

 

Tra le fotografie di Gabriele Marconi, giornalista e scrittore, già direttore del mensile Area, ci ha incuriosito una in piedi sul Vallo di Adriano.

“Anni fa mi ero promesso un itinerario sulle tracce dei Romani in Britannia. Erano tanti anni che desideravo visitare quei luoghi.

Quali sono i luoghi che ha visitato nel corso della sua avventura? 

“La prima parte del viaggio era dedicata allo Yorkshire, dov’è ambientato il romanzo della Brontë. Abbiamo fatto una tappa a York, che combaciava con il vecchio itinerario che avevo stilato con i miei amici, visto che la città fu fondata dai Romani, col nome di Eboracum; nel tempo, con le varie invasioni di Juti, Angli e Sassoni, il nome cambiò in Eoferwic, quindi Jorvic e infine York. La città è bellissima e il Medioevo si respira ad ogni passo fatto sulle strade acciottolate del centro: sembra di fare un tuffo nel passato (magari con l’aiuto di una pinta di birra in uno dei suoi splendidi pub). Dopo York siamo arrivati a Ponden Hall, un’antica fattoria trasformata in uno splendido B&B. La casa era frequentata dall’autrice di “Cime tempestose” e le fu d’ispirazione per ambientarci parte della storia. È lì che lo spettro della bambina bussa ai vetri della finestra e in quella stanza c’è ancora il letto-armadio che troviamo in quelle pagine. Dopo aver dormito in quel luogo suggestivo, ci siamo avventurati nella brughiera per raggiungere i ruderi di quella che doveva essere la dimora isolata di Heathcliff (uno dei protagonisti del romanzo), ossia Wuthering Heights. Persi nella meraviglia del panorama, però, ci siamo persi davvero e siamo arrivati in un posto fantastico che, altrimenti, non avremmo mai trovato: un cerchio di pietre megalitiche, la meta magica che, evidentemente, aspettava chi fosse disposto a perdersi per trovarla. Da lì ci siamo diretti verso il posto che più desideravo visitare, il Vallo di Adriano, la muraglia difensiva costruita dai Romani che attraversava tutta l’isola e divideva la Britannia civilizzata dalle terre abitate dei Pitti. E là mi sono emozionato davvero: da quelle mura lo sguardo può spaziare su miglia e miglia di territorio disabitato, prati, boschi e laghi… sembrava quasi che da un momento all’altro potessero apparire le orde dei guerrieri con i volti dipinti di blu. È facile, lassù, immaginare i legionari romani posti a guardia dell’Impero, e non per niente, suggestionato da quella visione, ho scritto una poesia per una raccolta su “Albe e tramonti” di civiltà che prima o poi finirò. Soddisfatti i desideri per i quali avevamo intrapreso quel viaggio, siamo andati prima a Edimburgo e poi nell’ultima tappa, a Dunnottar Castle, sulla costa orientale della Scozia. Sulla strada che porta al castello a picco sul mare siamo stati accolti da un suonatore di cornamusa, che ha contribuito a rendere ancora più magica quell’esperienza. Il luogo è meraviglioso e la leggenda racconta che proprio lì William Wallace arse vivi i soldati del Re d’Inghilterra che speravano di coglierlo in un’imboscata (la scena è raccontata in “Braveheart” di Mel Gibson, anche se nel film il rogo viene appiccato in una casupola di legno)”.

 

Dall’Inghilterra alla Scozia, tra i fiordi e gli arcipelaghi, le brughiere e le colline dipinte di verde, i complessi megalitici come Stonehenge e i castelli medievali, quali sono le immagini più intense che ha portato con sé?

“Senz’altro le tre che ho appena raccontato. Ma quello che più continua a farmi battere il cuore è la sensazione provata sulla spiaggia ciottolosa di Dunnottar Castle, dove ho respirato il vento freddo di quei tempi lontani di conquista e avventura… come si dice nelle antiche storie… “quando il mondo era giovane”.

 

Le danze scozzesi, il football popolare e lo stadio come momento di aggregazione comunitaria, le radici celtiche che serpeggiano nella cultura britannica. Guardando alle tradizioni e ai costumi dell’Inghilterra e della Scozia, ritrova un comune filo rosso delle radici identitarie di ogni comunità nazionale?

“Konrad Lorenz, l’etologo premio Nobel, diceva che l’uomo è ancora oggi uguale a millenni fa: un essere tribale (e non nel senso dispregiativo che oggi viene attribuito a questo aggettivo) e in quanto tale, in quest’epoca spersonalizzata, in questa società che ha ridotto le persone ad aridi numeri, in tutte le forme di aggregazione cerchiamo di ricostruire la struttura della tribù, del clan, che anticamente era la dimensione naturale di vita. Un “luogo” sociale dove chi vale di più guida gli altri, dove il percorso della gerarchia naturale si prende la rivincita sulla “carriera” imposta da questa modernità. Lo stadio, in questo senso, incarna precisamente tale ruolo, ed è per questo che l’identità di gruppo – e spesso l’orgoglio nazionale – trova così grande successo in quegli ambienti. A prescindere dalle derive volgarizzate”.

 

La musica alternativa ha segnato il suo impegno. Sulle note dei brani che ha composto, come “Ricordi” o “In viaggio”, cantava proprio le strade e la memoria d’Europa…

“È vero. Anche “In viaggio” è ispirata a una bellissima scorribanda che ho fatto con un caro amico, anni fa, tra la Linguadoca e la Spagna. Anche le canzoni che non parlano specificatamente di viaggi, però, suggeriscono comunque una dimensione interiore, appunto quella del “viaggio”, nella vita come nel passato, nella lotta come nel ricordo”.

 

Lei è anche stato tra i fondatori della Società Tolkieniana Italiana. Negli scenari e negli affreschi paesaggistici che ha esplorato in Inghilterra e in Scozia, ci ha visto le atmosfere tessute dall’autore de “Il Signore degli Anelli”?

“Ovviamente sì. Tolkien si era ispirato ai villici inglesi per i suoi hobbit e quelle terre conservano ancora, spesso, le stesse atmosfere che si possono respirare nei suoi libri”.

 

Il Regno Unito ha optato per la fuoriuscita dall’Ue. Come valuta a distanza di qualche anno questa scelta autonomista?

Il Regno unito ha sempre rappresentato un “unicum” separato all’interno dell’Europa. Anche quando facevano parte dell’Ue, gli inglesi hanno sempre conservato da una parte un atteggiamento di “diversità superiore” derivato dal passato imperiale, dall’altra un ruolo di “mezzo parente” con gli Stati uniti d’America che ha permesso a Londra di mantenere sempre una sorta di equidistanza tra Usa e Ue, che spesso strideva con gli interessi del resto d’Europa. Oggi, con la Brexit, ha semplicemente sancito una alterità che c’era sempre stata nei fatti”.

 

Nel 2014, il referendum sull’indipendenza della Scozia non ha avuto esito favorevole per i separatisti. Il “No” si è attestato al 55%. Come giudica l’indipendentismo scozzese?

“Nel mio cuore ha tutte le simpatie e le ragioni di questo mondo. Ma non so quanto sia positivo in un mondo dominato dalle grandi aggregazioni. Magari se una Scozia indipendente entrasse a far parte dell’Unione europea… magari di un’Unione europea non schiava della grande finanza…”

 

Varcherà nuovamente la Manica?

“L’ho fatto diverse altre volte e lo rifarò ancora. Tra l’altro, Galles e Cornovaglia non li conosco. E in Irlanda torno sempre con estremo piacere”.

 

Cosa rappresenta per lei da un punto di vista simbolico e valoriale il viaggio?

“La nostra esistenza è un viaggio. C’è un “durante” la nostra permanenza terrena e ci sono un “prima” e un “dopo” che rappresentano il mistero da cui veniamo e verso dove siamo destinati. Bisogna attrezzarsi a farlo nel migliore dei modi, conservando la curiosità della scoperta. Anche in periodi come questo”.

 

 

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Domenico Pistilli

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