Dojo. Riccardo Canavacci: “Innamoratevi della bellezza”

Regole e filosofia della pratica tradizionale, intervista al maestro autore del volume “Dojo e Reigi”

Un manuale di approfondimento per praticanti, ma anche una traccia scritta per chi, da semplice curioso, si vuole avvicinare alle arti marziali, con particolare attenzione all’etichetta e al cerimoniale che si applicano in tutte le discipline. Dedicato nello specifico ai praticanti di Aikido e in generale a tutti i marzialisti, Dojo e Reigi (Ed. Nisroch 2020, € 20) è un volume agile e fruibile, che non può mancare nelle librerie degli appassionati. Corredato da un glossario che spiega i termini principali connessi all’argomento trattato e da una serie di significative illustrazioni, “il libro – si legge nella quarta di copertina – non pretende di essere un’esposizione esaustiva delle tematiche trattate, ma vuole essere un valido supporto didattico per praticanti ed istruttori, nonché uno spunto per eventuali approfondimenti”. Ne parliamo con l’autore, Riccardo Canavacci, insegnante di Aikido e Battodo e cultore appassionato di vari aspetti connessi alle arti marziali tradizionali e alla cultura giapponese.

 

Da dove viene l’idea di scrivere “Dojo e Reigi”?

L’idea nasce dalla necessità di ordinare e riorganizzare una gran mole di materiale e appunti raccolti durante anni di pratica, seminari in Italia ed all’estero e viaggi di studio-pratica in Giappone. L’intenzione iniziale era in effetti quella di compilare un manuale ad uso personale, che fungesse da schema o modello per le lezioni di teoria che teniamo per i praticanti del Dōjō.

Questo manuale, nell’idea originale, avrebbe dovuto essere un compendio di diversi altri argomenti, che vanno dalla storia del Giappone alla mitologia e cosmogonia dell’Aikidō. Argomenti su cui comunque sto ancora lavorando, cercando di organizzare e sviluppare il materiale raccolto per interesse ed uso personale ma che chissà, in futuro potrebbero diventare tema di future pubblicazioni.

Tornando al libro, durante un seminario di Aikidō accennai al mio maestro Paolo Corallini del mio progetto di dedicarmi a questo manuale. Dopo averlo visionato si dimostrò piuttosto interessato al mio lavoro, mi suggerì di provare a pubblicarlo e mi aiutò personalmente presentandomi il titolare di una casa editrice. Così una parte del mio manuale è diventato “Dōjō e reigi”.

 

Come è suddiviso il volume?

“Ci sono due parti. La prima tratta della logistica del Dōjō, della simbologia ad esso associata, di gradi e gerarchie, dell’abbigliamento in generale e nello specifico dell’Aikidō e delle armi utilizzate in questa disciplina. Tutto ciò, insomma, che serve ad un neofita per approcciarsi a questa disciplina ma non mancano anche tanti dettagli e approfondimenti dedicati a coloro che insegnano.

La seconda parte invece tratta in maniera piuttosto accurata dell’etichetta e del cerimoniale utilizzato nei dōjō tradizionali giapponesi, con un paragrafo dedicato nello specifico a delle formule di cortesia (spesso ignorate) utilizzate per relazionarsi in maniera corretta sia ai propri compagni di pratica sia ad un insegnante o maestro. Infine ho inserito un glossario di termini giapponesi di uso comune nelle discipline marziali, corredato da un paragrafo dedicato alla corretta lettura e trascrizione dei termini giapponesi”.

 

Qual è stata la difficoltà maggiore che ha affrontato nel mettere su carta i concetti trattati, sinteticamente ma in modo scorrevole e completo, nel suo libro?

“Credo di aver incontrato qualche ostacolo nel suddividere i temi trattati in parti, capitoli e paragrafi che fossero comunque concettualmente legati e ordinati in una sequenza logica e comprensibile di argomenti in modo da rendere la consultazione semplice ed il testo fruibile sia da addetti ai lavori sia dai neofiti”.

 

Cosa si sente di dire, soprattutto ai giovani di oggi, per invogliarli ad iniziare un percorso da praticanti di arti marziali?

“Direi loro “Innamoratevi della bellezza delle discipline marziali, che sono depositarie di un’estetica raffinata che si esprime attraverso la pratica di antiche e raffinate tecniche il cui fine è formare il corpo e la mente, conoscere sé stessi, le proprie debolezze e potenzialità.

La Via marziale è dura, difficile ed impegnativa, ma proprio attraverso una pratica rigorosa e lo studio di tecniche di difesa e combattimento si acquisisce equilibrio, sicurezza, determinazione e forza interiore. Diffidate di tutto ciò che appare semplice o che promette tutto e subito, perché ciò che conta non è la meta ma il viaggio. E durante la Via vi accorgerete di riuscire a percepire la realtà da molteplici punti di vista”.

Aggiungo qualche altra mia considerazione: al giorno d’oggi i media propongono – anzi impongono – ai giovani modelli consumistici in una realtà alterata nella quale questi, soprattutto nelle fasce di età più vulnerabili, sono forzati a identificarsi con questi modelli perdendo la loro individualità e la naturale creatività e passione per la vita per sentirsi inseriti in un contesto sociale che appare per lo più malato e che genera per lo più insicurezza, rabbia e aggressività. Così finiscono per omologarsi in schemi di comportamento ed estetici imposti loro da una società che fa dei bisogni consumistici il proprio credo.

Una delle parole che più sono assimilabili a questo periodo della nostra storia è “violenza”, non solo fisica ma anche emotiva. Tale violenza ai nostri giorni è veicolata attraverso televisione, sport il cui unico scopo è la vittoria a tutti i costi, social media e pubblicità che ti dicono cosa indossare, cosa acquistare, finanche come vivere.

Le discipline marziali, che subilmano la violenza trasformandola in arte del movimento, rappresentano un antidoto a tutto questo, perché attraverso esse apprendiamo come relazionarci con noi stessi e con il prossimo e come affrontare situazioni difficili con determinazione e serenità”.

Cristina Di Giorgi

Cristina Di Giorgi su Barbadillo.it

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