Francia. Chi ha paura dello Zemmour cattivo?

Nessuno. Anzi, lo teme solo la già sconfitta Marine Le Pen mentre persino i Repubblicani sognano la vittoria

Chi ha paura dello Zemmour cattivo? Nessuno. Anzi, solo Marine Le Pen. Lo schema francese non si allontana molto dal paradigma impostosi in Occidente. Buoni contro cattivi, per appassionare le masse alla politica – manco fosse un reality show – e tentare così di estorcere una vittoria all’astensione. C’è solo una piccola (grande) variabile che spiega tutto e, come sempre, ricondurrà alla normalità: il sistema elettorale francese a doppio turno col ballottaggio. Il vero muro repubblicano e costituzionale sta nell’incapacità delle destre francesi a uscire dall’angolo in cui sono state sospinte dagli avversari. In Francia, come altrove.

La destra (e soprattutto Zemmour) non può vincere. Pécrésse sì

Al primo turno si esaspera la propria identità, al secondo si fa un passo indietro per abbracciare gli altri. La formula per vincere alle elezioni a doppio turno è questa ed è semplice, rodata. Allo stato attuale, i sondaggi restituiscono un quadro dove tutti, più o meno, partono dalle stesse posizioni. La destra non può vincere. Né Marine Le Pen, né tantomeno Zemmour. L’unica che qualche chance può averla sarà la neogollista Valérie Pécresse. Che si pone non come Giovanna d’Arco, battagliera e identitaria. Bensì s’è presentata, all’Economist, come un cocktail di lady di ferro: “due terzi di Merkel e un altro di Thatcher”.  Una donna di potere, dunque, che ambisce a governare. E che, come ha scritto Gennaro Malgieri su Formiche, non ha avuto paura di misurarsi sui temi principali (immigrazioni ed economia ma soprattutto orgoglio nazionale) del dibattito “destro” in Francia. Un paradigma tanto nuovo (ma non inedito) che sa d’antico, in Francia.  E ricorda che la destra francese è istituzionale prima che barricadera. Un’eventuale vittoria di Pécresse può ridimensionare le chance di Marine Le Pen, per cui cinque anni sono passati praticamente invano, e svuotare di consenso Rn (anche) con un eventuale appello al voto utile. Può spuntarla, poi, soprattutto al ballottaggio, dove vince chi sa fare sintesi. I Repubblicani possono governare, gli altri no. E non è solo una questione di dé-diabolisation.

Marine “di coccio” tra candidati di ferro?

Già flettono i sondaggi, già incombono le orde della contestazione di sinistra. Il giornalista resterà incastrato in una campagna mortificante e divisiva, da passare in difesa. Senza alcuna possibilità di contropiede, senza poter parlare di niente. Se non di sciocchezze utili a macinare titoli di giornali. Se non ci fosse, il cattivo Zemmour, bisognerebbe inventarlo. Ed è per questo che i “maligni” sussurrano che si tratti di un cavallo di Troia, o di un “false flag” per citare il linguaggio complottista. L’avrebbe messo lì Bolloré, magnate dei media francesi, per dividere la destra e spalancare a Macron la strada della riconferma. Offrendo, inoltre, al panorama politico francese un capro espiatorio eccellente su cui scaricare e squalificare le grandi tensioni sociali che attraversano il Paese.

Marine Le Pen e Eric Zemmour

Una boccata d’ossigeno per Marine Le Pen? Neanche per idea. La polarizzazione aiuta (anche) l’opposizione a mantenere alti livelli di consenso. Perdere lo scettro di incarnazione del male, a fronte di una rinnovata competitività politica dei Repubblicani, potrebbe rappresentare per il Rassemblement National la (definitiva) normalizzazione. Leggi ridimensionamento. Specialmente nelle urne: Marine Le Pen è troppo estremista per i moderati che voteranno Pécresse e troppo moderata per gli estremisti che sceglieranno Zemmour. Vaso di coccio tra due vasi di ferro, rischia di perdere consenso e, dunque, centralità nel dibattito. Alla Le Pen, dunque, non rimane che cercare di trattenere i voti degli (ex) moderati oggi arrabbiati e tentare di sabotare (politicamente) la pur strana (e già incomprensibile) avventura di Zemmour.

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David Ginola

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