Torna il gelo tra destra e leghisti: nuove scintille Meloni-Salvini

Il caso Copasir, le grandi manovre all'EuroParlamento, le oscillazioni dei sondaggi: le ragioni di uno scontro che rischia di paralizzare la coalizione verso le amministrative

Giorgia Meloni con Matteo Salvini ad Atreju
Giorgia Meloni con Matteo Salvini ad Atreju

Senza scomodare Gianbattista Vico e l’ormai strabusata idea della storia che, come un luogo comune internettiano, “ritorna sempre”: tra la destra e la Lega è tornato il gelo.

Ad allargare lo sguardo, però, la novità di questi anni non era lo scontro, più o meno serpeggiante o palese, tra l’area tricolore e quella “nordista” bensì l’amore e la perfetta armonia che pareva regnare tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini.  Questo sì un fatto clamoroso, dopo qualche decennio di offese reciproche e minacce neppure troppo velate tra Gianfranco Fini e Umberto Bossi che solo il carisma di Silvio Berlusconi (e la messe gigantesca di voti su cui poteva contare Forza Italia) potè gestire.

Ma se An e Lega Nord litigavano su questioni di differenti visioni politiche, a cominciare dalla visione su Stato e nazione, Fdi e Lega (non più Nord) si fanno la guerra per il primato del consenso. I meloniani che hanno scelto l’opposizione crescono nelle percentuali sulle “perdite” nei sondaggi, non traumatiche ma costanti, del partito di Salvini che “sconta” il logorio del governo. Fratelli d’Italia (vedi l’ultima mozione sul coprifuoco) lavora sui nervi scoperti della Lega, sollevando contraddizioni nella base populista a cui, sia Meloni che Salvini, puntano decisamente dopo il mezzo tracollo del M5s.

Il caso Copasir

Sullo sfondo qualche vicenda banale, di sicuro non originalissima: non è andata giù, ai meloniani, la resistenza leghista sul Copasir così come non hanno digerito le “mosse” della Lega in Europa, con il corteggiamento a Viktor Orban messo alla porta dal Ppe e alla ricerca di un nuovo gruppo che, evidentemente, non sarà quello dei conservatori capitanati proprio da Giorgia Meloni.

Ma intanto incombono le amministrative e al voto si andrà in buona parte delle grandi città. Da Roma a Milano, da Napoli a Torino. Il centrodestra, anche a causa degli scontri sempre più palesi anche sui social, non sembra in grado di raggiungere sintesi convincenti in tempi rapidi e le spaccature emergono in maniera potente. Fughe in avanti e la presunzione di poter gestire tutto da Roma congelando i tavoli territoriali bloccano le potenzialità della coalizione e intimidiscono i candidati, più o meno in pectore, che temono di bruciarsi nel tempo di un twitt.

A Napoli invece…

Così i “nomi” sono poco più che indiscrezioni e si arriva a paradossi, come a Napoli, dove il magistrato Catello Maresca non scioglie la riserva e impone, nel caso di una sua candidatura, di “cancellare” i simboli di partito. Tutti temono, evidentemente, di rimanere stritolati nell’eterno ritorno, in senso molto più banale di quello teorizzato da Vico, della contrapposizione tra l’area tricolore e quella (ex) nordista.

Alemao

Alemao su Barbadillo.it

Exit mobile version