Il magistero di Papa Francesco, le vie infinite del sacro e l’abbaglio dei sovranisti

Francesco sta riportando la Chiesa al centro del mondo, nonostante la resistenza dei laicisti e gli strali di madame Le Pen

Marine Le Pen e Papa Francesco

In Francia la laicità dello Stato è un valore sul serio, fondativo, fin dai tempi della Rivoluzione francese. Non stupisce, dunque, che Marine Le Pen si senta in dovere di spedire in canonica il Papa “reo” di aver espresso dubbi sulla possibilità (in realtà molto vaporosa) che lei conquisti l’Eliseo nel 2022. Meraviglia, invece, la pochezza della sua replica: la leader del Rassemblement sorto attorno al Front National ha replicato a Francesco proprio così come avrebbe fatto un comunardo di Parigi, intimandogli di sparire in sacrestia e di lasciare le cose del mondo agli altri: “Badi alla Chiesa, lasci stare le urne”. Forse non immagina nemmeno che se la Chiesa esiste da duemila anni è proprio perché fa politica e non si limita, come vorrebbe lei e gli amici-nemici liberali da cui trae inconsciamente ispirazione, a pregare per la salvezza delle anime.

È fin troppo evidente che un atteggiamento del genere violi lo sbandierato proposito culturale di riportare il senso del sacro al centro del villaggio europeo. A meno che la Le Pen non intenda, con ciò, restituire i circoli di menhir al druido Panoramix. E non sarebbe nemmeno un intendimento banale ma, evidentemente, un po’ troppo distante non solo dai tempi ma anche dalle forze culturali che attorno alla signora Le Pen si riconoscono.

Perciò la frase di Marine Le Pen genera cortocircuiti: i reazionari, coloro che ancora avversano, condannano e deplorano quanto è accaduto nel 1789, non si sentono a disagio pensando che madame avrebbe potuto replicare al Papa, che al di là dei sofismi rappresenta legittimamente (e non da antipapa come vorrebbero tanti suoi oppositori) la più importante autorità spirituale e inevitabilmente politica dell’Occidente, più banalmente, sussurrandogli la richiesta di un incontro?

Marine Le Pen e Papa Francesco

Lo strattone di madame è parente stretto di quelli che a Francesco arrivano dalla Germania, dove è fortissima la nouvelle vague teologica che vorrebbe aprire le porte del matrimonio religioso anche ai gay. Cosa che il Papa, recentissimamente, ha deplorato. I progressisti vorrebbero, come ha scritto giustamente Matteo Matzuzzi su Il Foglio, un santino da esibire e anzi addirittura da benedire, nel capovolgimento dei ruoli che, insegna la Chiesa, è sempre manifestazione satanica. I conservatori, dall’altra parte, vorrebbero un Papa né di lotta né di governo ma si accontenterebbero di un feticcio magari trasportato a spalle con sedia gestatoria e incapace di esprimere un parere. Tutti convengono su una cosa: l’adesione, a proposito di colonizzazione culturale, a una morale sempre più evangelica e protestante in cui non ha alcun senso la vocazione universale, dunque cattolica, della Chiesa.

Sembra che nessuno abbia capito una cosa: la “rivoluzione” di Francesco sta nel recupero di un ruolo centrale e politico, su scala internazionale, di Roma e della Chiesa. La sfida della secolarizzazione si combatte anche così, combattendo i luoghi comuni culturali che discendono dalla potenza di fuoco delle varie anime del protestantesimo legato, indissolubilmente, all’etica mercantile e liberale. Il gran ritorno del Papa sulla scena è perciò parimenti inviso ai due rami della grande famiglia liberale occidentale: quella di “sinistra” che vorrebbe diluirlo in sé, quella di “destra” che pretenderebbe esorcizzarlo di per sé.

Intanto, a parlare della dignità umana e a denunciare le ingiustizie di un mondo in cui le ricchezze sono appannaggio di pochissimi e la miseria incombe su troppi, è rimasto soltanto il Papa. Che rischia, seriamente, di passare per l’ultimo dei rivoluzionari.

Alemao

Alemao su Barbadillo.it

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