Giornale di Bordo.Il caso Harry e Megan: e se l’uragano contro “the Crown” fosse una tempesta in un bicchier d’acqua?

Il commento di Enrico Nistri sulla crisi della Corona inglese

Ophra, Megan e Harry

Ho letto con interesse l’ottimo articolo di Adélaïde de Clermont-Tonnerre sul ciclone che l’intervista di Harry e Meghan potrebbe scatenare sulla famiglia reale. Debbo confessare, però, che sono pessimista in materia fino a un certo punto: gli inglesi, come diceva Napoleone, sono un popolo di bottegai (non a caso il loro miglior premier era figlia di un droghiere) e sono consapevoli che, visto che Londra, a causa del grande incendio del 1666 e poi delle V2, è meno bella di Roma e Parigi, il turismo subirebbe gravi danni senza il gossip sulla famiglia reale, le icone kitsch dei sovrani e il cambio della guardia a Buckingam Palace. Quanto agli australiani, se hanno perdonato a Churchill l’impresa dei Dardanelli, possono perdonare al principe Carlo un sospetto di razzismo, tanto più che con gli aborigeni non ci sono andati molto leggeri.

La questione, però, è un’altra: dichiarazioni come quelle di Meghan rafforzano invece di incrinare i pregiudizi razziali. Che una donna smaliziata, un’attrice sia pure non di prim’ordine, non sappia che a corte è consuetudine fare l’inchino alla regina e che il cerimoniale comporta per tutti certi obblighi non depone a favore della sua intelligenza. Inevitabile il confronto di Grace Kelly, che fu una forza e non una debolezza per il principato di Monaco, contribuendo tra l’altro a salvarlo dalle mire di de Gaulle.

Vorrei aggiungere però un’altra considerazione. Sono abituato a giudicare le persone dalla capacità di stare al proprio posto, quando hanno compiuto una determinata scelta. Questo vale per un principe come per uno stalliere. Se per entrare nella sala da pranzo di un circolo mi viene richiesto di essere in giacca e cravatta, mi metto in giacca e cravatta; altrimenti scelgo un altro circolo, o vado in trattoria, dove magari mangio meglio.

Chi dice che principi e re sono dei poveracci perché debbono rispettare il protocollo mi fa sorridere. Se pretendono di conservare i privilegi del rango senza accettarne gli obblighi sono sempre liberi di tirarsi indietro. Fare la principessa può essere faticoso, ma è sempre peggio fare la cameriera della principessa, che oltre a dover rispettare il cerimoniale deve anche lavare i piatti.

Edoardo VIII, che era una persona seria, rinunciò al trono per potersi sposare con la donna amata, perché le regole erano che a un re d’Inghilterra non fosse consentito il matrimonio con una divorziata. Sulle pressioni che subì probabilmente pesarono altri fattori (era per l’appeasement), ma questo è un altro discorso. Margaret non ebbe lo stesso coraggio: non seppe rinunciare ai privilegi, economici e morali, derivanti dall’appartenenza alla famiglia reale, per amore del suo bel colonnello. Non fu una scelta felice.

Andando avanti col tempo, nessuno obbligava Diana a fare la regina. Scelse quel ruolo, in giovane età ma comunque maggiorenne, e non seppe stare al suo posto. Anche Elisabetta era stata tradita dal consorte, ma non per questo mandò in crisi la monarchia, flirtando con un musulmano, perché il prestigio e la continuità dell’istituzione contano più dei sentimenti e dei risentimenti del singolo. Harry purtroppo ha preso da sua madre, per giunta il peggio, e ha compiuto scelte che rischiano di destabilizzare  “the Crown”.

Quanto al razzismo della Casa Reale, vero o presunto che sia, permettetemi un ricordo personale. Quarant’anni fa ero a cena con un gruppo di studenti stranieri. Corteggiavo una francesina che faceva la lettrice d’italiano in un liceo scientifico, ma si mise a simpatizzare con me in maniera alquanto sospetta una brasiliana, devo dire molto bella. Stupidamente, lasciai cadere l’occasione per non urtare la bionda Brigitte. Solo dopo molti lustri capii il motivo parlando con una ragazza che era stata in Brasile. Le donne della buona società “carioca” hanno l’incubo di avere un figlio “abbronzato”, perché in una società multirazziale come quella anche un marito bianco e dolicocefalo poteva avere nel Dna qualche cromosoma nero, che magari a distanza di generazioni avrebbe potuto lasciare traccia. Per questo – prima dell’inseminazione artificiale, che oggi infatti va molto in Brasile – cercavano uno sposo, o facente funzioni, in Europa. Tutti si dichiarano antirazzisti, ma poi il caffellatte lo vogliono solo al bar.

 

 

Enrico Nistri

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