La monarchia inglese ha superato tutto, reggerà anche le recite di Meghan

La Markle oltre ai cerimoniali di corte ignora pure che la Corona non ha più colonie. L'intervista a Oprah non convince nessuno

Forse è ora di ammetterlo. Col senno di poi, il momento irreversibile probabilmente è stato quando Hirohito fu costretto, guarda caso proprio dagli americani, ad ammettere la sua natura di semplice essere umano. In quell’attimo, le monarchie di tutto il mondo hanno accusato una ferita al loro archetipo collettivo. Terminata l’era dei sovrani taumaturghi, spogliati i re e le regine della loro aura sacra non resta poi molto. Poco importa che ci si metta sotto le luci della ribalta o si opti per l’arrocco nelle grigie stanze. Se il re è nudo, poco sposta dirlo da Oprah o continuare a fare finta che sia vestito di tutto punto. Chi se ne va è un Celestino V, chi resta sembra più uno di quei reduci ignari che la guerra sia finita più che un eroico custode della Tradizione.

L’amaro in bocca in tutta questa faccenda non lo lasciano le dichiarazioni a colpi di tabloid, le accuse e le smentite, né le riesumazioni di persone e storie lungamente sepolte né assalti alla baionetta nei confronti del vecchiume delle istituzioni. È una sensazione più generale, più melanconica, di chi guarda il cielo arrossire e si rende conto che il sole sta tramontando.

Ma non lucidino gli strumenti per suonare il de profundis i fanatici giacobini, né si alzino statue a Meghan Markle e al suo pupazzesco consorte al posto di quelle recentemente abbattute o rimosse durante la stagione del BLM.

Quando i francesi posero fine alla dinastia angioina-capetingia, gli inglesi avevano già fatto fuori due re; uno giustiziato, l’altro cortesemente accompagnato all’uscita. Eppure la monarchia è sopravvissuta. Prima delle grandi democrazie inclusive del Novecento, in pieno basso medioevo la corona inglese promulgava la Magna Charta, concedendo favori a nobili e gilde in aperta rivolta, salvandosi. Mentre sul continente le guerre di religione dilaniavano imperi e monarchie secolari, in Inghilterra re e regine cattolici e protestanti si alternarono senza soluzioni di continuità con conflitti che, in confronto ad altri, furono poco più di un arruffare di penne. Le teste coronate albioniche sono sopravvissute alla perdita delle colonie, all’IRA, a scandali di qualsiasi ordine e grado, sono entrati in Europa a cucci e spintoni per poi adattarsi nuovamente quando si è risollevata la fatidica nebbia sulla Manica. Persino il SARS-CoV-2 è a malapena riuscito a scalfire l’adamantino moloch di Buckingham Palace. Il simbolo della corona inglese può essere un leone sulla carta, ma per rendere onore alla sua capacità di mutare pelle, sarebbe più giusto fosse un serpente.

Alla luce di ciò, Harry e Meghan fanno tenerezza, quand’anche non muovano a compassione. E non si sottovaluta qui certo il fatto che anche i ricchi e perfetti possano soffrire di depressione e pensare al suicidio. Ma tutte le accuse lanciate con domande più o meno pilotate (no, Oprah, nessuno ha creduto davvero che fosse un intervista al buio, spiace), sapevano più di regolamento di conti, di cantarle per le rime a qualcuno che ha un bavaglio dato da una dignità autoimposta, anche se forse ormai anacronistica.

Harry e Megan

Probabilmente nelle intenzioni dei rilascianti, quest’intervista così glamour avrebbe dovuto riportarci ai tempi di Lady Diana, ma nessuno dei nostri due protagonisti ha lo stesso appeal, lo stesso carisma, né la stessa voglia di riscatto. Nell’ultima, impietosa, stagione di The Crown sono state tirate più bordate alla monarchia che non nel gossipparo talk show andato in onda ieri sera.

Su TV8 abbiamo piuttosto rivisto il personaggio interpretato da Markle nella serie Suits ed è necessario ammettere che le sue qualità di attrice non sono eccelse, tanto da lasciare intravedere in filigrana i momenti di sincerità e quelli di finzione. Sì, ci trasmette il genuino sgomento nel sapere che bisogna inchinarsi a sua maestà nel privato e si è pur disposti a credere che non sappia se il dato editto fosse di Giorgio V o Giorgio VI (ponendo che quest’ultimo è il bisnonno del marito ma vabbé, va bene così) e nemmeno l’inno inglese. Siamo disposti a crederlo anche come doloroso memento di quanto sia lacunoso il sistema scolastico americano.

E ci si sciroppa anche l’ennesima denuncia di razzismo che quindi sembra un po’ raffazzonata, un po’ inventata ad arte. Ma lo si fa appunto con uno sguardo di leggero compatimento. Forse nel nuovo mondo Meghan sarà eletta regina del cambiamento e del femminismo galoppante, ma tant’è: le colonie si sono staccate dal Regno ormai duecento e passa anni fa, eppure non hanno ancora superato un evidente complesso di inferiorità che li porta a voler a tutti costi abbassare la nobiltà in un egualitarismo che puzza di globalizzazione appiattente.

Rimane la tristezza per una monarchia che si limita a dirsi molto rattristata e per questo tentativo di rendere tutto umano, tutto quotidiano. Tutto, tutto fruibile e accessibile da tutti. Un tempo l’aristocrazia almeno si vantava dei propri privilegi, oggi se ne lamenta definendoli una gabbia, come se il principe Harry fosse stato posseduto dallo spirito di un’eroina rosa o da un adolescente ribelle da telenovela.

Per favore, fermate la giostra. Ridate a noi il Giovin Signore e l’immortalità a Hirohito.

Runa Bignami

Runa Bignami su Barbadillo.it

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