Berto Sour. Good bye Pd: il Drago e la fine della Società Signorile di Massa

Si sposta a Nord la trazione del nuovo esecutivo del banchiere ex Bce e così i progressisti sensibili alla finanza si trovano senza centro di gravità

Nicola Zingaretti, segretario nazionale del Pd

E’ un po’ come se fosse crollato il muro. Ma nessuno se ne è accorto. Perché la tecnocrazia è fatta così: si impone senza grosse pretese estetiche, clamori od entusiasmi. Berlusconi la lezione l’ha imparata bene: mentre Tremonti, quello del cetriolo globale, scrive libri all’Aspen Institute, Renato Brunetta torna ministro con un preciso mandato, riaprire l’epoca del riformismo produttivista. Tradotto: è finita la pacchia. Anche nel “pubblico”.

Grande Reset e società signorile di massa

Forse nemmeno Ricolfi, che ha coniato il termine qualche tempo fa, si sarebbe aspettato una accelerazione così forte. Eppure il Grande Reset post covid significa una cosa sola: la fine dell’equilibrio nelle società opulente. Il capitale tornerà presto a pretendere crescita ed investimenti mirati e mediati dal paracadute pubblico: i costi bassi ormai ci sono, i prezzi anche. Bisognerà attaccare la rendita e obbligarla ad uscire allo scoperto. Il patto generazionale a favore della parte più anziana della popolazione è in via di ridiscussione.

Addio Pd

Per il Partito Democratico tutto ciò suona come il rintocco della campana a lutto: il partito che più di tutti ha rappresentato il fulcro della Società signorile di massa vede il suo presupposto esistenziale venire meno. Quella società che dal ’92 ad oggi ha costruito la propria palude sulla tutela della rendita e la stabilità dei prezzi, sulla deflazione, sull’azzeramento della crescita, sulla trasformazione turistico-logistica di una nazione post-industriale, sorretta da un neo sottoproletariato straniero mafiosamente sfruttato, oggi segna il passo.
Non ci si può più permettere una nazione con meno del 30% di popolazione attiva, ed una piramide generazionale completamente rovesciata. I sussidi non bastano. Occorre altro.

Il fallimento post comunista

Ma dove ha fallito il post-comunismo? La generazione uscita dalla Bolognina e ricca di Legion d’Onori aveva in mente un piano infallibile: smantellare la Terza Via craxiana per ottenere in cambio protezione finanziaria e così dominare la transizione verso una nazione di servizi. Se la pars denstruens ha funzionato (svendite, privatizzazioni, precarietà) quella construens è stata un fallimento totale: i figli dei ricchi compagni stracolmi di Btp sono annegati in un sistema raffazzonato, anarcoide, senza sbocchi, in cui lo Stato, pur di garantire le ultime vecchie generazioni sindacalizzate, non ha saputo programmare l’era d’oro del Made in Italy, la messa in produzione del comparto Beni Culturali, la salvaguardia dei centri storici e della filiera agro- alimentare. Simboli del disastro francofortese? Ambiente e Scuola.

La Padania domina, il M5S e l’opposizione meridionalista

Insomma pagherà tutto il Pd. La pagherà duramente. Mentre Lega e Nuovo Centro si contenderanno il consenso di quel nord a trazione tedesca che in questi anni ha usato il filone sovranista per uscire dalle etichette padaniste e confindustriali in cui si era cacciato negli anni ’90. Nessuno si occuperà del Sud, del suo potenziale, dei suoi eterni ritardi. In tanti, M5S su tutti, si occuperanno delle briciole meridionaliste lasciate cadere dal tavolo padronale.

Giacomo Petrella

Giacomo Petrella su Barbadillo.it

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