SuperMario\23. C’eravamo tanto odiati, la giravolta dei Cinque Stelle su Draghi

Su Rousseau si chiude il (mezzo) plebiscito: vince il sì con il 59,3%. Il M5S è pronto ad entrare nel nuovo esecutivo, in barba a tutte le sfuriate

Beppe Grillo e Mario Draghi

Con un numero pirotecnico degno del “mago Silvan” (come veniva definito Draghi sul blog di Grillo) nella sua forma migliore, il Movimento conferma il sostegno a Mario Draghi con il 59,3% dei voti favorevoli su Rousseau.

E quello che più sorprende è che Grillo abbia tentato di aggrapparsi alla figura del banchiere “convertito” per evitare che il gruppo, frastagliato dai sempre più forti malumori intestini, si sfaldasse definitivamente; dal reddito di cittadinanza al ministero per la transizione ecologica all’elogio della presunta onestà del movimento: a detta del garante, che aveva provato a blindare Draghi definendolo un “grillino” (ma davvero?), il presidente incaricato avrebbe accolto favorevolmente le pretese storiche dei pentastellati in un clima di perfetta intesa con l’antico avversario.

Eppure l’ex presidente della BCE è stato per anni uno dei bersagli preferiti della crociata grillina e del furore macchiettistico targato cinque stelle: “Uno che ingrassa solo le banche”, lo definivano; o -ancora- un “bluff”, “una Mary Poppins un po’ suonata che tira fuori dalla sua borsetta sempre le stesse ricette”.

Erano tempi differenti, e il patron del movimento non digeriva l’aderenza di Draghi ai diktat dell’UE. Intervistato nel 2013 dalla Cnbc International, Grillo non risparmiò qualche insinuazione sul suo operato:

“Noi non contiamo nulla qua, non succede nulla che i grandi poteri finanziari non decidono. Decidono loro, la Banca centrale, non proprio Draghi, e poi JP Morgan e le grandi aziende di rating che declassano”.

Ma le invettive più aspre le ospitò il blog delle stelle quando il senatore Elio Lannutti, in una pubblicazione dall’eloquente titolo “Comanda il popolo, non Draghi”, invitava il presidente

“di quel mostro giuridico denominato BCE” ad andare a raccontare che l’euro fosse irrevocabile al popolo greco, “massacrato dai programmi di salvataggio del Fondo Monetario e della Troika”. E ancora, lo stesso Lannutti sentenziava fieramente: “L’unica strada per il futuro dell’Italia è quella di uscire da questa gabbia di strozzinaggio” per la riconquista del primato della politica “su tecnocrati, cleptocrati e parassiti, che si nutrono del sudore e del sangue dei popoli”.

Era forse questa la “chiara vocazione europeista” che Giuseppe Conte, solo poche settimane fa, sbandierava alla Camera per raccattare il voto di qualche transfuga e rimanere in sella alla vecchia ammucchiata? Altri tempi, dicevamo.

Ma chi oggi ha accordato la fiducia al presidente incaricato prometteva di sgomberare le aule parlamentari dagli ibridismi politici e dai postumi peggiori della prima repubblica. D’altra parte, è un vizio tutto italiano quello di saltare a piedi uniti sul carro del vincitore, magari ingoiando più di qualche rospo pur di non scomparire nel buio profondo dell’insignificanza e dell’anonimato. E l’anticlimax del movimento, che si trova a suo agio all’interno di quel sistema che pure diceva di voler combattere, lo dimostra.

Domenico Pistilli

Domenico Pistilli su Barbadillo.it

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