Taccuino. Così Matteo Renzi (d’Arabia) ha dato scacco matto al M5s (e al populismo)

Dalla mossa del cavallo all'assedio al Quirinale, l'eventuale abbraccio dei grillini con Forza Italia sarebbe l'ultima drammatica contraddizione

Matteo Renzi

L’ex premier Matteo Renzi autore della riforma de La Buona Scuola

In mancanza di meglio, i libri di storia dei nostri nipoti narreranno le gesta eroiche di Matteo d’Arabia. E di come egli, venuto a restaurare la splendida signoria fiorentina sulle contrade italiane, sconfisse le rinnovate milizie dei piagnoni savonaroleschi a Cinque Stelle.

È uno splendido esempio di tattica e strategia. Quando Matteo d’Arabia (tacete, farisei post-ideologici: se Lotito mi desse 80mila euro saprei anche io dirmi laziale, figurarsi se gli sceicchi gli comprassero la Salernitana) s’accorse che ogni attacco loro diretto non faceva che rafforzarli, si unì al nemico. “Se non puoi batterli, unisciti a loro”. Sfruttò il livore di frà Gigino Di Maio e confratelli verso l’altro Matteo e li convinse a un governo di scopo: sì, quello di far schiattare l’Orco verde (stavolta di bile). E già si aprirono crepe che ruppero la credibilità dei “mai con il partito di Bibbiano” (per dirne una). Quella fu la mossa del cavallo, adesso è arrivato l’assedio al Casalino del Conte: governeremo con tutti tranne che con l’attuale e impettito premier e la sua corte. Ciò apre una falla nel fronte parlamentare che, dice Dagospia da tempo, sarebbe pronta a essere colmata dagli ausiliari di Forza Italia (e una buona parte della Lega) a rimpolpare una maggioranza che sarebbe intitolata alla dea euro-germanica Ursula, Nostra Signora del Recovery Fund.

Matteo Renzi in un tabellone satirico di Atreju

Danno collaterale in teoria ma in pratica Caporetto ideale vera per i Cinque Stelle, l’ultimo fronte crollato: i ribelli dell’honestà al governo con quello a cui negli anni hanno dato del Caimano, Psiconano e via demonizzando. L’ultimo colpo sarebbe, e fatale, alla credibilità residua di una forza anti-sistema che, appena assisasi ai comodi scranni romani, ha dato l’impressione di aver rinnegato un decennio quasi di purezza e scomuniche.

Matteo d’Arabia (quasi) meglio del duca Valentino Borgia e delle sue (finte) scomuniche: Savonarola si batte se, come il polpo, lo fai lessare nell’acqua sua. La politica è un gioco di guerra se vale la proprietà transitiva ai dogmi di von Clausewitz.

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Giovanni Vasso

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