Il ritratto. Giscard d’Estaing (dopo il patriottismo di de Gaulle) aprì la Francia al mondialismo

Il commento sulla scomparsa del leader della destra liberale francese di Massimo Magliaro, direttore di Rivista Historica e ex direttore di Rai International

Valery Giscard d'Estaing

La prima pagina de Le Figaro

C’è qualche dimenticanza di troppo nel ricordo che Silvio Berlusconi ha vergato sul Giornale di sabato scorso per ricordare il suo amico Valéry Giscard d’Estaing. Elegante, liberale, forbito, intelligente, cordiale: tutto vero. Ma se un bilancio della sua lunga vita va fatto occorre avere buona memoria e, senza mancare del dovuto rispetto a un personaggio che non c’è più, rammentare anche le sue calze bucate e le sue suole sfondate.

No, non è vero che gli anni di Giscard sono stati uno stucchevole tutto-bene-madama-la-marchesa. Per noi Giscard è stato un bel contenitore, senza dubbio. Ma il contenuto? Charles de Gaulle e il suo successore Georges Pompidou avevano lavorato per tracciare e consolidare una terza via nelle istituzioni, nella politica sociale e nelle relazioni internazionali.  Era nata una Repubblica nuova, presidenziale, con una forte connessione con la pubblica opinione che veniva coinvolta come mai prima.

Con il Piano Loichot si era aperta la strada alla moderna via della partecipazione aziendale che mise all’angolo la vetero-sinistra della Cgt ma anche l’ottusità del Patronat. E in politica estera cominciammo tutti, anche in Italia, a sentire che si poteva vivere liberi di dirsi soltanto e orgogliosamente europei, come ci incoraggiava a fare quell’Europa delle Patrie che ci ricordava tanto l’Europa Nazione cui Filippo Anfuso intitolò una indimenticabile e preveggente rivista missina. Tutta questa aria fresca entrata attraverso la finestra gollista venne espulsa dalla Francia proprio da lui, da Giscard, il quale amava farsi chiamare con l’acronimo Vge, così come avveniva per John Fitzegarld Kennedy (Jfk), da lui incontrato nel 1962. 

Da allora, da quel 27 maggio 1974 che vide il suo ingresso, la Francia divenne il primo laboratorio europeo della mondializzazione importata da lontano. Sul piano sociale quello di Vge è stato il settennato del divorzio, dell’aborto e delle conseguenti fratture familiari che produssero le rovine antropologiche fra le quali prosperarono poi i socialismi di Mitterrand e di Hollande. Sul piano economico quel settennato giscardiano ha spalancato davanti alla Francia il baratro del superindebitamento nazionale, ha ucciso la Banque de France, ha lanciato la più massiccia deindustrializzazione del Paese e soprattutto ha preparato il terreno all’euro.

Quanto all’emigrazione, fu Giscard che autorizzò le riunioni familiari degli immigrati favorendo la formazione sul territorio della Francia di vecchi e nuovi nuclei familiari: una formula che venne emulata da altri Governi in nome del più rancido umanitarismo mondialista. Formula dalla quale è scaturita buona parte dell’Europa odierna.

Ma la negatività maggiore della sua opera sta forse proprio qui, in Europa, alla quale ha regalato una Costituzione fondata sulla negazione delle radici cristiane della Storia millenaria del Vecchio Continente. Un regalo confezionato, per la verità, non solo da lui ma da quella Convenzione europea da lui presieduta e della quale facevano parte anche Giuliano Amato (vicepresidente) e Gianfranco Fini (dal febbraio 2002 rappresentante del Governo italiano).

Di Vge Raymond Aron diceva che “non sa che la Storia è tragica”. Giovane banchiere (come Macron), sportivo (come non è Macron), buon venditore di sé stesso (come Macron), eletto molto giovane (come Macron), col vento in poppa soffiato da tutti i media (come Macron), studente modello al Plytechniuque e all’Ena (come Macron), Valéry Giscard d’Estaign non ha mai conosciuto la durezza della Storia, soprattutto di quella del secolo scorso. Quel che è successo lo ha visto spettatore (forse) pagante. Nulla più, nulla di meno. E’ stato il campione di una generazione che ha avuto fra le mani la manna dal cielo, che ha vissuto in un paradiso su misura per i bisogni collettivi e individuali. 

Ma ora quel mondo che lui amava definire cool sta tornando ad essere tragico: disoccupazione, crisi economica e finanziaria, deindustrializzazione, islamismo aggressivo, immigrazionismo forsennato, ruolo della Cina comunista, ritorno del pericolo ottomano. E’ morto in tempo per non vederlo. Rispetto per un morto ma sempre e comunque verità.

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Massimo Magliaro 

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