Le ragioni del “ritorno” della Fiaccola per Gioventù Nazionale

Ecco quali sono i motivi di chi è favorevole all'iniziativa: il senso di continuità tra le generazioni della destra

Quando la Fiaccola Tricolore venne espunta dal panorama politico italiano, fui uno di quelli a cui girarono le scatole non poco. Sotto quel simbolo la mia generazione, i nati fra la fine degli anni ’80 e la prima metà dei ’90, aveva speso degli anni militanti molto belli. Non fu un periodo lunghissimo, qualche anno rispetto ad una storia decennale, ma fu certamente  intenso, come è intenso tutto ciò che un ragazzo fra i 16 e i 20 anni vive con tensione ideale. Soprattutto, ciò che ci lega a quella bandiera è che siamo stati, per ora, gli ultimi a sventolarla.

Sentirsi dire dai propri dirigenti che, da un momento all’altro, quel simbolo non sarebbe stato più usato, ci fece sentire defraudati.  Dopo la chiusura di Azione Giovani e la confluenza nella Giovane Italia, un condominio condiviso con ragazzi di altra provenienza, il simbolo venne quindi abbandonato. L’idea di fare un movimento più vasto non era da buttare, anzi aveva un valore intrinseco notevole. Purtroppo però era legata al Pdl e non poteva avere altra fortuna che quella del suo partito di riferimento. Ovunque vennero fondate associazioni parallele, che resero la realtà della destra giovanile più dispersiva, ma che crearono molte situazioni interessanti e, a mio parere, aprirono strade che magari non sarebbero state battute. Non so se sia stato un bene quello scioglimento, però il “nostro” mondo ha dimostrato di esistere e di essere capace di reinventarsi, al di là del simbolo.

Vero è che quella Fiaccola merita di brillare ancora nel buio dell’Italia moderna. Nulla da togliere, chiaramente, all’attuale simbolo di Gioventù Nazionale (che peraltro richiama già il suo predecessore) sotto il quale stanno crescendo esperienze e militanti di ottima qualità. Questi ragazzi proprio per questo meritano di poter vivere i loro anni di impegno sotto il simbolo tradizionale sotto cui si sono spesi altri prima di loro.

I tempi sono maturi per restaurare uno stemma che fa pienamente parte dell’Italia repubblicana, così come è stato fatto per la Fiamma, la Feluca e la Bretone. Quattro simboli che, è doveroso sottolinearlo, sembrano essere gli unici sopravvissuti all’usura del tempo e non sono stati fagocitati dalle crisi politiche degli ultimi 20 anni. Falci e martello, scudi crociati, garofani, edere sono polverizzati. Per non parlare del povero Alberto da Giussano, vivo ma ormai geneticamente modificato.

È quindi doveroso segnalare, anche visivamente, che l’unica comunità politica che ha attraversato tutte le stagioni rimanendo in piedi, è quella della Fiaccola.

Francesco Filipazzi

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