Amministrative. Studiare il “caso Napoli” per capire dove andrà il Paese

Il capoluogo campano è da sempre un grande laboratorio politico: adesso il tema è comprendere la rotta del post-populismo

L'ingresso del Comune di Napoli

La grande assente nel dibattito nazionale delle amministrative è Napoli. Eppure il capoluogo campano è, probabilmente, lo scenario più interessante in cui il prossimo anno si giocherà la sfida delle elezioni comunali.

Napoli, da sempre, è laboratorio politico che anticipa le dinamiche elettorali meridionali e nazionali. Tornando indietro nel tempo, è lì che per la prima volta – con Antonio Parlato e la “candidatura” di Almirante a sindaco – che l’allora Msi studia e si presenta apertamente, col progetto Napoli Capitale, come destra di governo.  É stato a Napoli che la sinistra italiana ha colto un successo politico strategico e culturale immenso: in qualche decennio, grazie a un progetto gramsciano lucido e inesorabile, la città che assaltò la sede del Pci a via Medina quando, dopo il referendum, partirono in esilio i Savoia, è diventata “rossa”. Il “regno” che fu di Achille Lauro è diventato uno dei bacini elettorali più forti e interessanti per la sinistra comunista e postcomunista che, a Napoli, ha avuto stagioni di governo davvero importanti, una su tutte, quella di Antonio Bassolino.

La stagione populista

Più recentemente, l’elezione a sindaco di Luigi de Magistris ha anticipato il clamoroso successo che avrebbe colto l’antipolitica populista. Non tanto la seconda, quanto la prima vittoria dell’ex pm ha avuto un significato importante. Erano ancora i tempi dell’Italia dei Valori, Di Pietro aveva avuto l’intuizione di sbarcare sul web e de Magistris, che già aveva colto un’importante affermazione elettorale al parlamento europeo, si era affiancato a Casaleggio. Nel 2011, la compagine arancione svuotò il centrosinistra di consensi e batté il candidato del centrodestra Gianni Lettieri con oltre il 65% delle preferenze al ballottaggio. Per anni si è parlato di anomalia napoletana, salvo poi registrare le dimensioni colossali della vittoria totale del M5s alle politiche del 2018 a Napoli e in Campania. Spiegare quel trionfo con la solita e trita solfa del Sud assistenzialista che cerca il reddito di cittadinanza è un errore da sottolineare con la penna blu. E uno scappellotto.

Nel 2021, Napoli sarà di nuovo centrale. Chi vorrà capire dove andrà l’Italia (e il Sud) che inizia a togliere consensi al populismo pentastellato non potrà fare a meno di seguire con attenzione la tornata elettorale amministrativa. Quello che accadrà restituirà uno scenario possibile del post-M5s o, meglio, della fase “normalizzata” del consenso agli (ex) grillini ormai diventati ufficialmente forza di governo e non solo di protesta.

Gli schieramenti

Il Pd ha la ferma intenzione di riprendersi quello che ha perso dieci anni fa. Ha scelto di rottamare le primarie e presenterà un candidato di primo piano. Magari un attuale ministro del governo. Chi vorrà (leggi M5s e Dema) potrà aggregarsi. Il centrodestra, per ora, si lecca le ferite e rischia seriamente – dopo il trionfo elettorale di De Luca – di trovarsi a zoppicare sul baratro dell’irrilevanza. Tanti nomi girano ma anche a Napoli sembra che in tanti facciano il tifo per la soluzione “società civile” e poco importa se si tratta della stessa strategia che ha portato alla doppia candidatura (e doppia sconfitta…) dell’imprenditore Gianni Lettieri.

Dalle prossime elezioni amministrative, dunque, emergerà il modello politico dei prossimi anni. Se e quale bipolarismo, gli orizzonti del centrodestra se riterrà di voler puntare a essere qualcosa di vivo anche sotto Roma, il futuro dei populismi, le prospettive della politica nel Mezzogiorno. Napoli, dunque, non può essere la grande assente del dibattito nazionale senza ammettere, e allora lo si faccia apertamente, che del Sud non importa niente a nessuno.

 

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

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