Musica. “Discogreve” di Enzo Jannacci, sociologia profetica dentro un album di culto

Un album del cantautore lombardo da riscoprire. Tra riflessioni e sintetizzatori

La copertina di Discogreve di Jannacci

Enzo Jannacci

Nel 1977 Massimo Boldi, quando si alternava tra il Derby Club e la musica, pubblica un singolo, “Sei repellente Elisa”. Un brano surreale, riproposto in varie occasioni. Il testo è di Enzo Jannacci. Enzo Jannacci ha sempre stupito, non c’è dubbio. Ha intersecato l’arte passando per vari angoli: musica, teatro, cinema e apparizioni televisive, legando il suo nome al cabaret milanese e alla storia del cantautorato nostrano. “Fossimo stati in America avrei avuto una statua” diceva, fingendo di sopravvalutarsi, con quel tratto di autoironia tagliente che lo costringeva a parlare di sé senza prendersi troppi sul serio. Amico di Beppe Viola, Dario Fo e Franca Rame, dà vita al gruppo Repellente, allegra brigata composta da un ventaglio di comici di prim’ordine, da Boldi a Faletti.

C’è però un disco che non ha ricevuto il riscontro meritato. Oltre a brani celebri come: “Vengo anch’io”, “Silvano”, “El purtava i scarp da tennis” c’è anche dell’altro.

Discogreve, questo il titolo.

Esce nell’estate del 1983 ed è per Jannacci un periodo complesso, anche dal punto di vista emotivo. Il suo amico e sodale Beppe Viola è mancato l’anno precedente.

La copertina è completamente di rottura, fa leva sul consueto e caustico tasto dell’ironia, a sfottere quasi l’allora nascente moda del body building, mostrando un Enzo Jannacci in salopette, mentre si adopera per il sollevamento pesi con i muscoli in evidenza (chiaro effetto di un fotomontaggio). Il disco presenta una corroborante struttura quasi hard rock irrobustita dall’uso del sintetizzatore.

Per quanto possa contare, l’album non ha ottenuto il successo ed il consenso sperato ma di certo si è incastonato nel registro degli album cult da riscoprire. Un brano in grado di scuotere l’immaginario è di sicuro la cover in chiave moderna del simbolo della canzone napoletana ‘O surdato ‘nnamorato. Poi viene Obbligatorio, strato sonoro snodato tra ritmi martellanti intervallati da quadretti di situazioni e soluzioni in cui l’essere umano si vincola. Degno di nota anche lo struggente l’Amico, dedicata in nuce proprio a Beppe Viola. In chiusura la canzone sui rapporti di coppia stonati, una sorta di cover di sé stesso, la riedizione di “Sei repellente Elisa” con il titolo Zan zan zan le belle rane scritta da Jannacci nel 1978 ma cantata da Massimo Boldi.

Il Maiale trascina con potente lirismo post punk tracciando un ritratto sociologico tagliato con l’accetta, caustico e semplice (celebre l’esortazione “giovani giovani, guardare più lontano” come fosse uno slogan odierno).

Un album dai suoni nuovi, con la medesima carica energetica dello Jannacci di sempre, qui però irrobustito dalle tastiere di Roberto Colombo, già produttore e tastierista dei Matia Bazar, Garbo e Alberto Camerini, insomma, uno che di new wave se ne intende di sicuro.

Jannacci sintetizza, con quella sua attitudine comunicativa che porta le frasi ad un eterno non finito e quasi sempre sospeso, interrotto dal più pieno slang milanese. Fa del surrealismo con cui si intarsia ill quotidiano la chiave di lettura funzionale ad accettare l’esistenza dell’emarginazione, perché, in un qualche modo, descrivendola se ne parla. È un tipo di emarginazione subdola, incatalogabile, fuori dagli schemi, persa nel quotidiano, che l’artista Jannacci individua e trasmette, trasferisce e trasforma in arte.

Discogreve – tutto attaccato- è da riscoprire, da digerire, da assimilare. Segno di un’epoca, profetico seppur di nascosto, autentico. Una radiografia.

Stefano Sacchetti

Stefano Sacchetti su Barbadillo.it

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