Ecco allora che partendo da Mazzini e dalle pagine migliori del Risorgimento, l’Istituto «Stato e Partecipazione» vuole riannodare i fili di una lunga storia che ha fatto dell’associazionismo, della centralità del lavoro e dello spirito comunitario la sua stella polare. Rimanendo solo al ‘900 italiano, il sindacalismo rivoluzionario («il lavoratore si difende difendendo la Patria») di Corridoni, Panunzio e De Ambris, la Carta del Carnaro, il corporativismo, la socializzazione, la «terza via italiana», la dottrina sociale della Chiesa, fino a uomini “ponte” tra due epoche come Mortati, Fanfani e Vito, furono i primi esempi significativi. Nel dopoguerra, l’affascinante progetto di collaborazione capitale-lavoro in armonia con la natura e la cultura di Olivetti, la proiezione sociale e internazionale dell’Eni di Mattei, insieme al sistema misto guidato dall’Iri, si rivelarono i segreti della rinascita italiana, e nei loro momenti migliori restano un esempio raramente eguagliato. Attualizzare e rinnovare tutto questo, insieme agli spunti più raffinati della Cisnal e dell’Istituto di Studi Corporativi, è una dei compiti che dovrebbe riunire gli ambienti patriottici e non conformisti, spesso dei veri vulcani di idee, al di là delle etichette.
Verso una rivoluzione culturale
L’Istituto vuole dunque promuovere: originali e accurati studi storici (mirati in particolare ai temi sopra ricordati); l’osservazione attenta dei casi esteri, come la mitbestimmung tedesca o alcuni spunti provenienti dall’Unione Europea; confronti e dibattiti sui temi cruciali dell’attualità economico-sociale; la massima apertura e il dialogo con tutte le parti politiche e intellettuali, dalla sinistra fino ai massimi esponenti del pensiero conservatore, a maggior ragione in un’epoca in cui i vecchi schemi politici raccontano sempre meno la realtà delle posizioni in campo. L’obiettivo è una crescita culturale costante mirante ad attrarre a sé le migliori forze interessate ai temi sociali e a stimolare riflessioni del più ampio respiro possibile, in un’ottica multidisciplinare e capace di ispirare le decisioni politiche locali e nazionali. Economia, diritto, sociologia, arte, geopolitica: più si sale di livello, più le differenze tra ambiti scientifici tendono a sfumare.
Per rendere concreto il cambiamento si deve progettare l’attuazione della Costituzione economica (dalla disciplina pubblica del credito alla collaborazione dei lavoratori alla gestione delle imprese); la valorizzazione del settore primario, del territorio, delle Pmi e di un mondo del credito rinnovato nei mezzi e nei fini; il primato degli interessi nazionali in tutti i settori strategici; la creazione di una nuova rappresentanza che ponga alla base del sistema la competenza, la programmazione di lungo periodo e soprattutto l’idea di uomo sociale, colui che considera i beni economici, insieme con la scienza e la tecnica, strumenti per il miglioramento della società in cui vive ed opera e per il perfezionamento morale suo, in società con i suoi simili. In una parola: la Partecipazione. L’elaborazione di soluzioni sempre nuove alle drammatiche crisi (demografiche, sanitarie, economiche e sociali) dei nostri tempi, lo studio minuzioso e specialistico dei più importanti temi giuridici ed economici, l’apertura a ogni lettura e a ogni confronto saranno le armi culturali da impugnare per vincere le battaglie che le dinamiche della globalizzazione e della tecnica ci pongono di fronte.
La volontà e la necessità sono quelle di fornire idee a una classe dirigente che troppo spesso, da anni, non va oltre la prossima tornata elettorale o gli umori dell’opinione pubblica e dei social, dentro uno schema prestabilito e mortificante. Ogni ricerca e proposta in questo senso deve abbracciare quanti più campi e interessi possibili: «non è un buon economista chi è solo economista», scrisse Gaetano Rasi. Il quale aggiunse: «la scienza quando è priva di una forte convinzione etica e di un impegno civile, non è vero progresso e non contribuisce al perfezionamento dell’uomo». Non esiste scienza o economia apolitica, riaffermiamo dunque con orgoglio un nuovo «umanesimo del lavoro» che accetti le sfide della modernità.
Per info: www.istitutostatoepartecipazione.it