In Campania De Luca trionfa e rivendica lo sfondamento a destra

Centrodestra mai così in basso, Caldoro non supera il 20%. Lo "sceriffo" vince sui temi antichi (e già missini...) del meridionalismo e della comunicazione

Trent’anni fa, di fronte alle macerie del muro di Berlino, il segretario del Movimento Sociale Pino Rauti tracciò la rotta dello sfondamento a sinistra: era una strategia che avrebbe voluto essere di medio-lungo periodo; finalizzata a raccogliere consensi tra le fila degli ex comunisti ormai disillusi ma comunque ancora “anti-sistema” e, per questo, non orientati a sostenere le ragioni del centro o riformiste. Non fu, immediatamente, un gran successo e il tracollo alle regionali siciliane del ’90 gli costò il posto da segretario. Purtuttavia, Rauti ebbe ragione a intravedere che, esorcizzato il mito comunista o comunque delle ideologie novecentesche, l’elettorato sarebbe passato dallo stato solido a quello liquido.

Trent’anni dopo, le cose gli hanno dato ragione. Gli operai, come noto, non votano più a sinistra ma iniziano a sostenere partiti che, da destra, si danno toni anti-sistemici. C’è tutta una letteratura più o meno recente sul tema che trova compimento nelle conquiste delle roccheforti rosse da parte della coalizione di centrodestra, ultima delle quali la Regione Marche. Ma non poteva immaginare, Rauti, che la sua intuizione debitamente interpretata da sinistra, poteva rivelarsi vincente anche in direzione opposta. Vincenzo De Luca in Campania, e in misura minore Michele Emiliano in Puglia, non soltanto ha trionfato ma ha rivendicato lo “sfondamento” a destra.

 

“Sostenuto da destra”

La conferenza stampa post-voto di De Luca è stata rapida e concisa. Come nel suo stile. Ha ringraziato gli elettori che gli hanno tributato un plebiscito, su di lui quasi il 69% dei voti. Poi ha spiegato che le dimensioni di un successo del genere non sono spiegabili solo con le ragioni di parte. De Luca ha detto:

“Credo che sia onestà intellettuale chiarire che questo risultato non è di destra o di sinistra: la mia candidatura è stata sostenuta dalle forze progressiste ma anche dalle forze di destra moderata e non ideologica che si sono riconosciute nel lavoro fatto e nel programma”.

Gioco, partita e incontro: il riconfermato governatore campano mette a bada Zingaretti e il Pd e ne sconfessa i facili proclami, rivendica di aver prosciugato il centrodestra (dato storico peggiore di sempre col 17-18% raccolto da Stefano Caldoro), s’intesta la battaglia del Mezzogiorno oltre le sigle dei partiti. Perché, tra le altre cose, De Luca è tornato alla carica sulla questione relativa all’orgoglio di Napoli e della Campania. La trincea meridionale è un campo sul quale il centrodestra ora rischia la desertificazione. Tra Cinque Stelle e leader alla De Luca, e in misura minore (di nuovo) Michele Emiliano, la coalizione a trazione leghista rischia seriamente di non riuscire a trovare spazi di manovra al Sud. 

I numeri della disfatta

La dimensione del disastro epocale è tutta nei numeri. Quelli, a differenza dei bizantinismi post-elettorali, non mentono mai. In Campania, nessun partito del centrodestra è riuscito a conquistare più consenso nemmeno di Italia Viva di Matteo Renzi. Iv ha preso intorno al 7,3%. Fratelli d’Italia si è fermata – non oltrepassandola – sulla soglia del 6%. La Lega inizialmente accreditata all’8% non è andata oltre il 5,6% mentre Forza Italia, che ha espresso il candidato governatore, ha registrato un tracollo: 5,1%. 

Il Pd trionfa, su base regionale, sfiorando il 17%. Benissimo la lista del presidente che raccoglie il 13% accogliendo personalità provenienti (anche) da destra come Mario Ascierto, fratello dell’oncologo Paolo. Nel centrodestra, l’Udc è praticamente dissolto sotto il 2%, mentre appare irrilevante il risultato della lista Identità Meridionali allo 0,1%. A completare il quadro, c’è anche il tonfo del Movimento 5 stelle che gravita attorno al 10%. Cinque anni fa, Valeria Ciarambino aveva ottenuto il 17,5%. Una sconfitta che per Luigi Di Maio è un brutto affare perché avviene a casa sua e proprio con una sua donna di estrema fiducia, di cui è amico da decenni.

 

La questione meridionale

La sconfitta in Campania, per come è maturata e per lo scenario che tratteggiano i dati emersi dallo scrutinio delle urne, dovrà per forza avere ripercussioni locali e nazionali. I numeri stanno lì a indicare che Forza Italia è stagnante, che Fratelli d’Italia non riesce a trovare lo slancio di imporsi leader dei consensi della coalizione se non per un pugno di decimali e la Lega che ha fallito, evidentemente, l’ennesima prova sul terreno meridionale.

La classe dirigente del centrodestra, archiviata la stagione dei facili entusiasmi, degli incastri e delle sommatorie che non producono risultati duraturi, dovrà trovare il coraggio di rivedere il suo impegno sul fronte meridionale. Il ripiegamento al Nord e al Centro è una tentazione facile che eluderebbe i problemi, non li risolverebbe. De Luca ha vinto facendo e dicendo cose “di destra” e alzando la bandiera del riscatto identitario del Sud. Non ha pronunciato una sola volta la parola “fascismo”, gli è bastato evocare “venditori di cocco che vengono da Milano”.

 

Fenomeno mediatico inedito? No, già visto a destra

Non ha avuto bisogno di sfilate di leader, De Luca, né di selfie con le prelibatezze alimentari: gli è bastata la tribuna del venerdì, il suo one-man-show che ne ha fatto una sorta di eroe nazionalpopolare. Ma, ecco, anche questa non è una novità perché, molto prima di lui, lo aveva già fatto quel tribuno eccezionale che fu Angelo Manna quando, dalle frequenze delle tv napoletana di Canale 21, distribuiva pernacchi e scomuniche al malcostume politico degli anni ’80. E non fu nemmeno l’unico: fuori dalla Campania, riscosse un successo senza precedenti Pinuccio Tatarella che dalla Colonna infame di Barivecchia, rampognava malamente gli avversari politici arrivando nelle case dei baresi e dei pugliesi grazie a TeleNorba.

 

 

 

Insomma, De Luca s’è imposto utilizzando tecniche di comunicazione e messaggi molto simili a quelli della destra. Che, invece, s’è ostinata a cercare spazi al centro-moderato (il profilo del socialista Caldoro non è mai stato quello di un barricadero ma di un uomo delle istituzioni) e a cavalcare la rivalità metacalcistica tra Napoli e Salerno non traendone nemmeno beneficio elettorale. Troppo poco, evidentemente. Anche perché ci ha pensato Aurelio de Laurentiis a esorcizzare il sogno di unire passione sportiva e voto popolare affermando, con un tackle arditissimo oltre il 90esimo della campagna elettorale, che il Napoli calcio avrebbe sostenuto il granata De Luca e non il suo avversario.

Mentre l’ex sindaco di Salerno – dopo averlo fatto con successo nella sua città – operava e compiva la strategia pseudo-rautiana dello sfondamento a destra. Saccheggiando la destra, chissà quanto consapevolmente, di temi storici e modelli comunicativi. 

 

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

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