Il suicidio dell’Occidente oltre la profezia di Oswald Spengler

Il commento di Gianfranco de Turris sulla china pericolosa di conformismo e censura esplosa dopo il caso Floyd

Il tramonto dell’Occidente

L’Occidente è ormai oltre quel tramonto profetizzato da Oswald Spengler un secolo fa. Sta arrivando alla conclusione del suo declino e pian piano, inesorabilmente e senza che le generazioni ci facciano caso più di tanto e soprattutto se ne preoccupino,  scomparirà come idea, come concetto, come modo di essere e di pensare, come visione del mondo, non perché sommerso dall’ondata migratoria immaginata da Jean Raspail, di recente scomparso (13 giugno), nel suo potente romanzo Il campo dei santi (Edizioni di Ar, 2016), cioè  per causa esterne, ma per propria colpa, per propria abdicazione, per propria decisione, perché così hanno deciso le minoranze intellettuali giacobine che influenzano e dirigono i movimenti “di massa” apparentemente spontanei, e che lo sono fino ad un certo punto. Sino a che non intervengono quelle élites progressiste che ne giustificano le azioni e poi le dirigono praticamente in tutto il mondo quasi contemporaneamente, facendo credere che la “gente” la pensi tutta in questo modo, a riprova di una globalizzazione anche su questo piano e della esistenza di un Pensiero Unico.

Il suicidio dell’Occidente

Jean Raspail

L’Occidente non viene messo in un angolo a piangere su se stesso, a chiedere scusa, a condannare il proprio passato a causa dei neri, degli afroamericani, delle persone di colore, dei negri, dei nigger. No, ma per i suoi stessi atteggiamenti. Non è un omicidio, questo, bensì un suicidio. L’Occidente si sta suicidando con le proprie decisioni, atteggiamenti, mea culpa, piagnistei, condanne del proprio passato vicino, lontano e lontanissimo. Rinnegando, cioè uccidendo metaforicamente, i propri “padri”. E la statua di Winston Churchill a Londra che è stata inscatolata per proteggerla dai vandalismi che non si riuscivano a impedire, ne è il simbolo più eclatante. Churchill, a parte ogni giudizio politico non inglese, è stato ed è ancora considerato un eroe nazionale della Gran Bretagna, quello che non si piegò alla Germania, a Hitler, e alla fine vinse la guerra. E oggi la sua nazione non sa proteggerne la  statua (e quindi la memoria) se non impacchettandola, oscurandola, per non farla oltraggiare, imbrattare  con scritte e  vernice. La si nasconde per metterla in sicurezza, non dai bombardamenti della Luftwaffe del 1940, ma da quelli che lo considerano un “razzista” nel 2020, ottanta anni dopo. La Gran Bretagna, l’Occidente si nascondono, hanno paura del loro passato, della loro storia, delle loro origini. Insomma, si vergognano di loro stessi. Visione le cui origini sono nel pensiero degli illuministi e dei giacobini che hanno preceduto e seguito la Rivoluzione Francese, moralmente assolutisti e intransigenti sino a che non trovavano qualcuno più “puro” di loro che li mandava alla ghigliottina per gli stessi, identici motivi.

George Floyd

La questione memoria

E‘ l’eterna questione del passato che si giudica, condanna e raramente assolve in base ai valori del presente e in quel passato ignoti, valori non tanto politico-sociali, quanto piuttosto morali, anzi moralistici e proprio per questo tanto più volatili e transeunti. Basti pensare come certi “valori” in Occidente siano rapidamente mutati negli ultimi venti anni… Mondo di pensare che già Benedetto Croce, il filosofo liberale per eccellenza, condannava nel suo La storia come pensiero e come azione del 1938. 

L’uccisione di George Floyd, un  colored, un nero, un afroamericano, un negro, da parte di un poliziotto bianco il 25 maggio a Minneapolis, non si è risolta con l’incriminazione e la condanna di chi ne ha provocato la morte, ma inopinatamente è stata l’esca, come già successe quasi due anni fa, per una serie di tumulti e violenze che però a differenza di allora quando rimasero circoscritti agli Stati Uniti, sono dilagati per oltre un mese in tutto il mondo, Asia e Africa comprese, come reazione “popolare” contro il “razzismo” e il “colonialismo”, che ovviamente sono solo “bianchi”, europei, occidentali. Nessuna, nessunissima “protesta popolare” per le morti singole e di massa di cui ad esempio è stata ed è responsabile la Cina (basti pesare  al genocidio tibetano) con motivazioni razziste e colonialiste.

 Una miccia che sa tanto di una scusa per esteriorizzare rabbia e violenza represse ben organizzate e indirizzate da far esplodere nei momenti giusti in ogni parte del pianeta, considerando che si è trattato di un episodio singolo e non di un massacro. Quasi a voler destabilizzare singoli governi non coinvolti direttamente nell’episodio d’origine.

In USA non sono bastate devastazioni e saccheggi  con morti e feriti, ma, ecco la manovra che dà da pesare, ci si è accaniti anche contro quelli che sono stati considerati i “simboli” del razzismo in forma addirittura peggiore della rivolta precedente. Allora, senza protesta di alcuno, furono abbattute le statue degli eroi confederati, anche oggi ne sono state distrutte altre e addirittura la speaker del Congresso, la democratica Nancy Pelosi, ha rimosso le immagini dei suoi predecessori considerati “razzisti” sino a quel momento accettati senza problemi,  un po’ come anni fa nei corridoi de La Stampa vennero rimosse le foto deo direttore del giornale in epoca fascista, Curzio Malaparte e soprattutto Alfredo Signoretti, che portò il quotidiani torinese a livello internazionale sia per qualità che tecnologia (lo racconta nel suo libro La Stampa in camicia nera, Volpe), Ah, la democrazia e la tolleranza dei democratici-doc! Tutti uguali questi democratici, italiani o americani che siano…

Statua di Cristoforo Colombo vandalizzata negli Usa

Stavolta però ci ha rimesso incredibilmente il “padre  della patria” George Washington e il presidente Theodore Roosevelt premio Nobel per la pace (!) e soprattutto Cristoforo Colombo, le cui statue sono state abbattute, decapitate, rimosse, senza che alcuna flebile protesta sia giunta da nostro governo, o Ministero degli Esteri. Colombo? Chi era costui? Forse era spagnolo…, e la cosa non ci compete. Colombo simbolo del razzismo e della oppressione dei “popoli nativi” soltanto perché ha dimostrato che la Terra non era piatta ed ha “scoperto l’America” (pur se riteneva di aver raggiunto le Indie). Colpevole di quel che avvenne dopo, insomma. Lo stesso allora si potrebbe dire di tutti i grandi esploratori e di tutti i grandi navigatori. Ma di James Cook cui si attribuisce la scoperta dell’Australia nel 1770 non mi pare lo si dica… 

Grande indignazione mondiale anni fa di fronte alla furia iconoclasta dell’ISIS che in Medio Oriente distruggeva le statue e le rovine non musulmane, devastando anche i musei archeologici delle città conquistate. Un odio religioso che si apparenta all’attuale odio ideologico, identica matrice, ma nessuna voce si alza a condannare la furia iconoclasta odierna con e statue tirate giù dai piedistalli, che vorrebbe condannare e riscrivere il passato di cui ora gli Stati Uniti (l’Occidente) moralistico si vergogna. Per un secolo e mezzo statue, busti, immagini, scritte sono stati accettati, all’improvviso non più con un risveglio “popolare” di indignazione antirazzista. Perché non prima? Possibile che la morte di Floyd abbia potuto provocare tutto ciò? Gli USA errano sempre stati presi per modello di nazione che accettava le figure do quella parte del suo passato che era stato sconfitto. Un modello che adesso non esiste più, omologato ad un Pensiero Unico che mescola moralismo e ideologia radicale intollerante. Un esempio italiano lo dimostra. Infatti, è bene ricordarsi come è stata sfruttata platealmente questa macabra occasione dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini che, insieme ad un gruppo di deputati del PD, si è inginocchiata in Parlamento “per rendere omaggio a George Floyd” l’8 giugno, imitando subito le redivive “sardine” che lo avevano fatto il giorno precedente, 7, a Piazza del popolo a Roma mostrando in massa un bel pugno chiuso… tanto per far capire da che parte esattamente stano questi ragazzotti che al loro primo apparire il 19 gennaio scorso a Bologna fecero gridare alcuni commentatori a chissà quale novità rivoluzionaria nello scenario politico italiano!

La censura colpisce anche film considerati dei classici

La paranoia è arrivata ad un punto tale che è dilagata anche in altri settori, e una famosa rivista americana di spettacolo, Variety, ha pensato bene di fare un elenco dei film che dovrebbero essere visti con cautela, attenzione e preceduti da una specie di avviso per gli spettatori che li avverta e spieghi loro come certi temi riguardanti razza, sesso, disabilitò ecc. vengono trattai indirizzandoli verso una interpretazione corretta. A parte Via col vento, che è il peggio del peggio, l’elenco comprende film famosi di registi famosi con attori famosi e che non ci si sarebbe aspettati: da Forrest Gump a C’era una volta Hollywood, da Sentieri selvaggi a Il silenzio degli innocenti, da Ispettore Gallagham il caso Scorpio è tuo,  addirittura a Colazione da Tiffany, West Side Story e Indiana Jones e il tempio maledetto… Ognuno di questi film viene condannato per motivi diversi ma tutti riconducibili al “politicamente corretto” portato alle estreme conseguenze, che è un altro aspetto della malattia morale che stiano vivendo, dimostrando come lo scopo finale dei corifei del Pensiero Unico sia quello di rieducare tutti quelli ad esso non  conformi. Una ragione di più di andarseli a rivedere alla faccia degli imbecilli che danno simili consigli. 

Per concludere questa carrellata sulle idiozie che stanno travolgendo il modo di pensare e giudicare, quanto detto qui da noi in difesa del passato personale di Indro Montanelli, la cui statua è stata imbrattata di vernice rossa a Milano a metà giugno sempre sull’onda di questa indignazione artificiosa, potrebbe valere per tutti. Il passato si deve storicizzare, collocare nel suo tempo, capirlo, assolverlo o condannarlo, ma non negarlo, demonizzarlo, distruggerlo. Quando un regime cade si abbattono i suoi simboli concreti ed evidenti come dopo la fine del fascismo, o dell’Unione Sovietica o di Saddam Hussein, ma qui non è crollato alcun regime, si vuole far crollare l’idea di un Occidente come sin qui l’abbiamo conosciuto permettendo a certe minoranze violente spalleggiate da intellettuali giacobini, di cancellarlo poco alla volta, complice la vigliaccheria di chi poi alla fine, dopo essere rimasto silenzioso, prende certe decisioni sull’onda dell’ “antirazzismo” universale.

PS. E se qualche storico affermasse d’improvviso, con o senza prove, che Garibaldi era un razzista, che Vittorio Emanuele II se la faceva con le sue servette minorenni, che Cavour era un pedofilo? Che succederebbe dopo che oggi tutto è stato permesso?

@barbadilloit

 

Gianfranco de Turris

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