Giornale di Bordo. Aveva ragione Houellebecq: dopo il Covid si vive peggio

Dalla maleducazione digitale delle assicurazioni all'aumento del prezzo di un caffè

Michel Houellebecq
(Autore della foto Mariusz Kubik)

Houellebecq 1

La previsione dello scrittore francese Michel Houellebecq, secondo cui dopo il Coronavirus non ci saranno cambiamenti sostanziali, ma vivremo tutti un po’ peggio, trova conferma in questi giorni, ancora prima della fine della pandemia. La prevenzione del Covid-19, infatti, sta fornendo in molti casi un alibi a chi per aumentare i profitti e accrescere il controllo sociale cerca di renderci la vita sempre più complicata e monitorata.

Una delle maggiori compagnie assicurative italiane, per esempio, ha annunciato, con tanto di autoencomiastiche inserzioni pubblicitarie, l’intenzione di regalare un bonus di un mese ai titolari di polizze Rca auto. Non era un gran sacrificio, visto il blocco della circolazione per la maggior parte degli automobilisti e il conseguente crollo dei sinistri per molto più di trenta giorni. Ma, come scrisse con la perfidia tipica dei letterati Emilio Cecchi quando fu conferito il Nobel per la letteratura a Salvatore Quasimodo, che a suo giudizio non lo meritava, “a caval donato non si guarda in bocca”.

Il problema, però, è un altro. Sarebbe stato normale aspettarsi che lo sconto fosse applicato nel modo più semplice. L’assicurato in procinto di pagare la polizza (era il mio caso) si sarebbe aspettato di ricevere a casa l’avviso di pagamento con allegato bollettino con cui saldare il debito. Nulla di tutto questo: per usufruire dello sconto era necessario registrarsi su una “app” e seguire una procedura complessa per chi non sia particolarmente versato in informatica, specie quando qualcosa non torna e si è costretti, in un vero e proprio gioco dell’oca, a ricominciare da capo a fornire dati personali, password  e numero di polizza. Per risolvere la cosa è stato necessario perdere una mattinata e rivolgersi alla responsabile dell’agenzia. Se non l’avessi fatto, non solo non avrei potuto usufruire dello sconto, ma avrei lasciato l’automobile sprovvista di assicurazione, con tutte le incognite penali e civili del caso. Domani sarà la volta (previo appuntamento) di passare in banca per il pagamento, sottoponendomi alla tortura della sequenza alfanumerica dell’Iban da trascrivere, salvo confidare nella cortesia dell’impiegata.

In tempi normali, il rinnovo della polizza (con o senza sconto) era un’operazione piacevole: un salto in agenzia, quattro chiacchiere con l’agente, magari qualche piccolo gadget, il contrassegno da esporre sul cruscotto (non è più obbligatorio, ma io continuo a farlo da 44 anni, e ne vado orgoglioso, per distinguermi dai furbi che viaggiano senza assicurazione speculando sul fatto di essere insolvibili).

Maleducazione informatica

Comportamenti come questi appartengono alla sfera di quella che io chiamo maleducazione informatica, già in atto da tempo in molti settori, e cui il pretesto del Coronavirus rischia di fornire un’accelerazione decisiva. Si scaricano sull’utente oneri che sarebbero dell’ufficio, e questo senza fornirgli (a parte nella fattispecie uno sconto inferiore al 10 per cento) alcun compenso, visto che il costo della Rca auto negli ultimi anni non è certo diminuito. Per non parlare dell’Inps, che obbliga i pensionandi a fare domanda on line, come se fossero nerd adolescenti, degli istituti di credito che vorrebbero costringerci all’home banking, senza per questo concederci tassi più favorevoli, per tacere del tormentone della denuncia dei redditi senza supporti cartacei o della pretesa di certi supermercati che i clienti, per evitare code interminabili, facciano la spesa automatica, salvo venire sottoposti a snervanti e umilianti “ribattute”.

Secondo alcune ipotesi, persino il gesto più naturale nei mesi estivi – sedersi sugli scogli o stendere un asciugamano sulla sabbia di una spiaggia libera per prendere il sole – potrebbe essere subordinato alla registrazione su un’apposita app, per assicurare il “distanziamento sociale”, con buona pace di chi non possiede un telefonino di ultima generazione. E c’è già chi pensa di obbligarci a fare il biglietto on line con relativa prenotazione dei posti persino sui treni regionali. Senza contare che il sovrapporsi di applicazioni sempre più numerose e in molti casi pleonastiche oltre a obbligarci a vivere perennemente connessi intasa la memoria dei cellulari costringendoci a comprarne di sempre più evoluti e, naturalmente, costosi.

Houellebecq 2

A proposito di costi: fra i malefìci accessori del Coronavirus c’è una crescita del costo della vita di cui le famiglie per il momento stentano a rendersi conto, ma su cui fin d’ora il vigile Codacons di Carlo Rienzi, degno figlio di quel geniale e vulcanico fondatore del sindacalismo autonomo scolastico italiano che fu suo padre  Vincenzo, ha lanciato l’allarme.

Tralascio i casi veri e propri di sciacallaggio, l’amuchina e le mascherine rivendute a prezzi d’affezione, i guanti di gomma introvabili: sono fenomeni per fortuna contingenti e che attengono più al diritto penale che alla pratica commerciale. Mi riferisco a un aumento dei prezzi al consumo solo in parte compensato da una modesta diminuzione del prezzo dei carburanti, legata al crollo del mercato del greggio.

Annuncio tipo nelle farmacie: niente mascherine a prezzo imposto

Già in tempi di quarantena molti negozi e supermercati avevano aumentato i prezzi, approfittando della condizione di sudditanza psicologica in cui si trova il consumatore preoccupato di trovarsi a corto di generi di prima necessità. Dopo avere fatto una lunga fila, dopo essersi sottoposto alle forche caudine del controllo elettronico della temperatura, dopo aver dovuto indossare guanti di cellofan che rendono difficile, specie per i più anziani, maneggiare la merce, il cliente è meno attento a comparare il prezzo dei prodotti esposti, a controllare il costo unitario degli articoli (riportato spesso a caratteri pidocchini), a verificare che il prodotto prelevato sul bancone corrisponda effettivamente a quello presentato in offerta, a chiedere chiarimenti a un personale burbero e stressato dal superlavoro, a tornare eventualmente indietro, sottoponendosi a una nuova snervante coda, per chiedere la sostituzione di un prodotto scadente. C’è da dire che in questo modo le grandi catene si sono in parte rifatte dei costi aggiuntivi comportati dall’emergenza. Resta però un interrogativo: finita la pandemia, i prezzi scenderanno? Sarebbe la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana (l’ultima fu negli anni Venti, al tempo di Quota Novanta; ma allora c’erano i Fasci rionali a controllare che i negozianti rispettassero il calmiere sui generi di prima necessità).

Calmiere sui prezzi del 1916 a Torino

Quello che si è verificato nel campo dei generi alimentari incomincia a verificarsi in molti esercizi riaperti in questi giorni. Per i prodotti dei bar, serviti oltre tutto, necessariamente, in sgradevoli contenitori da asporto, si tratta di pochi centesimi. Ma venti centesimi in più sul prezzo di un espresso sono l’equivalente di dieci anni di tasso d’inflazione programmato. E segnali d’allarme vengono lanciati anche per ristoranti, parrucchieri, estetiste, gli ultimi due presi d’assalto, per comprensibili motivi.

Anche in questo caso gli aumenti possono trovare una giustificazione negli oneri aggiuntivi che il Coronavirus ha imposto agli esercenti: costi di “sanificazione” (sit venia verbo), barriere di plexiglas al banco, riduzione dei posti a sedere per bar e ristoranti. Per alcune di queste spese, lo Stato promette bonus compensativi, ma quando? I commercianti per il momento si rivalgono sui clienti, ma è molto improbabile che, incassati (se mai li otterranno) gli aiuti, riporteranno i listini ai livelli ante-Covid. Resta il fatto che aumentare i prezzi quando il potere d’acquisto della clientela è andato scemando non è la stessa cosa che farlo come quasi vent’anni fa, nel clima euforico che seguì l’introduzione dell’euro. Si aprono di conseguenza due scenari: o il fallimento di molti esercizi, con costi sociali imprevedibili, o l’ulteriore impoverimento del ceto medio.

Nell’uno come nell’altro caso, si avvererà ancora una volta la previsione del profeta Houellebecq: tutto rimarrà come prima, solo che staremo tutti un po’ peggio.

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