Irregolari/3 (di M.Montesano). Giulietto Chiesa e la necessità di una informazione fuori dal coro

Giulietto Chiesa

Ho conosciuto Giulietto Chiesa intorno al 2004 grazie a Franco Cardini. Mi ero messa in testa di scrivere dell’11 settembre 2001 dopo un viaggio nel giugno 2002 a New York, quando con commozione avevo visto la devastazione di un Ground Zero ancora delimitato, con enormi buche al posto delle due torri e le fotografie dei morti appese insieme a tanti bigliettini alle recinzioni. Mi ero ricordata di esserci stata, su una delle Twin Towers, quella con l’ultimo piano aperto ai visitatori, nel lontano 1994 mentre trascorrevo alcuni mesi negli Stati Uniti per ragioni di studio. Con la visita del 2002 avevo cominciato a raccogliere materiale su quell’incredibile evento al quale avevo assistito davanti alla tv come si guardano quei film catastrofici ai quali faceva pensare, pur sapendo che si trattava di un’enorme tragedia. Altre tragedie, ancora più gravi in termini di morti, si erano innescate subito dopo: l’invasione infinita dell’Afghanistan, la vergogna di Guantanamo, anche quella mai conclusa, fino all’assurda (per le motivazioni addotte e per gli esiti) guerra contro Saddam Hussein e l’Iraq, con tutto quello che ne è seguito. Se crediamo alle periodizzazioni e ai secoli flessibili secondo i loro contenuti di “Hobsbawmiana” memoria, diciamo che quello in corso sembra essersi davvero aperto con l’anno giusto, perché dall’11 settembre 2001 la politica internazionale ci ha dato tanto sorprese, poche delle quali felici. Raccolto il materiale sulle Twin Towers in un periodo nel quale ancora non si parlava, fortunatamente, di “complottismi”, avevo deciso di scriverne così come avrei scritto – e scrivevo, e ho scritto dopo – di storia medievale: prendendo le fonti che narravano l’evento, in quel caso sui giornali scritti immediatamente dopo gli attentati, e vagliandole con spirito critico. Ero giunta non certo alla “verità”, concetto dal quale mi tengo ben lontana, ma all’idea che nella narrazione ufficiale degli eventi molto non tornasse, e ho mostrato come e perché. Scritto questo breve libro cercavo un editore, ma con scarso successo, soprattutto perché volevo tenermi lontana dalla nebulosa editoriale troppo orientata (a destra o a sinistra) e poco accreditata: in quell’occasione avevo dunque conosciuto Giulietto Chiesa, il quale si era offerto di scrivere una prefazione al libro e di aiutarmi con la ricerca dell’editore, che individuammo in Dedalo di Bari. Nel 2004 il libro uscì, nel frattempo si era cominciato a discutere anche in modo critico dell’evento, e Giulietto mi coinvolse in altre iniziative sull’argomento. L’ho incontrato in diverse occasioni, in fondo non tante, l’ultima pochi mesi fa al Pisa Book Festival per la presentazione di un altro libro, Il muro oltre Berlino. Trent’anni dopo, nel quale scrivevamo di cose diversissime: lui di politica, io di musica. Un incontro molto piacevole fra persone che si erano conosciute un po’ casualmente intorno a interessi comuni, ma che per età e formazione ovviamente ne avevano anche di molto diversi, come lo stesso libro sul Muro mostrava. Nondimeno, per apprezzare una persona non c’è bisogno di condividerne tutte le idee, ne bastano alcune, magari fondanti, ed è l’impressione che ho sempre avuto rispetto a Giulietto Chiesa. Certi suoi interventi recenti possono essere sembrati massimalisti o estremisti, talvolta anche a me, però a ben vedere è il mondo di questi ultimi vent’anni, post guerra fredda, post 11 settembre, a essere diventato massimalista ed estremista, a noi tocca solo adeguarci e non sempre è possibile farlo con moderazione. Di Giulietto Chiesa mi piace ricordare la partecipazione umana alla politica e l’impegno per una informazione fuori dal coro della quale c’è davvero grande bisogno; e poi il buonumore, la disponibilità, il sorriso: anche di questi ci sarebbe grande bisogno, e i suoi certamente mancheranno a molti.

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